Religione e magia nel meridione d’Italia

di Vittorio Polito - Il termine magia deriva dal greco ‘magheia’, che significa scienza, saggezza. I “magi”, ad esempio, erano antichi sacerdoti persiani. Anche il Nuovo Testamento parla di maghi e magia: i Magi, che secondo il racconto di Matteo, si recano alla ricerca del Bambino Gesù guidati dalla stella, non sono però maghi nell’accezione moderna del termine, ma piuttosto scienziati o sapienti. Infatti, Matteo scrive: «Quando Gesù fu nato a Betlemme di Giudea ai tempi di Re Erode, ecco apparire dall’Oriente a Gerusalemme alcuni Magi, i quali andavano chiedendo dove fosse nato il Re dei Giudei, perché – dicevano – avevano visto la sua stella al suo sorgere ed erano venuti ad adorarlo […]». Matteo (II, 1-2).

Ma cos’è la magia? È l’arte di dominare le forze occulte della natura e sottoporle al proprio potere. Essa è stata oggetto in varie culture e in diversi periodi storici di valutazioni opposte, ora considerata forma di conoscenza superiore, ora rifiutata come impostura e condannata dalle autorità civili e religiose. Nel pensiero greco antico, il termine indicava sia la teologia dei sacerdoti persiani, sia il complesso di teorie e pratiche collegate a realtà diverse da quelle oggetto della scienza filosofico-razionale. Ai maghi, sacerdoti dell’antica religione persiana, erano attribuite doti di astrologi, indovini e stregoni. In tempi moderni, con l’avvento di un ideale scientifico razionalistico, matematico e sperimentale, il termine magia assume spesso il significato deteriore di insieme di pratiche prive di fondamento, e quindi arbitrarie quando non fraudolente.

Luigi Volpe, già docente di lettere in vari istituti ed autore di numerose pubblicazioni, ha pubblicato in questi giorni «Religione e magia nel meridione d’Italia» (Wip Edizioni – pag. 365 - € 20).
L’autore ha raccolto nell’interessante e documentato volume le credenze religiose, superstiziose e magiche, soprattutto della Lucania, ma estesa a buona parte del Sud Italia, Puglia, Abruzzo, Molise e Campania.
Volpe non si è limitato a parlare genericamente di magia e superstizione, ma scrive di riti magici, delle preghiere, dei canti popolari in genere, ma anche di quelli in onore della Madonna, dei canti sui Santi, dei canti moraleggianti, di quelli della Passione ed anche di tracce musicali (quest’ultimo argomento a cura di Simona Lega).

Daniele Giancane, che firma la prefazione, sottolinea che il testo di Luigi Volpe «ci riporta ad un filone di studi divenuto da parecchi anni (dalla dipartita di Giovanni Battista Bronzini) quasi silente (possiamo fare al proposito solo i nomi di Annamaria Tripputi e del recentemente scomparso Franco Noviello). Eppure – se Bronzini non ha lasciato all’Università dei suoi prosecutori e non ha creato una scuola – qualche suo allievo continua a produrre materiali di indubbio interesse». È appunto il caso di Volpe, che dopo diversi volumi di grande impegno intorno alla letteratura popolare, adesso propone uno studio accurato e intrigante.

L’autore con questo testo di assoluto valore parla di reincarnazioni di esseri umani in serpenti e rospi, di possessioni, di poesia religiosa popolare. Un testo che non dovrebbe mancare nelle biblioteche pubbliche e nelle librerie di ogni casa della Lucania e del Meridione d’Italia.
Volpe che ha trattato seppur brevemente, della trascrizione del dialetto, avendo riportato nel volume alcuni testi nella lingua dei nostri padri, ha riportato alcune regole per facilitare lettura e la comprensione di alcuni scritti, dal momento che sono interessati i Comuni di Accettura, Aliano, Calciano, Garaguso, Grassano, Oliveto Lucano, San Mauro Forte, Stigliano, Tricarico.

Posta un commento

Nuova Vecchia

Modulo di contatto