Michele Cristallo (Adda) e Tommaso Pedìo (Levante) scrivono di popolo e briganti

di Vittorio Polito - Nacquero contadini, morirono briganti è un modo di dire finalizzato a far comprendere storia e storie del brigantaggio meridionale dimenticate, liberandole da ogni appartenenza ideologica. Per meglio comprendere la storia del brigantaggio, Michele Cristallo, direttore del periodico “Nel Mese”, notevole scrittore di pregiati volumi di grande formato (Teatri di Puglia, Palazzi di Puglia, Il Palazzo della Prefettura di Bari, Nei Castelli di Puglia, Dall’Ofanto alla Senna, tutti editi da Adda), propose qualche anno fa, con lo stesso editore, anche l’interessante testo «Quel diavolo di un brigante» (pagine 114 - € 8.50).

L’autore propone nel suo volume le storie del sud prima e dopo l’unità d’Italia attraverso una serie di capitoli, nei quali parla del brigantaggio, di Cirillo brigante di Altamura, del sequestro di tre contadini, delle brigantesse attraverso alcune storie, di Carmine Crocco, il brigante di Rionero in Vulture più famoso d’Italia. A questo importante periodo storico anche il meridionalista Tommaso Pedìo ha dedicato approfondite ed apprezzate pagine, corredate da ampie documentazioni. Il volume di Cristallo è anche arricchito da una serie di schede didattiche curate da Vincenzo Romano oltre che da alcuni documenti, dalla legge Pica del 15 ottobre 1863 (relativa alla repressione del brigantaggio), da una relazione di Giuseppe Massari sul brigantaggio, dall’interrogatorio di un brigante e da una nota di François Lenormant sul brigante Donatello Crocco e, per completare, da un glossario storico che aiuta e facilita la lettura del testo.

Per l’occasione ricordo anche il libro di Tommaso Pedìo «Classi e Popolo nel Mezzogiorno d’Italia alla vigilia del 15 maggio 1848» (Levante – pagine 525 - € 20.66), dal quale mi piace riprendere il pezzo conclusivo che lo stesso autore scrisse nel 1984. Scriveva tra l’altro lo storico nel suo polemico intervento: «In appendice, inoltre, pubblico quasi integralmente e senza aggiungere alcuna mia osservazione, due articoli pubblicati a Napoli nel 1855, uno su “La ferrovia delle Puglie da Napoli a Brindisi”, l’altro sulla “Ferrovia abruzzese per i confini romani”.

E ciò non per difendere una politica indubbiamente nociva al paese, quale è stata quella improntata a Napoli sul paternalismo borbonico, ma sol per cercare di evitare che chi non conosce la storia o di essa ha soltanto una visione condizionata e molto limitata, continui a ripetere erronei giudizi sostenuti da chi accusa di settarismo coloro che si chiedono se, dopo la restaurazione, sia stato più tiranno il re di Sardegna o quello delle Due Sicilie e chi sia stato più illuminato tra questi due sovrani assoluti, restii entrambi a riconoscere ogni libertà ai propri sudditi e sempre pronti a condannare chi osava opporsi ad essi con la richiesta dei più elementari diritti civili e di più umane condizioni di vita».

La legge, in democrazia, va sempre rispettata, ma a volte il cittadino comune pensa che le regole democratiche valgono per tutti e poi ci sono le eccezioni per coloro che hanno contributo ad emanarle. Goethe affermava: “La legge è potente, ma più potente è la necessità”. Difficile spiegare il perché, ma il mio pensiero è volato ad un valente ed integerrimo studioso di San Vito dei Normanni, Valentino Romano, che ha pubblicato un libro con un titolo che merita rispetto e riflessione : “Nacquero contadini , morirono briganti”. (Capone) Un vecchio proverbio pugliese recita “Fa prima il conto d’ogni tua mancanza, poi critica le altrui se il tempo avanza”.

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