di Alfredo De Giuseppe, imprenditore e scrittore - Sono davvero stanco di vivere la crisi italiana, europea, mondiale, sono stufo di conviverla con le solite parole d’ordine, con le solite baggianate scambiate per verità assolute da politici, tecnici, giornalisti e faccendieri di ogni risma.
Un’espressione che ad esempio non si può più sopportare è Riforme strutturali. In concreto cosa è significato finora fare delle riforme? Essenzialmente modificare profondamente il senso di eguaglianza fra gli uomini e favorire solo chi ha molto denaro per curarsi, andare a scuola, viaggiare, avere una bella casa, avere un bel lavoro, avere una bella famiglia.
La riforma strutturale più profonda è questa: se hai soldi puoi accedere al mondo normale, se non hai denaro sei uno schiavo, costretto a chiedere l’elemosina su tutto. E’ davvero una riforma strutturale importante, una filosofia che ribalta le Costituzioni illuministe degli ultimi due secoli, una roba che sancisce la fine della speranza.
Questa riforma (globale), al di là dei discorsi di circostanza e basati solo sulla retorica, è fortemente richiesta dall’Europa, intesa come entità burocratica e sovranazionale, posseduta da banche e banchieri, finanzieri che guadagnano un miliardo di euro l’anno e da politici corrotti che, avvalorando tali “riforme” vengono continuamente premiati con un’altra manciata di potere, denaro e incarichi fino alla loro morte.
Un’altra parola che in questi mesi è entrata nel nostro lessico comune, nella ripetitività mediatica, è Stabilità, dove si intende che un governo di larghe intese non ha alternative. Un governo Letta (o anche Merkel) nato sulla base di un accordo destra-sinistra per mettere in pratica quelle riforme strutturali che altrimenti sarebbero impossibili.
Noi poveri lettori, elettori, cittadini che ci sbattiamo ogni giorno per pagare un nuovo balzello, una nuova tares (e siamo felici quando risparmiamo il 2%) dovremmo solo aspettare che ci passa sopra una bella riforma e in nome della Stabilità dire che tutto va bene, che finalmente abbiamo raggiunto gli obiettivi economici che ci eravamo prefissati.
Ci sono altre parole che potrebbero qui essere analizzate, tipo Privacy, parola abusata nel momento in cui ci stiamo avvicinando al Grande Fratello orwelliano, dove un solo computer sarà in grado di sapere tutto di noi, le nostre vite in un file, le nostre abitudini scannerizzate ogni momento e quindi controllate.
E di conseguenza perde senso la parola Democrazia che pure ci è stata propinata come ultimo baluardo contro le barbarie umane. Insomma, non so se si è capito, sono stanco, ma non smetto di combattere (e spero con me altre decine di uomini e donne). Anzi, sono molto molto motivato a lottare (qualsiasi lotta?), a mantenere alta la fiammella dell’umanesimo e della laicità, della speranza di vivere in un mondo più giusto e non solo risanato da un punto di vista economico.
Per chi come me ha tentato in questi ultimi decenni di rispettare le regole e le idee altrui non sembra esserci via d’uscita: siamo in default e non sappiamo come uscirne. Lo Stato è il nostro nemico, l’Europa la grande disillusione, il politico il nostro carnefice, il potente un padrone sprezzante.
Siamo avviluppati in questa matassa informe fatta di ipocrisia, malafede e malaffare, ci sentiamo depressi e non riusciamo a pagare i nostri debiti (Padre nostro…). Ma la ricetta, da che l’uomo è uomo, è sempre la stessa: strappare le catene, liberarci dei tiranni, fuggire insieme sulle montagne e poi tornare per ricominciare.
Un’espressione che ad esempio non si può più sopportare è Riforme strutturali. In concreto cosa è significato finora fare delle riforme? Essenzialmente modificare profondamente il senso di eguaglianza fra gli uomini e favorire solo chi ha molto denaro per curarsi, andare a scuola, viaggiare, avere una bella casa, avere un bel lavoro, avere una bella famiglia.
La riforma strutturale più profonda è questa: se hai soldi puoi accedere al mondo normale, se non hai denaro sei uno schiavo, costretto a chiedere l’elemosina su tutto. E’ davvero una riforma strutturale importante, una filosofia che ribalta le Costituzioni illuministe degli ultimi due secoli, una roba che sancisce la fine della speranza.
Questa riforma (globale), al di là dei discorsi di circostanza e basati solo sulla retorica, è fortemente richiesta dall’Europa, intesa come entità burocratica e sovranazionale, posseduta da banche e banchieri, finanzieri che guadagnano un miliardo di euro l’anno e da politici corrotti che, avvalorando tali “riforme” vengono continuamente premiati con un’altra manciata di potere, denaro e incarichi fino alla loro morte.
Un’altra parola che in questi mesi è entrata nel nostro lessico comune, nella ripetitività mediatica, è Stabilità, dove si intende che un governo di larghe intese non ha alternative. Un governo Letta (o anche Merkel) nato sulla base di un accordo destra-sinistra per mettere in pratica quelle riforme strutturali che altrimenti sarebbero impossibili.
Noi poveri lettori, elettori, cittadini che ci sbattiamo ogni giorno per pagare un nuovo balzello, una nuova tares (e siamo felici quando risparmiamo il 2%) dovremmo solo aspettare che ci passa sopra una bella riforma e in nome della Stabilità dire che tutto va bene, che finalmente abbiamo raggiunto gli obiettivi economici che ci eravamo prefissati.
Ci sono altre parole che potrebbero qui essere analizzate, tipo Privacy, parola abusata nel momento in cui ci stiamo avvicinando al Grande Fratello orwelliano, dove un solo computer sarà in grado di sapere tutto di noi, le nostre vite in un file, le nostre abitudini scannerizzate ogni momento e quindi controllate.
E di conseguenza perde senso la parola Democrazia che pure ci è stata propinata come ultimo baluardo contro le barbarie umane. Insomma, non so se si è capito, sono stanco, ma non smetto di combattere (e spero con me altre decine di uomini e donne). Anzi, sono molto molto motivato a lottare (qualsiasi lotta?), a mantenere alta la fiammella dell’umanesimo e della laicità, della speranza di vivere in un mondo più giusto e non solo risanato da un punto di vista economico.
Per chi come me ha tentato in questi ultimi decenni di rispettare le regole e le idee altrui non sembra esserci via d’uscita: siamo in default e non sappiamo come uscirne. Lo Stato è il nostro nemico, l’Europa la grande disillusione, il politico il nostro carnefice, il potente un padrone sprezzante.
Siamo avviluppati in questa matassa informe fatta di ipocrisia, malafede e malaffare, ci sentiamo depressi e non riusciamo a pagare i nostri debiti (Padre nostro…). Ma la ricetta, da che l’uomo è uomo, è sempre la stessa: strappare le catene, liberarci dei tiranni, fuggire insieme sulle montagne e poi tornare per ricominciare.