F1: il duello Lauda-Hunt rivive nel film "Rush" da oggi al cinema


di Piero Ladisa - Esce oggi nelle sale cinematografiche italiane “Rush”, film diretto da Ron Howard. Il 59enne regista statunitense porta sul grande schermo la stagione di F1 1976. Una stagione ricca di emozioni, colpi di scena, incidenti, squalifiche inflitte e poi revocate. Il 1976 viene e verrà ricordato per il duello leggendario tra Niki Lauda (Ferrari) e James Hunt (McLaren). Due personalità completamente diverse. Il primo molto introverso, metodico. Insomma tutto casa e lavoro. Il secondo, invece, “allergico” ad una vita normale. L’inglese era un mix di donne, sesso, alcool e motori. La loro rivalità, nata durante la militanza in Formula 3, era sana e genuina dove il rispetto reciproco veniva prima di tutto e di tutti.
Lauda, grazie al titolo conquistato l’anno precedente e alla performance della sua monoposto, partiva ai nastri di partenza di quel Mondiale con i favori del pronostico. Pronostico rispettato sino al 1 agosto data del GP di Germania, gara che segnò a livello fisico il pilota del Cavallino nonché spartiacque per l’assegnazione del titolo iridato. Alla vigilia dell’evento tedesco l’austriaco si presentò con 61 punti in classifica contro i 26 di Hunt. Si correva sul vecchio circuito del Nürburgring (Nordschleife) lungo ben 22 chilometri e 800 metri. Il tracciato, immerso nella foresta dell’Eifel, era un insieme di sali e scendi, rettilinei, curve sopraelevate e in molti casi cieche. Era una pista che, per la sua complessità e difficoltà, tendeva a fare emergere il talento dei piloti. Nel corso del terzo giro si verificò l'ormai famoso incidente di Lauda. La 312 T2 numero 1 sbandò nei pressi di Bergwerk (curva posizionata nel punto opposto ai box), urtando contro le reti di protezione che si spezzarono all’impatto. La monoposto sbatté contro un terrapieno andando così all’indietro. Il serbatoio del carburante si spaccò e nel frattempo un palo di sostegno strappò al ferrarista il casco. La vettura ritornata in pista prese fuoco e fu centrata in pieno dalla Surtees di Brett Lunger e dalla Hesketh di Harald Ertl. Grazie al coraggio e alla temerarietà di Arturo Merzario, Lauda, nel frattempo svenuto, fu estratto dall’abitacolo. I soccorsi, complice la lunghezza del circuito, arrivarono in ritardo. Le maggiori preoccupazioni non erano rappresentate dalle ustioni ma dai fumi che l’austriaco aveva respirato in quei secondi interminabili. La convalescenza si preannunciò piuttosto lunga. Riuscirà Niki Lauda a ritornare il pilota ammirato prima del Nürburgring? Questa era la domanda che in molti si ponevano. Enzo Ferrari a domanda rispose. Lo fece, a modo suo, ingaggiando Carlos Reutemann. Quest'ultimo, però, prese parte solo al GP d’Italia. La scelta del Drake era dettata dalla convinzione che l’austriaco, dopo essere stato ad un passo dalla morte, non sarebbe tornato ai livelli ammirati prima di quel maledetto 1 agosto. Invece Lauda sorprese tutti presentandosi a Maranello 38 giorni dopo l’incidente, nonostante le ferite ancora fresche e sanguinanti sul volto. Ad accoglierlo solo molta freddezza. In quei giorni, da separato in casa, capì che il suo tempo in Ferrari era giunto al capolinea. Il divorzio arriverà solo a fine 1977. La gara che vide il suo rientro fu quella di Monza (12 settembre).
Nel frattempo Hunt, complice il forfait dell'austriaco, ridusse la distanza in classifica portandosi a soli 14 punti (47 contro 61). Lauda ottenne il quarto posto, anche se la paura era sempre li in agguato come lui stesso ricordò: ‹‹ Al primo testacoda mi spaventai ››. L’inglese, invece, dovette ritirarsi per un’uscita di strada. Al termine della stagione mancavano solamente tre gare: Canada, Stati Uniti Est e Giappone. A Mosport Hunt colse la quinta vittoria stagionale, Lauda concluse in ottava posizione per via di un rallentamento dovuto al cedimento della sospensione posteriore. A Watkins il ferrarista arrivò terzo, cogliendo il primo podio dopo l’incidente. Di certo non potette sorridere visto il successo di Hunt. Oramai il pilota della McLaren era alle calcagna dell’austriaco, a dividerli solo tre punti. Come un Mondiale che si rispetti, il titolo venne deciso all’ultima gara, in Giappone sul circuito del Fuji. Fu la prima volta che si corse in terra asiatica. La corsa venne più volte rinviata per via del nubifragio che colpì la zona nei pressi del circuito. Alle ore 15:09 locali, circa un’ora e mezza dopo l'orario prefissato, venne dato l’ok per correre. Nel corso del secondo giro Lauda tornò ai box. Ecco il colpo di scena. Il ferrarista alzò bandiera bianca non per un problema alla monoposto, come voleva comunicare l’allora Direttore Tecnico del Cavallino Mauro Forghieri, ma per le condizioni proibitive del tracciato. « Quanto è accaduto in Germania non c'entra per nulla nella scelta che ho preso. Non ci sono remore psicologiche o condizionamenti, no. Semplicemente ho giudicato che fosse assurdo continuare a correre in pista, titolo in palio o meno. È una decisione che avrei preso un anno fa e che ripeterei anche domani. Subito dopo il via, mi sono trovato fra muri di acqua. Sulla pista c'era un velo di liquido tale che la mia vettura pareva galleggiare. È l'effetto "aquaplaning". Un giro, e non riuscivo più neanche a capire dov'ero. Ho pensato: è una pazzia, è un correre oltre ogni ragionevole rischio. E mi sono fermato. La Ferrari mi paga per guidare una sua macchina, è vero, ed lo l'ho dichiarato più volte, ma non mi paga perché mi ammazzi. Non sarebbe neanche nel suo interesse », queste le dichiarazioni di Lauda. La gara fu vinta da Mario Andretti su Lotus. Hunt grazie al terzo posto divenne campione del mondo con un solo punto di vantaggio nei confronti dell'austriaco (69-68). Un duro colpo per il ferrarista, che ebbe modo di rifarsi l’anno seguente andando a conquistare il suo secondo titolo iridato.

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