BARI - «Non possiamo accettare che questo stato di cose si cristallizzi ma la politica assieme ai sindacati deve avviare una battaglia decisa per una difesa coerente e non casuale del diritto al lavoro che è tutt'uno con la dignità di ogni persona»: è l'appello del consigliere Giovanni Epifani (Pd) in merito alla vicenda dei vincitori del concorso del 2012 per la scuola ai quali è stata negata la cattedra.
«Come è possibile che solo alcuni, meno della della metà, dei 12mila vincitori del cosiddetto concorsone del 2012 a settembre potranno lavorare nelle scuole? C'è chi ha vinto ma non potrà ottenere il posto di lavoro che gli spetta di diritto, addirittura per alcuni di loro non sarà possibile neanche rientrare nelle gradutorie ad esaurimento (GaE). Come può una persona che ha vinto regolarmente un concorso pubblico sentirsi dire che quel concorso non è più valido e che gran parte delle nuove assunzioni attingeranno alle GaE, causa spending review e blocco dei pensionamenti? Perché ogni volta il sistema italiano va in corto circuito e produce una serie di eccezioni per le quali i diritti fondamentali non valgono? É colpa delle lobby dei concorsi che creano profitto? O dobbiamo pensare che lo Stato per l'ennesima volta ha sbagliato nel fare i calcoli?» si chiede Epifani. Sta di fatto che il ministero ha annunciato che le disponibilità di cattedra sono notevolmente inferiori rispetto a quelle previste «come se una qualsiasi amministrazione pubblica, ad esempio un Comune, indicisse un concorso per 10 posti di lavoro e poi si tirasse indietro dicendo di aver fatto male i conti» ironizza il consigliere.
«A sostenere questi concorsi ci sono migliaia di uomini e donne che studiano duramente, che sostengono delle prove e dei costi, che coltivano ambizioni e che in base a queste fanno delle scelte di vita. Uomini e donne il cui diritto al lavoro gli viene negato dallo Stato, quello stesso Stato che fa le battaglie per la tutela dell'occupazione nelle aziende private e che poi dimentica la dignità delle persone quando è esso stesso a bandire i concorsi. Una logica questa tutta italiana che oltre al danno non risparmia neanche la beffa proprio come nel caso degli esodati, altra eccezione tipica del nostro sistema che per l'ennesima volta priva i cittadini di quanto spetta loro» conclude Epifani.
«Come è possibile che solo alcuni, meno della della metà, dei 12mila vincitori del cosiddetto concorsone del 2012 a settembre potranno lavorare nelle scuole? C'è chi ha vinto ma non potrà ottenere il posto di lavoro che gli spetta di diritto, addirittura per alcuni di loro non sarà possibile neanche rientrare nelle gradutorie ad esaurimento (GaE). Come può una persona che ha vinto regolarmente un concorso pubblico sentirsi dire che quel concorso non è più valido e che gran parte delle nuove assunzioni attingeranno alle GaE, causa spending review e blocco dei pensionamenti? Perché ogni volta il sistema italiano va in corto circuito e produce una serie di eccezioni per le quali i diritti fondamentali non valgono? É colpa delle lobby dei concorsi che creano profitto? O dobbiamo pensare che lo Stato per l'ennesima volta ha sbagliato nel fare i calcoli?» si chiede Epifani. Sta di fatto che il ministero ha annunciato che le disponibilità di cattedra sono notevolmente inferiori rispetto a quelle previste «come se una qualsiasi amministrazione pubblica, ad esempio un Comune, indicisse un concorso per 10 posti di lavoro e poi si tirasse indietro dicendo di aver fatto male i conti» ironizza il consigliere.
«A sostenere questi concorsi ci sono migliaia di uomini e donne che studiano duramente, che sostengono delle prove e dei costi, che coltivano ambizioni e che in base a queste fanno delle scelte di vita. Uomini e donne il cui diritto al lavoro gli viene negato dallo Stato, quello stesso Stato che fa le battaglie per la tutela dell'occupazione nelle aziende private e che poi dimentica la dignità delle persone quando è esso stesso a bandire i concorsi. Una logica questa tutta italiana che oltre al danno non risparmia neanche la beffa proprio come nel caso degli esodati, altra eccezione tipica del nostro sistema che per l'ennesima volta priva i cittadini di quanto spetta loro» conclude Epifani.
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