di Vittorio Polito - “Leonessa di Puglia”. Sembra una metafora omerica il “nome d’arte” di Altamura. Il nome antico era Altilia, dal fondatore eponimo il troiano Antello, uno dei compagni di Enea, un troiano dunque, da mettere perciò in relazione con l’eroe troiano menzionato da Igino nel ‘De familiis Troianis’ (fr. 14 Peter = Servio commento ad Eneide. V 389) più che con l’Entellus siciliano ricordato da Virgilio nell’Eneide V 362-484. Altre fonti chiamano invece in causa i Mirmidoni, mitologiche “Formiche” di Puglia con largo anticipo su quelle di celebri titoli dell’altamurano Tommaso Fiore ‘Un popolo di formiche’ e ‘Formiconi di Puglia. Vita e cultura in Puglia’, 1900-1945 (1963).
Per raccontare la storia di una città così mitica, questo libro racconta “una famiglia” d’eccezione, quella dei Melodia (Levante Editori – pagine 146 - € 16), le cui tracce risalgono alla fine del ’200 e al giudice regio Meladoya Joanne, e che arrivano ad oggi, fino all’autore stesso del libro, Nicola Melodia. Raccontata con orgoglio da uno di famiglia, la storia dei Melodia diventa una dichiarazione d’amore e di passione per una terra e per dei “galantuomini”, come si chiamavano un tempo.
Melodia racconta i Melodia in molti modi, attraverso i discorsi della nonna o col minuzioso corredo di documenti, carte e ritratti ingialliti, fra i quali quelli stupendi di Tommaso Melodia, nato ad Altamura nel 1803, e di Nicola Melodia, nato nel 1840, parlamentare d’altri tempi. Il libro è appassionato ma anche scrupoloso, come del resto si addice alla collana in cui è stato pubblicato “La Puglia nei documenti” diretta da Irene Cavalli. Melodia si fonda su una serie di studi eruditi spesso dimenticati e polverosi, dei quali si dà conto nel capitoletto finale intitolato ‘Le Fonti’, a partire dalla ‘Historia del regno di Napoli’ di Gio. Antonio Summonte Napoletano (a spese di Raffaello Gessari, 1750).
A questi documenti si può aggiungere una bella pagina della ‘Cronica Universale della fedelissima et antiqua regione di Magna Grecia, ovvero Giapigia Divisa in tre parti, cioè Terra di Otranto, Terra di Bari et Puglia Piana' (Venetia M.D.LXXV.) di Cristoforo Santello, più noto come il Cieco da Forlì, ripubblicata di recente da Angelo Russi e Fabio Carboni (Edizioni L’Una, L’Aquila) 2011, pp. 82-83).
“Et, seguitando, più oltre, trovasi dove era la città di Altilia, edificata dal famoso Antello Iliese Troiano, che quivi passò con Enea dopo la rovina di Troia et Agara; vedendoli il luoco, si fermò quivi et fondò questa città, nominandola Altilia, che in loro lingua significa “Nuova Ilio”. Acrebbe poi questa città insino ai tempi di Anibale Cartaginese, il quale la prese insieme con la città di Canne: fu poi ricoverata dai Romani, mancate le forze di Anibale, et così stete sugetta ai Romani, finché durò la maestà del loro imperio. Venne poi in mano de Teodorico, Re delli Ostrogotti et stette soto al loro dominio 72 anni et finalmente fu brugiatta dai soldati di Totila, ultimo Re de’ Gotti. Fu poi brugiata et rovinata in tutto dai Longobard’i quali furno scacciati da Carlo Magno; onde i citadini che vi erano rimasi, con l’aiutto di detto Carlo Magno, edificorno questo Castello nelle rovine della antiqua città <et> chiamollo “Altamura” in memoria di Altilia, como volesse dire “mura et reliquie di Altilia”; fu poi detto per più eccelenza latinamente Altus murus. Era nela città di Altilia il tempio di Iano, nel quale fu poi edificato il Castello nomato “Casano”, ciovè “Casa di Giano”. Fu poi sugetto Altamura ai Normani et alli altri Duchi di Puglia, insino al tempo di Federico Secondo Imperatore, benché fosse donata insieme con Gravina alla inlustre famiglia di Casa Orsina, nondimeno fu poi sempre sugetta ai Re di Napoli, insino a Carlo Quinto Imperatore. È stato travagliato molto tempo per le tue continue guerre, ma ora felicemente si riposa sotto l’ombra dell’invit<t>o Re Filippo”.
