Torino, la “Parresia” del salentino Pizzolante

TORINO – “’900 in arte” (confini globali): è il titolo della mostra a cui parteciperà (inaugurazione il 5 novembre, alle ore 18.30, si potrà visitare sino al 22) l’artista salentino Matteo Pizzolante, alla sala esposizione di Piazza Mestieri (via Durano, 10 Torino, ingresso libero).

L’artista è stato selezionato fra 60 candidati. E’ nato a Tricase (Lecce) nel 1989. A pochi mesi i suoi sono emigrati al Nord per lavoro. Corso di studi in Ingegneria dell’edilizia al Politecnico di Milano. Contemporaneamente si avvicina al mondo dell’arte e dopo studi da autodidatta sviluppa una ricerca personale che lo identifica. Ha partecipato a diverse collettive.
Nel 2013 è stato invitato a: Chromo Sapiens, Florence Design-Week (Archivio di Stato, Firenze);
Chiggini arte giovani 2013 contest. Galleria Chiggini (Varese);
54° Premio Internazionale Bice Bugatti-Segantini (Nova Milanese, MB);
1st visual arts festival (Floridia, Siracusa).
A novembre andrà a Firenze per la IX edizione della Biennale curata da Rolando Bellini.
A Torino proporrà “Parresia” (Parlar chiaro) - Esecuzione di sé.                                                                                                                                              
Ecco la “poetica” dell’opera.

Il termine greco “parresia”è un concetto complesso, che non si esaurisce nella semplice traduzione di “parlar chiaro”. Pone l’attenzione sulle problematiche riguardanti la verità, sul rapporto tra verità e potere, sulle condizioni che autorizzano un soggetto ad assumere il ruolo di “parresiastes” (colui che parla chiaro, che afferma il vero) e sulle conseguenze che tale scelta comporta.

Se c’è una prova della verità del “parresiastes”essa sta nel suo coraggio, nel fatto che affermando il vero si pone in una situazione di inferiorità (poiché rinuncia al potere di condizionamento, di dominazione) e di pericolo.
L’opera presentata (in foto) mette l’osservatore proprio nella posizione di vedere, nelle “bruciature sulla pelle”, le eventuali ripercussioni che il proprio gesto, la propria azione può avere, ma non solo: gli specchi lo pongono anche dalla parte del “condannato” (da qui la seconda parte del titolo “Esecuzione di sé”), poiché il “parlar chiaro” è un agire eticamente su se stessi, un plasmarsi, nella coincidenza tra estetica ed esistenza.

Se nella tragedie di Euripide la “parresia” si praticava in un confronto diretto tra le persone, essa rimane prerogativa e punto fermo per qualsiasi tipo di comunicazione anche in un mondo globale dai confini sempre più evanescenti.
Il lavoro pone l’attenzione sulle problematiche riguardanti il rapporto tra verità e potere. Se c’è una prova della verità del “parresiastes” essa sta nel suo coraggio, nel fatto che affermando il vero si pone in una situazione di inferiorità e di pericolo. L’osservatore è anche nella posizione di boia e condannato allo stesso tempo poiché il “parlar chiaro” è un agire eticamente su se stessi, un plasmarsi, nella coincidenza tra estetica e esistenza. Pensiero mai così attuale, nelle relazioni effimere della nostra contemporaneità.

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