WASHINGTON - ''File di cadaveri di uomini, donne, bambini, uccisi da gas velenosi. Altri con la schiuma alla bocca, che rantolano alla ricerca di un respiro, e un padre che stringe il figlio morto che li implora ad alzarsi e a camminare''. Usa toni forti Barack Obama per spiegare agli americani perche' gli Stati Uniti hanno il dovere di agire contro le atrocita' compiute in Siria. Sono le immagini ''ripugnanti'' dello scorso 21 agosto, quando in un attacco chimico in un sobborgo di Damasco sono morte oltre 1.400 persone. E il presidente Usa non ha dubbi: il responsabile e' Assad.
Il presidente Usa, parlando in diretta tv alla nazione, cerca di esercitare tutta la sua leadership. E' forse il momento piu' delicato della sua presidenza, e lo si coglie nella espressione tesa. Conferma di aver chiesto al Congresso piu' tempo per il voto, per permettere alla diplomazia di fare il suo corso: ''E' troppo presto per dire quanto la proposta russa avra' successo, ma - ammette - potrebbe consentire di togliere di mezzo le armi chimiche senza un intervento militare''. Dunque, meglio aspettare, e vedere cosa succede.
Ma con tono deciso il presidente Usa insiste sulla necessita' di reagire contro i crimini compiuti dal regime siriano, anche per dare un segnale a tutti gli altri dittatori che in assenza di una reazione potrebbero sentirsi legittimati a usare armi chimiche. Cerca di spiegare le sue ragioni Obama, il perche' un presidente che ha chiuso un epoca di guerre sembra ora volersi imbarcare in una nuova pericolosa avventura.
''Non siamo il poliziotto del mondo, ma le atrocita', i crimini di guerra compiuti non possono rimanere senza risposta'', afferma, e non solo per una questione morale, di valori. In pericolo c'e' la stessa sicurezza nazionale. ''Se non agiamo - insiste - il regime di Assad non vedra' alcuna ragione per fermare l'uso dei gas. E altri tiranni non ci penseranno due volte ad accumulare questi gas e ad usarli''. In cima ai suoi pensieri c'e' innanzitutto l'Iran. Il rischio - spiega - e' quello di una guerra chimica sui campi di battaglia contro le truppe Usa, e l'uso di queste armi letali da parte dei terroristi contro i civili. Uno scenario che Obama definisce ''intollerabile''. ''Questa e' la posta in gioco'', ammonisce, ammettendo quanto la sua decisione rischi di essere impopolare. Ma fa una promessa: ''Non sara' un nuovo Iraq o un nuovo Afghanistan''. (ANSA)
Il presidente Usa, parlando in diretta tv alla nazione, cerca di esercitare tutta la sua leadership. E' forse il momento piu' delicato della sua presidenza, e lo si coglie nella espressione tesa. Conferma di aver chiesto al Congresso piu' tempo per il voto, per permettere alla diplomazia di fare il suo corso: ''E' troppo presto per dire quanto la proposta russa avra' successo, ma - ammette - potrebbe consentire di togliere di mezzo le armi chimiche senza un intervento militare''. Dunque, meglio aspettare, e vedere cosa succede.
Ma con tono deciso il presidente Usa insiste sulla necessita' di reagire contro i crimini compiuti dal regime siriano, anche per dare un segnale a tutti gli altri dittatori che in assenza di una reazione potrebbero sentirsi legittimati a usare armi chimiche. Cerca di spiegare le sue ragioni Obama, il perche' un presidente che ha chiuso un epoca di guerre sembra ora volersi imbarcare in una nuova pericolosa avventura.
''Non siamo il poliziotto del mondo, ma le atrocita', i crimini di guerra compiuti non possono rimanere senza risposta'', afferma, e non solo per una questione morale, di valori. In pericolo c'e' la stessa sicurezza nazionale. ''Se non agiamo - insiste - il regime di Assad non vedra' alcuna ragione per fermare l'uso dei gas. E altri tiranni non ci penseranno due volte ad accumulare questi gas e ad usarli''. In cima ai suoi pensieri c'e' innanzitutto l'Iran. Il rischio - spiega - e' quello di una guerra chimica sui campi di battaglia contro le truppe Usa, e l'uso di queste armi letali da parte dei terroristi contro i civili. Uno scenario che Obama definisce ''intollerabile''. ''Questa e' la posta in gioco'', ammonisce, ammettendo quanto la sua decisione rischi di essere impopolare. Ma fa una promessa: ''Non sara' un nuovo Iraq o un nuovo Afghanistan''. (ANSA)