Mitica per origini, Altamura fu presto anche città di cultura. Nella storia delle università di Puglia, a metà del ‘700 ottenne il privilegio di essere la seconda sede universitaria meridionale dopo Napoli, seconda ma prima in Puglia, un secolo e mezzo prima dell’Università popolare nata a Bari agli inizi del ‘900, alla quale sarebbero subentrate nel 1925 quella di Bari oggi ribattezzata “Aldo Moro”, e decenni più tardi quelle di Lecce o come si chiama oggi del Salento, e di Foggia.
Il libro è ricco di dichiarazioni e di motti, a partire da quello di Federico II che campeggia sullo stemma della città: «Federicus me reparavit». Il più emblematico è quello del senatore Nicola Melodia, quando si presentò in Parlamento e denunciò i problemi della sua terra dicendo: «Vengo dalle Puglie sitibondo d’acqua e di giustizia». Una sete di acqua e di giustizia che ancora non si è saziata.
Il volume è ricco di illustrazioni d’epoca, fra le quali spicca la stampa (p. 15) che mostra le mura megalitiche dell’antica Altilio con all’interno le mura medievali edificate da Sparano da Bari. Altra mitologia ancora si intravede nella copertina riprodotta a p. 25 con la Statua della libertà, monumento ai martiri del 1799, che raffigura Astrea, una divinità ibrida in cui si fondono Giustizia e libertà e che ricorda Asteria, la dea con le sembianze dell’americana Statua della Libertà, del film ‘Da do da’ del gravinese Nico Cirasola.
In ogni pagina del volume si percepisce che Melodia l’ha scritto con orgoglio e con amore per Altamura e per i suoi avi Melodia, «eroi» civili e militari come li ha suggestivamente chiamati Nicola Simonetti nella Presentazione.
Con amore l’ha pubblicato anche l’editore come mostra la bella copertina con l’emblema dei Melodia e con le due immense e curatissime Tavole (I e II) allegate al volume con l’albero genealogico dei Melodia, un albero secolare e rigoglioso, nobile, patrizio nel senso migliore del termine.
Per raccontare la storia di una città così mitica, questo libro racconta “una famiglia” d’eccezione, quella dei Melodia (Levante Editori – pagine 146 - € 16), le cui tracce risalgono alla fine del ’200 e al giudice regio Meladoya Joanne, e che arrivano ad oggi, fino all’autore stesso del libro, Nicola Melodia. Raccontata con orgoglio da uno di famiglia, la storia dei Melodia diventa una dichiarazione d’amore e di passione per una terra e per dei “galantuomini”, come si chiamavano un tempo.
Melodia racconta i Melodia in molti modi, attraverso i discorsi della nonna o col minuzioso corredo di documenti, carte e ritratti ingialliti, fra i quali quelli stupendi di Tommaso Melodia, nato ad Altamura nel 1803, e di Nicola Melodia, nato nel 1840, parlamentare d’altri tempi. Il libro è appassionato ma anche scrupoloso, come del resto si addice alla collana in cui è stato pubblicato “La Puglia nei documenti” diretta da Irene Cavalli. Melodia si fonda su una serie di studi eruditi spesso dimenticati e polverosi, dei quali si dà conto nel capitoletto finale intitolato ‘Le Fonti’, a partire dalla ‘Historia del regno di Napoli’ di Gio. Antonio Summonte Napoletano (a spese di Raffaello Gessari, 1750).
A questi documenti si può aggiungere una bella pagina della ‘Cronica Universale della fedelissima et antiqua regione di Magna Grecia, ovvero Giapigia Divisa in tre parti, cioè Terra di Otranto, Terra di Bari et Puglia Piana' (Venetia M.D.LXXV.) di Cristoforo Santello, più noto come il Cieco da Forlì, ripubblicata di recente da Angelo Russi e Fabio Carboni (Edizioni L’Una, L’Aquila) 2011, pp. 82-83).
