BARI - É proprio vero che Facebook é un occhio del mondo, assolutamente indiscreto, sulle nostre vite e le decisioni giurisprudenziali che hanno a che fare con il social network ormai si susseguono una dopo l'altra, tanto da farlo divenire addirittura uno strumento micidiale per procurarsi delle prove. Questa volta, Giovanni D’Agata, presidente dello “Sportello dei Diritti”, sottolinea come valga la pena segnalare un decreto pubblicato dalla prima sezione civile del tribunale di Santa Maria Capua Vetere in materia di separazione ma che é oltremodo interessante per come viene motivata la parte in cui ritiene utilizzabili anche in un giudizio i contenuti pubblicati sul social network Una donna, infatti, é stata letteralmente inchiodata in tribunale dall'ex marito che ha dimostrato come la stessa, dopo la separazione si sia legata ad un professionista, tanto che sul suo profilo risulta chiaro e senza alcun filtro per la privacy: «Impegnata con N.B.».
Ove la N. sta per “Nino”, diminutivo di Gaetano, per l'appunto il professionista. E le immagini pubblicate sono altrettanto inequivocabili e poiché postate sul social network risultano alla mercé di tutti gli altri utenti diventano pubbliche e utilizzabili in giudizio. Quindi, anche dall’ex che non ha difficoltà a produrle in tribunale così evitando la modifica delle condizioni di separazione, nonostante il fatto che la donna sia stata nel frattempo licenziata dal posto di lavoro. La relazione con il professionista, infatti, le consente un tenore di vita corrispondente se non superiore a quello goduto in costanza di matrimonio. Nel caso di specie, il Tribunale campano ha respinto il ricorso della signora, nonostante la stessa abbia perso il posto dopo tredici anni di servizio. Intanto, non risulta provato dalla donna che da quando é stata licenziata si sia data da fare per trovare un nuovo lavoro. Ma é proprio Facebook ad inchiodare la ex moglie.
Rileva il collegio che le fotografie e quindi i documenti postati sul social network possono essere acquisibili ed utilizzabili: "é noto, infatti, che il social network "Facebook", si caratterizza, tra l'altro, per il fatto che ciascuno degli iscritti, nel registrarsi, crea una propria pagina nella quale può inserire una serie di informazioni di carattere personale e professionale e può pubblicare, tra l'altro, immagini, filmati ed altri contenuti multimediali; sebbene l'accesso a questi contenuti sia limitato secondo le impostazioni della privacy scelte dal singolo utente, deve ritenersi che le informazioni e le fotografie che vengono pubblicate sul proprio profilo non siano assistite dalla segretezza, che al contrario, accompagna quelle contenute nei messaggi scambiati utilizzando il servizio di messaggistica (o di chat) fornito da social network; mentre queste ultime, infatti, possono essere assimilate a forme di corrispondenza privata, e come tali devono ricevere la massima tutela sotto il profilo della divulgazione, quelle pubblicate sul proprio profilo personale , proprio n quanto già di per se destinate ad essere conosciute da soggetti terzi, sebbene rientranti nell'ambito della cerchia delle c.d. "amicizie" del social network, non possono ritenersi assistite da tale protezione, dovendo, al contrario, essere considerate alla stregua di informazioni conoscibili da terzi".
Ma v'é di più motivano i giudici che "nel momento in cui si pubblicano informazioni e foto sulla pagina dedicata al proprio profilo personale, si accetta il rischio che le stesse possano essere portate a conoscenza anche di terze persone non rientranti nell'ambito delle c.d. "amicizie" accettate dall'utente, il che le rende, per il solo fatto della loro pubblicazione, conoscibili da terzi ed utilizzabile anche in sede giudiziaria".Nella fattispecie, come per milioni di persone che hanno deciso di pubblicare la loro vita su Facebook, la signora ha diffuso foto che la riguardano nella propria vita personale ed in particolare la ritraggono con il nuovo compagno in vari momenti dell’anno, anche durante le vacanze.Potere di Facebook, insomma.
A riferirlo in una nota lo 'Sportello dei Diritti'.
Ove la N. sta per “Nino”, diminutivo di Gaetano, per l'appunto il professionista. E le immagini pubblicate sono altrettanto inequivocabili e poiché postate sul social network risultano alla mercé di tutti gli altri utenti diventano pubbliche e utilizzabili in giudizio. Quindi, anche dall’ex che non ha difficoltà a produrle in tribunale così evitando la modifica delle condizioni di separazione, nonostante il fatto che la donna sia stata nel frattempo licenziata dal posto di lavoro. La relazione con il professionista, infatti, le consente un tenore di vita corrispondente se non superiore a quello goduto in costanza di matrimonio. Nel caso di specie, il Tribunale campano ha respinto il ricorso della signora, nonostante la stessa abbia perso il posto dopo tredici anni di servizio. Intanto, non risulta provato dalla donna che da quando é stata licenziata si sia data da fare per trovare un nuovo lavoro. Ma é proprio Facebook ad inchiodare la ex moglie.
Rileva il collegio che le fotografie e quindi i documenti postati sul social network possono essere acquisibili ed utilizzabili: "é noto, infatti, che il social network "Facebook", si caratterizza, tra l'altro, per il fatto che ciascuno degli iscritti, nel registrarsi, crea una propria pagina nella quale può inserire una serie di informazioni di carattere personale e professionale e può pubblicare, tra l'altro, immagini, filmati ed altri contenuti multimediali; sebbene l'accesso a questi contenuti sia limitato secondo le impostazioni della privacy scelte dal singolo utente, deve ritenersi che le informazioni e le fotografie che vengono pubblicate sul proprio profilo non siano assistite dalla segretezza, che al contrario, accompagna quelle contenute nei messaggi scambiati utilizzando il servizio di messaggistica (o di chat) fornito da social network; mentre queste ultime, infatti, possono essere assimilate a forme di corrispondenza privata, e come tali devono ricevere la massima tutela sotto il profilo della divulgazione, quelle pubblicate sul proprio profilo personale , proprio n quanto già di per se destinate ad essere conosciute da soggetti terzi, sebbene rientranti nell'ambito della cerchia delle c.d. "amicizie" del social network, non possono ritenersi assistite da tale protezione, dovendo, al contrario, essere considerate alla stregua di informazioni conoscibili da terzi".
Ma v'é di più motivano i giudici che "nel momento in cui si pubblicano informazioni e foto sulla pagina dedicata al proprio profilo personale, si accetta il rischio che le stesse possano essere portate a conoscenza anche di terze persone non rientranti nell'ambito delle c.d. "amicizie" accettate dall'utente, il che le rende, per il solo fatto della loro pubblicazione, conoscibili da terzi ed utilizzabile anche in sede giudiziaria".Nella fattispecie, come per milioni di persone che hanno deciso di pubblicare la loro vita su Facebook, la signora ha diffuso foto che la riguardano nella propria vita personale ed in particolare la ritraggono con il nuovo compagno in vari momenti dell’anno, anche durante le vacanze.Potere di Facebook, insomma.
A riferirlo in una nota lo 'Sportello dei Diritti'.
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