di Francesco Greco - Uno dei “padri nobili” dell’Unione Europea? Fine speculatore e militante dell’ideale di un Continente unito da un denominatore comune politico e culturale? Francesco Nullo, garibaldino, di cui quest’anno ricorre il 150° anniversario della morte (1863).
Sulla stessa modulazione di frequenza di Mazzini, Garibaldi, Lelewel, Mickiewicz, agli albori del configurarsi degli Stati nazionali ne intuì tutto il relativismo e l’angustia degli orizzonti e vagheggiò l’urgenza di lavorare per unire l’Europa sullo sfondo di un progetto comune articolato in una visione condivisa in rapporto all’economia, la cultura, la società, i diritti di tutti i popoli spinti da un’ansia di modernità e di progresso che aveva gettato le sue radici nella rivoluzione industriale, nella Rivoluzione Francese e nel marxismo.
Proprio nell’anno in cui l’idea di Europa è messa in discussione dagli istinti populistici peggiori, trasversali a destra e sinistra, da Cassandre appollaiate in ogni dove che lanciano le loro oscure profezie suggestionando i popoli ma senza indicare vie alternative percorribili, provvidenziale arriva questo saggio prezioso che ne rinfresca le radici antiche e la memoria più nobile, affidando la rimodulazione semantica dell’idea di Europa una e sola a chi, coltivando quell’utopia possibile, immolò la sua giovane vita.
“Ripartire da Francesco Nullo” (Italia e Polonia: dalla “primavera dei popoli” la lezione per un’Europa libera e solidale), di Cristina Martinelli, Edizioni Terra d’Otranto, Lecce 2013, pp. 192, € 15 (a cura di Nello Wrona, che confeziona una bella veste editoriale), bella copertina di Emanuele Colazzo (il busto di Nullo che si trova a Varsavia), ridà linfa filologica e senso della Storia a un’Europa sfatta dai banchieri e dai burocrati che i popoli vorrebbero ricostruire su basi diverse e condivise.
La Martinelli si conferma (dopo “I papaveri di Montecassino”, Besa 2004, “Le scuderie dei marchesi Del Tufo a Matino”, Grifo 2008, “Tra il Don e il Serchio”, Bastogi 2008, “Salento d’altre storie”, Grifo 2011) una storica con la esse maiuscola, con un format analitico preciso, essenziale, senza barocchismi, attenta cioè a enucleare dal magma confuso della babele di documenti, testimonianze, report solo ciò che è utile a illuminare di luce rivelatrice il personaggio e a ricomporre il puzzle del contesto storico e politico in cui operò il patriota che si immolò per la causa polacca.
Esponente di quella “gioventù fremente sotto il dispotismo degli anni”, Nullo (bergamasco) visse la sua breve parabola nel culto della “religione della libertà”, maturate nelle battaglie accanto a Garibaldi “a Roma nel 1849, nella spedizione dei Mille, al Volturno, al comando e nella spedizione su Isernia, a Sarnino, sull’Aspromonte, a San Marino”. Nullo in buona sostanza “unisce e tiene insieme tradizione e modernità, la solidarietà, il patriottismo e l’abnegazione per l’idea comune” (in prefazione Krzysztof Strzałka, politologo e diplomatico di carriera).
Fece suo il messaggio mazziniano: la passione civile è dare, non ricevere, ma anche la teoria della “fratellanza dei popoli”. Immolandosi, novello crociato, a quella che egli stesso definiva una “causa santa”. Di famiglia bene, dopo gli studi commerciali a Milano, avrebbe potuto dedicarsi a una qualsiasi brillante carriera: lo stesso Re Vittorio Emanuele II lo invitò a entrare nello Stato Maggiore del Regio Esercito. E invece, uomo di ideali alti e di principi solidi, il colonnello Nullo prima sposò la causa della patria unita seguendo Garibaldi, poi in terra straniera, da generale, si batté nell’insurrezione polacca del 1863 (“Avanti, alle baionette!”) contro i Russi fino alla morte (5 maggio 1863, era nato l’1 marzo 1826) “una palla avevasi forato il fianco trapassando il cinturone”, Luigi Stefanoni (“Francesco Nullo martire in Polonia, notizie storiche”, C. Barbini, Milano 1863).
Personaggio modernissimo, attuale come lo sono sempre le passioni civili e politiche, con una sua valenza anche pedagogica, oggi che si è accovacciati in una dimensione sedentaria della lotta politica e della stessa esistenza, stressata anche da un parlamentarismo che mostra i suoi limiti di rappresentanza, colti da arruffapopoli che rimestano nel disagio sociale e nella disperazione portata dal liberismo selvaggio, senza poi saper gestire il consenso.