“Et, seguitando, più oltre, trovasi dove era la città di Altilia, edificata dal famoso Antello Iliese Troiano, che quivi passò con Enea dopo la rovina di Troia et Agara; vedendoli il luoco, si fermò quivi et fondò questa città, nominandola Altilia, che in loro lingua significa “Nuova Ilio”. Acrebbe poi questa città insino ai tempi di Anibale Cartaginese, il quale la prese insieme con la città di Canne: fu poi ricoverata dai Romani, mancate le forze di Anibale, et così stete sugetta ai Romani, finché durò la maestà del loro imperio. Venne poi in mano de Teodorico, Re delli Ostrogotti et stette soto al loro dominio 72 anni et finalmente fu brugiatta dai soldati di Totila, ultimo Re de’ Gotti. Fu poi brugiata et rovinata in tutto dai Longobard’i quali furno scacciati da Carlo Magno; onde i citadini che vi erano rimasi, con l’aiutto di detto Carlo Magno, edificorno questo Castello nelle rovine della antiqua città <et> chiamollo “Altamura” in memoria di Altilia, como volesse dire “mura et reliquie di Altilia”; fu poi detto per più eccelenza latinamente Altus murus. Era nela città di Altilia il tempio di Iano, nel quale fu poi edificato il Castello nomato “Casano”, ciovè “Casa di Giano”. Fu poi sugetto Altamura ai Normani et alli altri Duchi di Puglia, insino al tempo di Federico Secondo Imperatore, benché fosse donata insieme con Gravina alla inlustre famiglia di Casa Orsina, nondimeno fu poi sempre sugetta ai Re di Napoli, insino a Carlo Quinto Imperatore. È stato travagliato molto tempo per le tue continue guerre, ma ora felicemente si riposa sotto l’ombra dell’invit<t>o Re Filippo”.
Mitica per origini, Altamura fu presto anche città di cultura. Nella storia delle università di Puglia, a metà del ‘700 ottenne il privilegio di essere la seconda sede universitaria meridionale dopo Napoli, seconda ma prima in Puglia, un secolo e mezzo prima dell’Università popolare nata a Bari agli inizi del ‘900, alla quale sarebbero subentrate nel 1925 quella di Bari oggi ribattezzata “Aldo Moro”, e decenni più tardi quelle di Lecce o come si chiama oggi del Salento, e di Foggia.
Il libro è ricco di dichiarazioni e di motti, a partire da quello di Federico II che campeggia sullo stemma della città: «Federicus me reparavit». Il più emblematico è quello del senatore Nicola Melodia, quando si presentò in Parlamento e denunciò i problemi della sua terra dicendo: «Vengo dalle Puglie sitibondo d’acqua e di giustizia». Una sete di acqua e di giustizia che ancora non si è saziata.
Il volume è ricco di illustrazioni d’epoca, fra le quali spicca la stampa (p. 15) che mostra le mura megalitiche dell’antica Altilio con all’interno le mura medievali edificate da Sparano da Bari. Altra mitologia ancora si intravede nella copertina riprodotta a p. 25 con la Statua della libertà, monumento ai martiri del 1799, che raffigura Astrea, una divinità ibrida in cui si fondono Giustizia e libertà e che ricorda Asteria, la dea con le sembianze dell’americana Statua della Libertà, del film ‘Da do da’ del gravinese Nico Cirasola.
In ogni pagina del volume si percepisce che Melodia l’ha scritto con orgoglio e con amore per Altamura e per i suoi avi Melodia, «eroi» civili e militari come li ha suggestivamente chiamati Nicola Simonetti nella Presentazione.
Con amore l’ha pubblicato anche l’editore come mostra la bella copertina con l’emblema dei Melodia e con le due immense e curatissime Tavole (I e II) allegate al volume con l’albero genealogico dei Melodia, un albero secolare e rigoglioso, nobile, patrizio nel senso migliore del termine.