di Andrea Stano - I più maligni esclamerebbero “tutto fumo e niente arrosto”, gli ottimisti guarderebbero, invece, il bicchiere mezzo pieno.
E’ partito da Bari il tour di Matteo Renzi per le primarie del PD per l’elezione del nuovo segretario di partito.
Pippo Civati, l’ex comunista Gianni Cuperlo (“francamente non lo conosco” ammette il primo cittadino di Bari, Michele Emiliano) ed il Vicepresidente del Parlamento Europeo Giovanni Pittella sono gli altri contendenti all’ambita carica del centrosinistra italiano.
Nella nuova sala congressi della Fiera del Levante, già adibita al Medimax negli scorsi mesi, è proprio Emiliano che presenta il sindaco di Firenze, giunto alle 16.50, sulle note di Shiny Happy People dei R.E.M, “siete il popolo del PD, unica speranza di questo Paese, assieme a Matteo Renzi”. Saranno più di mille i presenti che assisteranno al comizio del giovane politico toscano.
Renzi apre e chiude il proprio monologo, durato circa un’ora, col concetto del tempo prendendo in prestito la celebre citazione di Dietrich Bonhoeffer, uno dei massimi protagonisti della Resistenza in Germania durante il nazismo, “essendo il tempo il bene più prezioso che ci sia dato, l’idea del tempo eventualmente perduto provoca in noi una costante inquietudine ed ogni volta che ci voltiamo indietro ci rendiamo conto del tempo perduto”.
“L’Italia ha perso tempo”, è questo il forte messaggio che Renzi vuole far arrivare al proprio pubblico, “non ci sono state novità, i problemi non sono stati mai risolti e la parola rottamazione è stata fin troppo gentile contro questo establishment”, rispolverando, così, il vecchio leit motiv della campagna elettorale di un anno fa.
Lo slogan, invece, corrente è “cambiare verso” e Renzi, col consueto stile da guascone cabarettista non opacizzatosi col tempo, cerca di distillarlo in tre semplici obiettivi: l’Italia deve cambiare verso l’Europa; noi dobbiamo cambiare verso il PD; il PD deve cambiare verso l’Italia.
Funziona bene l’arringa iniziale di Renzi, una palese rivendicazione dei diritti del nostro paese, una sorta di apologia dell’Italia. “Non bisogna piegarsi alle decisioni dell’Europa”, sostiene Renzi che continua, “l’Europa ci dice cosa fare ma forse sta aspettando che sia l’Italia a chiedere cosa fare”.
E poi una stoccata al sistema europeo tutto sciolinando impietose cifre sul sistema imprenditoriale del vecchio continente, “il 16% delle grandi aziende europee ha sede in Oriente, il doppio rispetto a tre anni fa”, e le prospettive sono ancor meno rosee, “nel prossimo decennio si arriverà al 40%, allora, l’Europa ha intenzione davvero di essere protagonista in ambito internazionale?”, il personalissimo je accuse del sindaco di Firenze.
Successivamente Renzi cerca di venire al sodo, tuffandosi a capo fitto sull’attualità, “non ci sono alternative al PD, il centrosinistra deve prendersi le responsabilità del cambiamento, proviamo a immaginare come cambiare l’Italia”, e prosegue, “se vinceremo noi saremo le sentinelle del bipolarismo con gentilezza, confronti e senza insulti”.
L’intenzione del politico fiorentino è quello di presentare entro novembre una nuova proposta di legge elettorale concentrata su tre imprescindibili pilastri: “la sera quando scrutini sai che hai vinto”, “chi ha vinto verrà considerato il colpevole delle cose che non fa”, e “alternanza”. Su quest’ultimo passo Renzi si lascia andare ad una battuta, “magari scopriremo la bellezza di fare opposizione anche se noi ci siamo abituati”. “Questa proposta di legge che chiamo Il Sindaco d’Italia la faremo partire dalla Camera per ratificarla immediatamente”.
Lo step successivo del comizio riguarda la Costituzione italiana. “Il titolo 5°, che conferisce autonomia alle Regioni, è sbagliato mentre l’articolo 1 ormai recita la Repubblica è fondata sulla rendita non sul lavoro”.
