di Antonio Negro. Si stima che la burocrazia in Italia abbia un costo di 30 miliardi di euro e costituisce un freno determinante, sempre che non sia la causa principale, allo sviluppo e alla crescita economica e occupazionale del Paese.
+ Spending review: Saccomanni, risparmi per calo tasse
Proprio in questi giorni la Confagricoltura indica nella burocrazia la prima causa della non competitività delle imprese italiane. Secondo i dati presentati, due giornate alla settimana (cento all'anno) sono dedicate alla macchina burocratica dagli agricoltori: occorrono 9 chili di carta per una pratica di accesso ai Piani di sviluppo rurale (Psr).
Questa palla al piede continua a rallentare il cammino verso la snellimento delle pratiche un pò in tutte le pubbliche amministrazioni. E ciò, nonostante la legge 183/2012 e le circolari ministeriali di semplificazione abbiano eliminato del tutto i certificati per accelerare l'iter delle pratiche da evadere.
Dal 1 gennaio 2012 è vietato chiedere, rilasciare, ricevere certificati nelle pubbliche amministrazioni, nei pubblici uffici di qualunque settore. Anche se si è fatto ogni sforzo per mettere a conoscenza di ciò sia i cittadini che gli stessi impiegati o dipendenti pubblici, la percentuale di coloro i quali continuano a fare o a richiedere certificati è ancora alta, con spreco di tempo e di denaro, appunto.
Questo accade per ignoranza da parte del cittadino e per leggerezza, chiamiamola così, da parte del pubblico impiegato il quale non rischiando nulla di sanzionatorio (solo una nota sullo stato di servizio che nessuno gli metterà mai) continua imperterrito a ricevere e a chiedere certificati e atti aboliti dalla legge.
Ciò che lascia sconcertati in queste vicende è il fatto che spesso tali comportamenti si riscontrano in quegli uffici che, per compito istituzionale, hanno il dovere di fare rispettare le leggi agli altri, ai cittadini: caserme, commissariati, ecc. Persino sui siti nazionali dei Ministeri delle forze dell'ordine vi sono informazioni errate e fuorvianti in questo campo.
Sono frequenti i casi in cui cittadini fanno richiesta di un qualche documento o di una qualche autorizzazione e viene loro chiesto di presentare copia di un qualche certificato in particolare (nel caso del porto armi: certificato di esame venatorio, attestato di abilitazione al tiro, congedo militare...). La legge ha eliminato i certificati proprio per snellire le procedure e ne vieta le richiesta e la presentazione, tanto che proprio sugli stessi vi è riportata, per obbligo, pena la nullità , la seguente dicitura: "Il presente certificato non può essere prodotto alle pubbliche amministrazioni o ai privati esercenti pubblici servizi".
L'impiegato, l'addetto, il funzionario, il pubblico dipendente, il burocrate, ove volesse accertare la veridicità delle dichiarazioni fatte dal cittadino ha l'obbligo di farlo direttamente presso l'ufficio competente della pubblica amministrazione che detiene le notizie relative allo status dichiarato. E questo, come detto sopra, per snellire le pratiche e ridurre il consumo di tempo e di carta. Ma qui scatta il meccanismo perverso, l'italica furbizia, per cui di frequente il cittadino ignaro e timido si sente dire che se presenta il certificato si fa prima, altrimenti la pratica potrebbe saltare il suo turno e “addormentarsi” in attesa che trascorrano i fatidici 90 giorni di tempo per essere evasa, e sempre che bastino (parliamo dei casi accennati sopra).
Nessuna legge in Italia può eliminare la burocrazia, perché è il burocrate che se ne fa interprete. E' lui che in quel momento, nel momento in cui arriva la domanda di un povero cristo, di un cittadino semplice e timoroso, diventa padrone della vita, del destino, del presente, del futuro, dell'esistenza stessa di quel poveraccio che ha avuto la malaugurata idea di fare quella richiesta.
Se gradisce, se gli piace, se gli va, se si fa come egli dice - parliamo sempre del burocrate - se decide di evadere la pratica, quasi a titolo di favore e perché quel giorno sta di luna buona, allora si degnerà di trattare il cittadino come tale e non da pezza da piedi, perché la burocrazia è la burocrazia, e te lo devi mettere in testa.
Naturalmente, tutto ciò è ben motivato dal fatto che se si fa come dice il burocrate, non come dice la legge, si fa prima, quindi si rende un favore, un aiuto al cittadino bisognoso. E poi, non si sa mai che il cittadino abbia dichiarato il falso rischiando anche di incorrere nell'illecito.
