dal nostro inviato Francesco Greco. ROMA - Il cinema riflette su se stesso, fra duopolio asfissiante, sale che chiuderanno nel 2014 anche per la troppa pressione fiscale, nuova normativa europea in progress, pirateria, crownfunding, rilancio della tax credit, spettatori sempre costanti (100 milioni all'anno), l'idea dei contributi sugli incassi per le opere prime e seconde, ricavare fondi dalle lotterie per finanziare il cinema, nuove forme di distribuzione (oggi solo il 10 per cento di quel che si produce arriva al pubblico), ripensare la promozione (negli Usa assorbe metà budget), ecc.
Agli Stati Generali il 5 scorso al Centro Sperimentale di Cinematografia, che ha visto allo stesso tavolo tutta la filiera produttiva che ruota attorno all'arte che ha raccontato il secolo scorso (Jean-Luc Godard), ha fatto seguito stamane la Conferenza Nazionale sul Cinema che ha presentato le interfacce di quelle riflessioni, e tracciato le linee di lavoro futuro affinché il cinema come industria torni a competere e si rilanci nel mondo globale.
Presenti tutte le categorie di un'industria culturale che, contrariamente a quel che dichiarò qualcuno, porta reddito in modo orizzontale, occupazione, prestigio al logo Italia. Da noi l'audiovisivo muove 10 mld, contro i 12 della Francia e i 19 della Gran Bretagna. Tanto per dire.
Ha aperto Nicola Borrelli (Mibac) che ha riassunto e scannerizzato quanto detto al CSC. Indice puntato (costante di molti interventi) sul "duopolio che ha un potere enorme sulla realizzazione di un progetto", aggiungendo che il sistema "è poco propenso all'innovazione" e che da dieci anni "il numero dei biglietti staccati è sempre quello...". Conclusione: "Il mercato italiano è piccolo e fragile rispetto alle enormi potenzialità".
Un incipit di questo tenore non poteva che accendere gli animi. Per Agicom una delle questioni più urgenti è la pirateria, poiché anni anno 10 milioni di persone scaricano selvaggiamente i film dalla rete senza che ci sia una normativa a scoraggiare i pirati. Il prodotto audiovisivo quindi non è protetto, è alla mercé di siti, provider, gestori di pagine, e ci si muove solo su segnalazione di parte, non d'ufficio. Urge quindi una normativa più rigorosa.
All'Ue intanto si lavora la progetto "Europa Creativa", arco di tempo 2014-2020. Lo ha spiegato la parlamentare europea Silvia Costa, che fra l'altro ha detto di essersi battuta per far inserire il termine "indipendente" nel testo. A nome proprio die produttori indie, è intervenuta Marta Capello (l'anno che verrà sarà quello dedicato ai giovani produttori): "La tax credit va pensata anche per la distribuzione, le copie, l'esportazione, oltre che per la produzione. Agli imprenditori comunque andrebbe offerto di finanziare un pacchetto di film, il rischio sarebbe minore...".
Riccardo Tozzi, produttore, non più giovane: "La tv ha dimezzato i fondi per le produzioni. Il sistema tv schiaccia il cinema e non considera che è un'opportunità". La pensa così anche l'associazione 100 autori: "Ci sono opportunità nuove da non lasciarsi sfuggire... Ma occorre ripensare la tax credit che finanzia film commerciali a scapito di quelli più difficili...".
Ugo Gregoretti (Anac): "Il cinema ha bisogno di un nuovo habitat, un altro ecosistema, di ricreare una nuova creatività, di cineasti e di pubblico". Grido di dolore anche degli esercenti (Marcello Cerri), le sale chiudono oberate da troppa pressione fiscale, e invece occorre riqualificarle e così facendo anche la vivibilità di un territorio ne trarrebbe vantaggio. Stefano Rulli, presidente CSC: "Occorre ripensare la filiera in toto, partendo dalla formazione". L'attore Giulio Scarpati, a proposito di filiera, ha difeso la causa dei lavoratori del cinema, le maestranze, per una migliore qualità delle produzioni. Gli ha fatto eco Umberto Garretti, sindacalista che quei lavoratori rappresenta ("siamo demoralizzati, mortificati!"). Mentre per l'associazione dei produttori esecutivi occorre fare un "red carpet per gli investitori stranieri" e per Flavia Barca, assessore alla cultura del Comune di Roma "è necessario ricompattare la filiera". Dopo il grido di dolore degli organizzatori di festival e rassegne ("se il governo non rinnova il decreto entro l'anno, nel 2014 ne avremo il 70 per cento di meno"), degli esercenti delle sale d'essai ("che abbiano un ruolo più democratico"), delle Film Commission ("da razionalizzare, ripensare la funzione") e di Franco Serra (Cartoon Italia: per fare un cartoon ci vogliono 4 anni di lavorazione): "Lavoriamo per il pubblico di domani. Subiamo il sistema francese, da prendere a esempio...", ha concluso il ministro Massimo Bray: "Il cinema, per tornare l'eccellenza che fu, deve intraprendere strade nuove, ha bisogno di mezzi, risorse, tecnologie". Applausi commossi. Finalmente un ministro che riconosce il valore dell'arte della celluloide sia come elemento caratterizzante l'identità di un popolo, che come strumento di dialogo e confronto e come industria che produce cultura, pil, prestigio.