La mission renziana è senza dubbio quella di snellire le pratiche di legge (storica crociata berlusconiana), semplificare le regole del lavoro e della burocrazia, “digitalizzazione spinta della macchina amministrativa”. E poi, cambiare la Bossi-Fini e la Giovanardi, “non hanno funzionato, a parte il cognome che hanno”, altra frecciata-freddura del one-man show pomeridiano, e opporsi strenuamente a chi caldeggia le ipotesi indulto ed amnistia.
A metà comizio Matteo Renzi ritorna su uno degli argomenti più sentiti e che più gli stanno a cuore, ovvero, l’educazione. “Bisogna partire dalla scuola, dagli asili e dall’educazione” dichiara il sindaco di Firenze, “il 43% degli insegnanti vota PD ma noi non li abbiamo mai coinvolti in un progetto serio”. E qui espone le sue intenzioni, “andremo a chiedere ai 5mila assessori alla scuola che il PD ha nel paese di coinvolgere gli insegnanti con una nuova piattaforma digitale perché il social network servirà a sentire le voci di tutti gli insegnanti, frustrati da un atteggiamento indecoroso della classe politica italiana”.
C’è tempo anche per scomodare Papa Francesco (“il lusso più grande è vivere con gli altri”) per esaltare il principio della condivisione su cui Renzi vorrà far ripartire il Belpaese.
Dopo una leggera critica al malfunzionante welfare italiano e la speranza che “il PD possa recuperare il gusto della sfida” (in un anno da 800mila iscritti a 200mila, e da 12 milioni di voti a due in meno), Renzi conclude con massime a effetto e dalla poco celata indole guerriera del suo instancabile oratore, “essere di sinistra significa dare opportunità a tutti”, “ero un appestato, adesso mi considerano un eroe”, “l’Italia non è un paese finito ma infinito e pieno di speranza”, concludendo con “fanno bene ad avere paura di me, manterremo, coerenti, tutte le promesse”.
“Da Bari inizia un percorso”, termina così la prima giornata di campagna elettorale del golden boy del centrosinistra italiano. I pronostici sono largamente a suo favore. L’8 di dicembre si saprà il nome del nuovo segretario del Partito Democratico.
E’ partito da Bari il tour di Matteo Renzi per le primarie del PD per l’elezione del nuovo segretario di partito.
Pippo Civati, l’ex comunista Gianni Cuperlo (“francamente non lo conosco” ammette il primo cittadino di Bari, Michele Emiliano) ed il Vicepresidente del Parlamento Europeo Giovanni Pittella sono gli altri contendenti all’ambita carica del centrosinistra italiano.
Nella nuova sala congressi della Fiera del Levante, già adibita al Medimax negli scorsi mesi, è proprio Emiliano che presenta il sindaco di Firenze, giunto alle 16.50, sulle note di Shiny Happy People dei R.E.M, “siete il popolo del PD, unica speranza di questo Paese, assieme a Matteo Renzi”. Saranno più di mille i presenti che assisteranno al comizio del giovane politico toscano.
Renzi apre e chiude il proprio monologo, durato circa un’ora, col concetto del tempo prendendo in prestito la celebre citazione di Dietrich Bonhoeffer, uno dei massimi protagonisti della Resistenza in Germania durante il nazismo, “essendo il tempo il bene più prezioso che ci sia dato, l’idea del tempo eventualmente perduto provoca in noi una costante inquietudine ed ogni volta che ci voltiamo indietro ci rendiamo conto del tempo perduto”.
“L’Italia ha perso tempo”, è questo il forte messaggio che Renzi vuole far arrivare al proprio pubblico, “non ci sono state novità, i problemi non sono stati mai risolti e la parola rottamazione è stata fin troppo gentile contro questo establishment”, rispolverando, così, il vecchio leit motiv della campagna elettorale di un anno fa.
Lo slogan, invece, corrente è “cambiare verso” e Renzi, col consueto stile da guascone cabarettista non opacizzatosi col tempo, cerca di distillarlo in tre semplici obiettivi: l’Italia deve cambiare verso l’Europa; noi dobbiamo cambiare verso il PD; il PD deve cambiare verso l’Italia.