Tutti questi ragionamenti perversi non fanno altro che presupporre che il Parlamento fa le leggi senza prevederne le conseguenze, senza chiedere il permesso al burocrate, senza ragionarci sopra: la burocrazia deve essere lenta, altrimenti il burocrate non ha margini di potere da giostrare a seconda delle circostanze.
Il cittadino ignaro di tutte queste cose, non conoscendo le norme e soprattutto abituato a subire le angherie di chi detiene un attimo di potere nei suoi confronti, invece di reagire denunciando queste cose obbedisce in silenzio, anche perché non si sa mai che un domani possa di nuovo avere bisogno per qualche altra cosa. E, quindi, il diritto passa come una pratica elargita a titolo di favore, appunto.
Questo è il dramma della nostra Italia, questa è la differenza con i Paesi Europei ai quali guardiamo e ci vogliamo ispirare. Ecco perché la burocrazia non solo frena lo sviluppo ma affossa la dignità del cittadino, dell'uomo. E nei casi più specifici, è grave che in un qualsiasi ufficio non ci si attenga alle leggi dello stato ma diventa assurdo e incomprensibile che ciò possa avvenire addirittura negli uffici di chi è preposto a pretendere dagli altri il rispetto delle leggi.
E ciò accade più spesso, e incide ancora di più sui modelli sociali e culturali nel Meridione dove lo stato di bisogno porta a forme di soggezione quasi medioevali. Molte famiglie, infatti, hanno il figlio (oggi anche la figlia) in servizio presso le forze armate - o aspirano a tale servizio - o presso le forze dell'ordine, per cui di fronte a una richiesta illegittima di presentare un certificato, il malcapitato corre a portarlo per non rischiare di compromettere, almeno così si ragiona, il futuro e la carriera del proprio figlio, nipote o parente che sia. Il burocrate che si annida dietro la scrivania sa tutto questo e induce il cittadino al suo volere, finendo col farsi prendere dal momentaneo e vuoto fascino del potere piuttosto che dal piacere di rendere un servizio al cittadino, come da diritto. Roba da commedia all'italiana che tanti film ispirò al grande Totò.
Il ministro Alfano farebbe meglio perciò a occuparsi di questi aspetti invece di lasciare il suo Ministero alla gestione della casta dei prefetti, Cancellieri compresa.
L'Italia non farà progressi finché non si risolveranno questi problemi, eliminando alla radice le cause che li determinano: il burocrate che sbaglia volutamente, o impara o deve andare a fare altro.
+ Spending review: Saccomanni, risparmi per calo tasse
Proprio in questi giorni la Confagricoltura indica nella burocrazia la prima causa della non competitività delle imprese italiane. Secondo i dati presentati, due giornate alla settimana (cento all'anno) sono dedicate alla macchina burocratica dagli agricoltori: occorrono 9 chili di carta per una pratica di accesso ai Piani di sviluppo rurale (Psr).
Questa palla al piede continua a rallentare il cammino verso la snellimento delle pratiche un pò in tutte le pubbliche amministrazioni. E ciò, nonostante la legge 183/2012 e le circolari ministeriali di semplificazione abbiano eliminato del tutto i certificati per accelerare l'iter delle pratiche da evadere.
Dal 1 gennaio 2012 è vietato chiedere, rilasciare, ricevere certificati nelle pubbliche amministrazioni, nei pubblici uffici di qualunque settore. Anche se si è fatto ogni sforzo per mettere a conoscenza di ciò sia i cittadini che gli stessi impiegati o dipendenti pubblici, la percentuale di coloro i quali continuano a fare o a richiedere certificati è ancora alta, con spreco di tempo e di denaro, appunto.
Questo accade per ignoranza da parte del cittadino e per leggerezza, chiamiamola così, da parte del pubblico impiegato il quale non rischiando nulla di sanzionatorio (solo una nota sullo stato di servizio che nessuno gli metterà mai) continua imperterrito a ricevere e a chiedere certificati e atti aboliti dalla legge.
Ciò che lascia sconcertati in queste vicende è il fatto che spesso tali comportamenti si riscontrano in quegli uffici che, per compito istituzionale, hanno il dovere di fare rispettare le leggi agli altri, ai cittadini: caserme, commissariati, ecc. Persino sui siti nazionali dei Ministeri delle forze dell'ordine vi sono informazioni errate e fuorvianti in questo campo.
Sono frequenti i casi in cui cittadini fanno richiesta di un qualche documento o di una qualche autorizzazione e viene loro chiesto di presentare copia di un qualche certificato in particolare (nel caso del porto armi: certificato di esame venatorio, attestato di abilitazione al tiro, congedo militare...). La legge ha eliminato i certificati proprio per snellire le procedure e ne vieta le richiesta e la presentazione, tanto che proprio sugli stessi vi è riportata, per obbligo, pena la nullità , la seguente dicitura: "Il presente certificato non può essere prodotto alle pubbliche amministrazioni o ai privati esercenti pubblici servizi".
