di Roberto Berloco - Ad Altamura la storia ha radici risalenti e, spesso, trabocca di fascino misterioso. Addentrarsi fra le viscere del suo centro storico, respirare un’aria che pare ferma ed intatta da secoli, osservare con gusto i particolari istoriati dal tempo sulle pareti di edifici che conservano tracce indelebili di un passato fatto di popolo, di clero e di aristocrazia: tutto ciò è ancora possibile nel seno antico della “Leonessa di Puglia”.
Dentro una cornice tanto ricca di secoli, non poteva mancare il richiamo di una speciale firma, quella degli Ebrei, un popolo forte di millenni di fede nel Dio di Abramo e di Mosè.
Sono principalmente due le sedimentazioni genetiche giudaiche che si sviluppano nel corso del Medioevo ad Altamura.
Una di queste è attribuibile ai sefarditi, vale a dire gli ebrei scacciati dalla Spagna nel 1492.
Una parte di essi aveva trovato riparo in Italia. Ed alcuni proprio ad Altamura, all’interno di una comunità semita storicamente retrostante, permessa dalla visione di un monarca dalla grande apertura mentale, come lo fu l’imperatore Federico II di Svevia, al momento della rifondazione della città, avvenuta nel 1232.
Come era accaduto per i Latini e per i Greci, anche questa comunità aveva trovato un proprio spazio all’interno del borgo, oggi rintracciabile a pochi passi dalla chiesa di Santa Lucia.
Qui sorgeva il quartiere ebraico, nel quale s’apriva un claustro, detto della “Giudecca”. Singolare per la sua forma assolutamente unica e differente da quella di tutti gli altri, il claustro della “Giudecca” è strutturato in modo da disegnare la forma di un candelabro a tre bracci, e non a caso al suo interno s’incastonava una sinagoga. Di questa oggi rimane appena un bassorilievo sopra un muro, e nulla di più.
Niente rimane ormai neanche della stessa religione, professata fino al 1510, anno nel quale fu decisa la conversione forzata di tutti gli Ebrei residenti nel Regno delle Due Sicilie, in quel periodo passato sotto il dominio definitivo del cattolicissimo e sempre più potente Regno di Spagna, vincitore nel conflitto contro i dominatori francesi.
Tuttavia, a chiunque vi entri, lasciando scivolare lo sguardo intorno, non sfuggirà la tesa di un’atmosfera straordinariamente intensa, priva di compromessi con il presente della modernità. Come se una impossibile fotografia, scattata secoli e secoli fa, avesse voluto immortalare l’anima di un popolo che, prima di scomparire, avesse voluto lasciare una traccia che non potesse scomparire: l’impronta di Sion.
Dentro una cornice tanto ricca di secoli, non poteva mancare il richiamo di una speciale firma, quella degli Ebrei, un popolo forte di millenni di fede nel Dio di Abramo e di Mosè.
Sono principalmente due le sedimentazioni genetiche giudaiche che si sviluppano nel corso del Medioevo ad Altamura.
Una di queste è attribuibile ai sefarditi, vale a dire gli ebrei scacciati dalla Spagna nel 1492.
Una parte di essi aveva trovato riparo in Italia. Ed alcuni proprio ad Altamura, all’interno di una comunità semita storicamente retrostante, permessa dalla visione di un monarca dalla grande apertura mentale, come lo fu l’imperatore Federico II di Svevia, al momento della rifondazione della città, avvenuta nel 1232.
Come era accaduto per i Latini e per i Greci, anche questa comunità aveva trovato un proprio spazio all’interno del borgo, oggi rintracciabile a pochi passi dalla chiesa di Santa Lucia.
Qui sorgeva il quartiere ebraico, nel quale s’apriva un claustro, detto della “Giudecca”. Singolare per la sua forma assolutamente unica e differente da quella di tutti gli altri, il claustro della “Giudecca” è strutturato in modo da disegnare la forma di un candelabro a tre bracci, e non a caso al suo interno s’incastonava una sinagoga. Di questa oggi rimane appena un bassorilievo sopra un muro, e nulla di più.
Niente rimane ormai neanche della stessa religione, professata fino al 1510, anno nel quale fu decisa la conversione forzata di tutti gli Ebrei residenti nel Regno delle Due Sicilie, in quel periodo passato sotto il dominio definitivo del cattolicissimo e sempre più potente Regno di Spagna, vincitore nel conflitto contro i dominatori francesi.
Tuttavia, a chiunque vi entri, lasciando scivolare lo sguardo intorno, non sfuggirà la tesa di un’atmosfera straordinariamente intensa, priva di compromessi con il presente della modernità. Come se una impossibile fotografia, scattata secoli e secoli fa, avesse voluto immortalare l’anima di un popolo che, prima di scomparire, avesse voluto lasciare una traccia che non potesse scomparire: l’impronta di Sion.