Un libro utile a chi vuol capire quali sono le nobili radici dell’Europa dei popoli, costate vite umane e sacrifici immensi, per apprezzarle e rinnovarle nel segno della modernità, nella coscienza che relativizzarle sarebbe il più tragico, autolesionistico degli errori.
Sulla stessa modulazione di frequenza di Mazzini, Garibaldi, Lelewel, Mickiewicz, agli albori del configurarsi degli Stati nazionali ne intuì tutto il relativismo e l’angustia degli orizzonti e vagheggiò l’urgenza di lavorare per unire l’Europa sullo sfondo di un progetto comune articolato in una visione condivisa in rapporto all’economia, la cultura, la società, i diritti di tutti i popoli spinti da un’ansia di modernità e di progresso che aveva gettato le sue radici nella rivoluzione industriale, nella Rivoluzione Francese e nel marxismo.
Proprio nell’anno in cui l’idea di Europa è messa in discussione dagli istinti populistici peggiori, trasversali a destra e sinistra, da Cassandre appollaiate in ogni dove che lanciano le loro oscure profezie suggestionando i popoli ma senza indicare vie alternative percorribili, provvidenziale arriva questo saggio prezioso che ne rinfresca le radici antiche e la memoria più nobile, affidando la rimodulazione semantica dell’idea di Europa una e sola a chi, coltivando quell’utopia possibile, immolò la sua giovane vita.
“Ripartire da Francesco Nullo” (Italia e Polonia: dalla “primavera dei popoli” la lezione per un’Europa libera e solidale), di Cristina Martinelli, Edizioni Terra d’Otranto, Lecce 2013, pp. 192, € 15 (a cura di Nello Wrona, che confeziona una bella veste editoriale), bella copertina di Emanuele Colazzo (il busto di Nullo che si trova a Varsavia), ridà linfa filologica e senso della Storia a un’Europa sfatta dai banchieri e dai burocrati che i popoli vorrebbero ricostruire su basi diverse e condivise.
La Martinelli si conferma (dopo “I papaveri di Montecassino”, Besa 2004, “Le scuderie dei marchesi Del Tufo a Matino”, Grifo 2008, “Tra il Don e il Serchio”, Bastogi 2008, “Salento d’altre storie”, Grifo 2011) una storica con la esse maiuscola, con un format analitico preciso, essenziale, senza barocchismi, attenta cioè a enucleare dal magma confuso della babele di documenti, testimonianze, report solo ciò che è utile a illuminare di luce rivelatrice il personaggio e a ricomporre il puzzle del contesto storico e politico in cui operò il patriota che si immolò per la causa polacca.
Esponente di quella “gioventù fremente sotto il dispotismo degli anni”, Nullo (bergamasco) visse la sua breve parabola nel culto della “religione della libertà”, maturate nelle battaglie accanto a Garibaldi “a Roma nel 1849, nella spedizione dei Mille, al Volturno, al comando e nella spedizione su Isernia, a Sarnino, sull’Aspromonte, a San Marino”. Nullo in buona sostanza “unisce e tiene insieme tradizione e modernità, la solidarietà, il patriottismo e l’abnegazione per l’idea comune” (in prefazione Krzysztof Strzałka, politologo e diplomatico di carriera).
Fece suo il messaggio mazziniano: la passione civile è dare, non ricevere, ma anche la teoria della “fratellanza dei popoli”. Immolandosi, novello crociato, a quella che egli stesso definiva una “causa santa”. Di famiglia bene, dopo gli studi commerciali a Milano, avrebbe potuto dedicarsi a una qualsiasi brillante carriera: lo stesso Re Vittorio Emanuele II lo invitò a entrare nello Stato Maggiore del Regio Esercito. E invece, uomo di ideali alti e di principi solidi, il colonnello Nullo prima sposò la causa della patria unita seguendo Garibaldi, poi in terra straniera, da generale, si batté nell’insurrezione polacca del 1863 (“Avanti, alle baionette!”) contro i Russi fino alla morte (5 maggio 1863, era nato l’1 marzo 1826) “una palla avevasi forato il fianco trapassando il cinturone”, Luigi Stefanoni (“Francesco Nullo martire in Polonia, notizie storiche”, C. Barbini, Milano 1863).
Personaggio modernissimo, attuale come lo sono sempre le passioni civili e politiche, con una sua valenza anche pedagogica, oggi che si è accovacciati in una dimensione sedentaria della lotta politica e della stessa esistenza, stressata anche da un parlamentarismo che mostra i suoi limiti di rappresentanza, colti da arruffapopoli che rimestano nel disagio sociale e nella disperazione portata dal liberismo selvaggio, senza poi saper gestire il consenso.
Un libro utile a chi vuol capire quali sono le nobili radici dell’Europa dei popoli, costate vite umane e sacrifici immensi, per apprezzarle e rinnovarle nel segno della modernità, nella coscienza che relativizzarle sarebbe il più tragico, autolesionistico degli errori.