L'impiegato, l'addetto, il funzionario, il pubblico dipendente, il burocrate, ove volesse accertare la veridicità delle dichiarazioni fatte dal cittadino ha l'obbligo di farlo direttamente presso l'ufficio competente della pubblica amministrazione che detiene le notizie relative allo status dichiarato. E questo, come detto sopra, per snellire le pratiche e ridurre il consumo di tempo e di carta. Ma qui scatta il meccanismo perverso, l'italica furbizia, per cui di frequente il cittadino ignaro e timido si sente dire che se presenta il certificato si fa prima, altrimenti la pratica potrebbe saltare il suo turno e “addormentarsi” in attesa che trascorrano i fatidici 90 giorni di tempo per essere evasa, e sempre che bastino (parliamo dei casi accennati sopra).
Nessuna legge in Italia può eliminare la burocrazia, perché è il burocrate che se ne fa interprete. E' lui che in quel momento, nel momento in cui arriva la domanda di un povero cristo, di un cittadino semplice e timoroso, diventa padrone della vita, del destino, del presente, del futuro, dell'esistenza stessa di quel poveraccio che ha avuto la malaugurata idea di fare quella richiesta.
Se gradisce, se gli piace, se gli va, se si fa come egli dice - parliamo sempre del burocrate - se decide di evadere la pratica, quasi a titolo di favore e perché quel giorno sta di luna buona, allora si degnerà di trattare il cittadino come tale e non da pezza da piedi, perché la burocrazia è la burocrazia, e te lo devi mettere in testa.
Naturalmente, tutto ciò è ben motivato dal fatto che se si fa come dice il burocrate, non come dice la legge, si fa prima, quindi si rende un favore, un aiuto al cittadino bisognoso. E poi, non si sa mai che il cittadino abbia dichiarato il falso rischiando anche di incorrere nell'illecito.
Tutti questi ragionamenti perversi non fanno altro che presupporre che il Parlamento fa le leggi senza prevederne le conseguenze, senza chiedere il permesso al burocrate, senza ragionarci sopra: la burocrazia deve essere lenta, altrimenti il burocrate non ha margini di potere da giostrare a seconda delle circostanze.
Il cittadino ignaro di tutte queste cose, non conoscendo le norme e soprattutto abituato a subire le angherie di chi detiene un attimo di potere nei suoi confronti, invece di reagire denunciando queste cose obbedisce in silenzio, anche perché non si sa mai che un domani possa di nuovo avere bisogno per qualche altra cosa. E, quindi, il diritto passa come una pratica elargita a titolo di favore, appunto.
Questo è il dramma della nostra Italia, questa è la differenza con i Paesi Europei ai quali guardiamo e ci vogliamo ispirare. Ecco perché la burocrazia non solo frena lo sviluppo ma affossa la dignità del cittadino, dell'uomo. E nei casi più specifici, è grave che in un qualsiasi ufficio non ci si attenga alle leggi dello stato ma diventa assurdo e incomprensibile che ciò possa avvenire addirittura negli uffici di chi è preposto a pretendere dagli altri il rispetto delle leggi.
E ciò accade più spesso, e incide ancora di più sui modelli sociali e culturali nel Meridione dove lo stato di bisogno porta a forme di soggezione quasi medioevali. Molte famiglie, infatti, hanno il figlio (oggi anche la figlia) in servizio presso le forze armate - o aspirano a tale servizio - o presso le forze dell'ordine, per cui di fronte a una richiesta illegittima di presentare un certificato, il malcapitato corre a portarlo per non rischiare di compromettere, almeno così si ragiona, il futuro e la carriera del proprio figlio, nipote o parente che sia. Il burocrate che si annida dietro la scrivania sa tutto questo e induce il cittadino al suo volere, finendo col farsi prendere dal momentaneo e vuoto fascino del potere piuttosto che dal piacere di rendere un servizio al cittadino, come da diritto. Roba da commedia all'italiana che tanti film ispirò al grande Totò.
Il ministro Alfano farebbe meglio perciò a occuparsi di questi aspetti invece di lasciare il suo Ministero alla gestione della casta dei prefetti, Cancellieri compresa.
L'Italia non farà progressi finché non si risolveranno questi problemi, eliminando alla radice le cause che li determinano: il burocrate che sbaglia volutamente, o impara o deve andare a fare altro.