Funziona bene l’arringa iniziale di Renzi, una palese rivendicazione dei diritti del nostro paese, una sorta di apologia dell’Italia. “Non bisogna piegarsi alle decisioni dell’Europa”, sostiene Renzi che continua, “l’Europa ci dice cosa fare ma forse sta aspettando che sia l’Italia a chiedere cosa fare”.
E poi una stoccata al sistema europeo tutto sciolinando impietose cifre sul sistema imprenditoriale del vecchio continente, “il 16% delle grandi aziende europee ha sede in Oriente, il doppio rispetto a tre anni fa”, e le prospettive sono ancor meno rosee, “nel prossimo decennio si arriverà al 40%, allora, l’Europa ha intenzione davvero di essere protagonista in ambito internazionale?”, il personalissimo je accuse del sindaco di Firenze.
Successivamente Renzi cerca di venire al sodo, tuffandosi a capo fitto sull’attualità, “non ci sono alternative al PD, il centrosinistra deve prendersi le responsabilità del cambiamento, proviamo a immaginare come cambiare l’Italia”, e prosegue, “se vinceremo noi saremo le sentinelle del bipolarismo con gentilezza, confronti e senza insulti”.
L’intenzione del politico fiorentino è quello di presentare entro novembre una nuova proposta di legge elettorale concentrata su tre imprescindibili pilastri: “la sera quando scrutini sai che hai vinto”, “chi ha vinto verrà considerato il colpevole delle cose che non fa”, e “alternanza”. Su quest’ultimo passo Renzi si lascia andare ad una battuta, “magari scopriremo la bellezza di fare opposizione anche se noi ci siamo abituati”. “Questa proposta di legge che chiamo Il Sindaco d’Italia la faremo partire dalla Camera per ratificarla immediatamente”.
Lo step successivo del comizio riguarda la Costituzione italiana. “Il titolo 5°, che conferisce autonomia alle Regioni, è sbagliato mentre l’articolo 1 ormai recita la Repubblica è fondata sulla rendita non sul lavoro”.
La mission renziana è senza dubbio quella di snellire le pratiche di legge (storica crociata berlusconiana), semplificare le regole del lavoro e della burocrazia, “digitalizzazione spinta della macchina amministrativa”. E poi, cambiare la Bossi-Fini e la Giovanardi, “non hanno funzionato, a parte il cognome che hanno”, altra frecciata-freddura del one-man show pomeridiano, e opporsi strenuamente a chi caldeggia le ipotesi indulto ed amnistia.
A metà comizio Matteo Renzi ritorna su uno degli argomenti più sentiti e che più gli stanno a cuore, ovvero, l’educazione. “Bisogna partire dalla scuola, dagli asili e dall’educazione” dichiara il sindaco di Firenze, “il 43% degli insegnanti vota PD ma noi non li abbiamo mai coinvolti in un progetto serio”. E qui espone le sue intenzioni, “andremo a chiedere ai 5mila assessori alla scuola che il PD ha nel paese di coinvolgere gli insegnanti con una nuova piattaforma digitale perché il social network servirà a sentire le voci di tutti gli insegnanti, frustrati da un atteggiamento indecoroso della classe politica italiana”.
C’è tempo anche per scomodare Papa Francesco (“il lusso più grande è vivere con gli altri”) per esaltare il principio della condivisione su cui Renzi vorrà far ripartire il Belpaese.
Dopo una leggera critica al malfunzionante welfare italiano e la speranza che “il PD possa recuperare il gusto della sfida” (in un anno da 800mila iscritti a 200mila, e da 12 milioni di voti a due in meno), Renzi conclude con massime a effetto e dalla poco celata indole guerriera del suo instancabile oratore, “essere di sinistra significa dare opportunità a tutti”, “ero un appestato, adesso mi considerano un eroe”, “l’Italia non è un paese finito ma infinito e pieno di speranza”, concludendo con “fanno bene ad avere paura di me, manterremo, coerenti, tutte le promesse”.
“Da Bari inizia un percorso”, termina così la prima giornata di campagna elettorale del golden boy del centrosinistra italiano. I pronostici sono largamente a suo favore. L’8 di dicembre si saprà il nome del nuovo segretario del Partito Democratico.
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