Agli Stati Generali il 5 scorso al Centro Sperimentale di Cinematografia, che ha visto allo stesso tavolo tutta la filiera produttiva che ruota attorno all'arte che ha raccontato il secolo scorso (Jean-Luc Godard), ha fatto seguito stamane la Conferenza Nazionale sul Cinema che ha presentato le interfacce di quelle riflessioni, e tracciato le linee di lavoro futuro affinché il cinema come industria torni a competere e si rilanci nel mondo globale.
Presenti tutte le categorie di un'industria culturale che, contrariamente a quel che dichiarò qualcuno, porta reddito in modo orizzontale, occupazione, prestigio al logo Italia. Da noi l'audiovisivo muove 10 mld, contro i 12 della Francia e i 19 della Gran Bretagna. Tanto per dire.
Ha aperto Nicola Borrelli (Mibac) che ha riassunto e scannerizzato quanto detto al CSC. Indice puntato (costante di molti interventi) sul "duopolio che ha un potere enorme sulla realizzazione di un progetto", aggiungendo che il sistema "è poco propenso all'innovazione" e che da dieci anni "il numero dei biglietti staccati è sempre quello...". Conclusione: "Il mercato italiano è piccolo e fragile rispetto alle enormi potenzialità".
Un incipit di questo tenore non poteva che accendere gli animi. Per Agicom una delle questioni più urgenti è la pirateria, poiché anni anno 10 milioni di persone scaricano selvaggiamente i film dalla rete senza che ci sia una normativa a scoraggiare i pirati. Il prodotto audiovisivo quindi non è protetto, è alla mercé di siti, provider, gestori di pagine, e ci si muove solo su segnalazione di parte, non d'ufficio. Urge quindi una normativa più rigorosa.
All'Ue intanto si lavora la progetto "Europa Creativa", arco di tempo 2014-2020. Lo ha spiegato la parlamentare europea Silvia Costa, che fra l'altro ha detto di essersi battuta per far inserire il termine "indipendente" nel testo. A nome proprio die produttori indie, è intervenuta Marta Capello (l'anno che verrà sarà quello dedicato ai giovani produttori): "La tax credit va pensata anche per la distribuzione, le copie, l'esportazione, oltre che per la produzione. Agli imprenditori comunque andrebbe offerto di finanziare un pacchetto di film, il rischio sarebbe minore...".
Riccardo Tozzi, produttore, non più giovane: "La tv ha dimezzato i fondi per le produzioni. Il sistema tv schiaccia il cinema e non considera che è un'opportunità". La pensa così anche l'associazione 100 autori: "Ci sono opportunità nuove da non lasciarsi sfuggire... Ma occorre ripensare la tax credit che finanzia film commerciali a scapito di quelli più difficili...".
Ugo Gregoretti (Anac): "Il cinema ha bisogno di un nuovo habitat, un altro ecosistema, di ricreare una nuova creatività, di cineasti e di pubblico". Grido di dolore anche degli esercenti (Marcello Cerri), le sale chiudono oberate da troppa pressione fiscale, e invece occorre riqualificarle e così facendo anche la vivibilità di un territorio ne trarrebbe vantaggio. Stefano Rulli, presidente CSC: "Occorre ripensare la filiera in toto, partendo dalla formazione". L'attore Giulio Scarpati, a proposito di filiera, ha difeso la causa dei lavoratori del cinema, le maestranze, per una migliore qualità delle produzioni. Gli ha fatto eco Umberto Garretti, sindacalista che quei lavoratori rappresenta ("siamo demoralizzati, mortificati!"). Mentre per l'associazione dei produttori esecutivi occorre fare un "red carpet per gli investitori stranieri" e per Flavia Barca, assessore alla cultura del Comune di Roma "è necessario ricompattare la filiera". Dopo il grido di dolore degli organizzatori di festival e rassegne ("se il governo non rinnova il decreto entro l'anno, nel 2014 ne avremo il 70 per cento di meno"), degli esercenti delle sale d'essai ("che abbiano un ruolo più democratico"), delle Film Commission ("da razionalizzare, ripensare la funzione") e di Franco Serra (Cartoon Italia: per fare un cartoon ci vogliono 4 anni di lavorazione): "Lavoriamo per il pubblico di domani. Subiamo il sistema francese, da prendere a esempio...", ha concluso il ministro Massimo Bray: "Il cinema, per tornare l'eccellenza che fu, deve intraprendere strade nuove, ha bisogno di mezzi, risorse, tecnologie". Applausi commossi. Finalmente un ministro che riconosce il valore dell'arte della celluloide sia come elemento caratterizzante l'identità di un popolo, che come strumento di dialogo e confronto e come industria che produce cultura, pil, prestigio.