BARI - Alla vigilia del 4 novembre, mentre ci prepariamo a celebrare, nel Sacrario ai Caduti Oltremare, la Giornata dell’Unità Nazionale e delle Forze Armate, alla presenza del presidente della Camera Laura Boldrini, ritengo doveroso ricordare il 70esimo anniversario della strage della Divisione Acqui a Cefalonia, nel settembre del 1943. Una vicenda di dolore e di valore che si lega in modo particolare alla Puglia e a Bari.
È nella nostra regione che tornarono i superstiti dei reparti che, dopo l'armistizio con gli Alleati, presero le armi nelle isole Ionie contro i tedeschi invece di cederle, vergognosamente, nella piazza di Argostoli, come era stato ordinato da Berlino.
Per una settimana, dal 15 settembre, soldati, marinai, militari dell’Aviazione, carabinieri e finanzieri opposero una resistenza organica alle truppe scelte germaniche che sbarcavano nell’isola. L’isolamento li costrinse a soccombere, dopo aver perso 1300 uomini nei combattimenti E qui la vendetta tedesca si manifestò in tutto il suo disprezzo contro gli italiani, con la fucilazione di oltre 5000 militari e ufficiali, contraria ad ogni legge di guerra.
Ad altrettanti sopravvissuti non rimase che la prigionia, con altre migliaia di vittime per siluramenti e stenti nei lager. Qualcuno, anche a Corfù e a Cefalonia, prese la via dei monti insieme ai partigiani greci, fino alla ritirata dei tedeschi, nell’autunno 1944.
Ed è a Bari che 60 anni fa, dopo un terremoto distruttivo nell’arcipelago ionico, rientrarono oltre mille salme, accolte con i massimi onori, dal presidente del Repubblica Luigi Einaudi. Molti riposano tuttora nel Sacrario barese. Noti e ignoti, rappresentano tutti i commilitoni: quelli caduti in armi, quelli trucidati dopo averle deposte, gli ufficiali giustiziati alla Casa Rossa, gli annegati nelle navi affondate durante il trasferimento, i morti di malattie e di patimenti, da “schiavi di Hitler” nei campi di concentramento del centro Europa.
Sono un esempio per tutti i militari di oggi, ai quali va il saluto del Consiglio regionale della Puglia. A riferirlo in una nota il presidente del Consiglio regionale della Puglia Onofrio Introna.
È nella nostra regione che tornarono i superstiti dei reparti che, dopo l'armistizio con gli Alleati, presero le armi nelle isole Ionie contro i tedeschi invece di cederle, vergognosamente, nella piazza di Argostoli, come era stato ordinato da Berlino.
Per una settimana, dal 15 settembre, soldati, marinai, militari dell’Aviazione, carabinieri e finanzieri opposero una resistenza organica alle truppe scelte germaniche che sbarcavano nell’isola. L’isolamento li costrinse a soccombere, dopo aver perso 1300 uomini nei combattimenti E qui la vendetta tedesca si manifestò in tutto il suo disprezzo contro gli italiani, con la fucilazione di oltre 5000 militari e ufficiali, contraria ad ogni legge di guerra.
Ad altrettanti sopravvissuti non rimase che la prigionia, con altre migliaia di vittime per siluramenti e stenti nei lager. Qualcuno, anche a Corfù e a Cefalonia, prese la via dei monti insieme ai partigiani greci, fino alla ritirata dei tedeschi, nell’autunno 1944.
Ed è a Bari che 60 anni fa, dopo un terremoto distruttivo nell’arcipelago ionico, rientrarono oltre mille salme, accolte con i massimi onori, dal presidente del Repubblica Luigi Einaudi. Molti riposano tuttora nel Sacrario barese. Noti e ignoti, rappresentano tutti i commilitoni: quelli caduti in armi, quelli trucidati dopo averle deposte, gli ufficiali giustiziati alla Casa Rossa, gli annegati nelle navi affondate durante il trasferimento, i morti di malattie e di patimenti, da “schiavi di Hitler” nei campi di concentramento del centro Europa.
Sono un esempio per tutti i militari di oggi, ai quali va il saluto del Consiglio regionale della Puglia. A riferirlo in una nota il presidente del Consiglio regionale della Puglia Onofrio Introna.
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