Obama e il dilemma della pace


dal corrispondente Usa Fenner Brown - La giornalista Erika Biash  ha chiesto al presidente Obama, in vista del vertice del G20 che si terrà a San Pietroburgo, in Russia: "Presidente, potrebbe descrivere la contraddizione di un premio Nobel che si prepara ad attaccare la Siria?".

“Le ho descritto la sfida che tutti noi affrontiamo quando crediamo nella pace, ma ci confrontiamo con un mondo  pieno di violenza e di male:  Ã¨ tornato il servire difficile con precisione sottile".

"Sino a quale punto - prosegue Obama - abbiamo bisogno di confrontarci con azioni che violano la nostra comune umanità?".

Secondo il presidente Usa, "l'imperativo morale di agire è stato bruciato con i corpi di 25 bambini e dei loro insegnanti, vittime di una bomba incendiaria lanciata da un caccia siriano che ha ucciso otto persone e distrutto la loro scuola. Ma non solo: e' stato anche testimoniato l'uso di gas sarin da re Assad contro il suo stesso popolo in Siria, secondo le prove presentate dalle agenzie di intelligence qui e ora anche nel Regno Unito.

Una risoluzione delle Nazioni Unite sarebbe certamente un buon passo, ma, senza un modo per scoraggiare e ridurre la capacità di Assad di usare armi chimiche, la risoluzione non avrebbe più effetto di quanto l'accordo di opposizione al loro utilizzo approvato nel '93.

Non esistono soluzioni facili a questo dilemma per la comunità mondiale, - spiega il presidente - tanto meno per una nazione.  Attacchi di rappresaglia sono previsti contro qualsiasi intervento occidentale . La lista degli obiettivi comprende Israele e certamente non è una sorpresa.

Un ordine iraniano recentemente intercettato a destabilizzare l'Iraq con la promessa di trasformare la situazione in un altro conflitto in stile 'Vietnam' per gli Stati Uniti. La possibilità che la Russia potrebbe essere coinvolta in nome della Siria è stato riconosciuta come una minaccia dai falchi della guerra.

Questo è esattamente il motivo per cui il presidente deve attendere una coalizione. Questa decisione colpisce troppi paesi per entrare in azione da solo, non si può giocare ad essere 'Rambo' ed ignorare la conseguenza reale e prolungata di manifestazioni pacifiste.


Quando le conseguenze di attacchi dei droni e missili da parte dei vettori navali si faranno sentire nelle comunità di migliaia di chilometri di distanza, dovremmo come comunità mondiale rafforzare il dovere del presidente di agire con un piano credibile di sicurezza per il popolo siriano dalle armi chimiche, fornendo un ambiente per un governo di transizione tra le voci di chi non sarà d'accordo, e il supporto per i vicini della Siria, mentre continueremo a ricevere una straordinaria quantità di rifugiati e di destabilizzazione.

Per Obama, questi non sono problemi facili da risolvere e non si può affermare che  vi sia realmente la pace quando qualcuno nel proprio paese viene abbandonato nella fame e picchiato violentemente; e tutto ciò è delirante come sganciare bombe da un drone e giovando con la vita come se si stesse giocando ‘Call of Duty’.

Decisioni difficili, decisioni esecutive: è ciò che viene dal lavoro dei nostri leader mondiali ed è per questo che li eleggiamo, perché si suppone che rappresentino la volontà collettiva, il discernimento, e il cuore di un popolo.

Barack Obama, il Comandante in capo é, sì, premio Nobel per la pace, conosce la questione e il mondo, prima o poi, gli chiederà quando efferati crimini di questa natura avranno luogo che cosa abbia intenzione di fare al riguardo.  Ahimè, la questione dovrebbe essere la seguente: che cosa abbiamo intenzione di fare al riguardo? Indebolire Re Assad, rafforzare la Fratellanza Islamica e altri gruppi estremisti che svolgono atti di terrore? E’ arrivato il tempo delle decisioni difficili. Talmente difficili da mettere addirittura in discussione il futuro e la serenità dei cittadini di tutto il mondo. I ruoli devono essere definiti e le parti ben contraddistinte in modo che gli attori possono entrare sotto i riflettori e agire.

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