Femminicidio e violenza sulle donne, Pastore: “Servono educazione al rispetto, occupazione e cultura”
BARI - L’educazione dei propri figli al rispetto per il prossimo, l’autonomia e l’indipendenza economica delle donne, istruzione e cultura per tutti. Con questi tre strumenti soltanto si può tentare di intervenire sulla violenza di genere.
Le leggi ci sono e servono ma, in mancanza di tanto altro, soprattutto di cambiamenti epocali per i quali ci vorrà troppo tempo per permettersi il lusso di aspettare che arrivino ad avere una efficacia, o in attesa che tutti i territori e, dunque, il Sud e la Puglia abbiano tutti gli strumenti che la legge prevede, queste tre direttrici sono la sola via che può portare al contenimento della violenza, degli episodi di maltrattamento, l’unico modo per emancipare le donne spesso dipendenti anche psicologicamente da mariti e compagni violenti.
Ci sono donne succubi a tal punto dei loro uomini che lasciano, persino, che maltrattino i figli. Dentro di loro si sono costruite, per spirito di sopravvivenza, la convinzione che se lo fanno è giusto, vuol dire che se lo meritano. E certo non ci vuole una laurea in psicologia!
Per fortuna ce ne sono altre, la maggior parte, che proprio davanti a tale eventualità prendono il coraggio a due mani e rompono il silenzio, denunciano, con tutto quello che comporta. Ma non è detto che dalla loro abbiano qualcuno. Può darsi pure che la famiglia d’origine le rimandi indietro, che non abbiano modo di sostenersi da sole e sono costrette a restare, a costo di morire.
Per non parlare delle ragazzine.
Ma perché ci sembra così strano quanto denunciato, a volte in maniera anche pruriginosa, dai media a proposito delle cosiddette “baby squillo”?
Quali esempi hanno avuto? E quale consapevolezza di sé, quegli esempi, hanno favorito? Di quali capacità e talenti?
Manca attenzione reale, concreta a tutto questo. Eppure ci si passa davanti ogni giorno.
Lo vediamo se siamo insegnanti nelle scuole, se siamo amministratori agli uffici dei servizi sociali del comune in cui stiamo, se siamo genitori parlando con i nostri figli dei compagni di scuola e di quello che “si racconta in giro”, se stiamo a casa ascoltando, a volte, quello che succede nella porta a fianco.
E la cosa bizzarra è che mentre, da una parte, la corsa è a “condividere” ogni cosa, anche le più intime, sui social network, su tutto questo c’è il massimo riserbo!
Interventi concreti, questo serve.
Favorire l’occupazione lavorativa delle donne, il lavoro è importantissimo perché non solo rende le donne indipendenti economicamente ma anche perché le rende consapevoli di sé, più sicure e meno succubi.
L’attenzione nelle scuole. Gli insegnanti devono essere sentinelle attente e devono intervenire, nel modi più efficaci.
Le pubbliche amministrazioni, le istituzioni devono favorire momenti di aggregazione e confronto fra gli adolescenti, perché ritrovino i giusti interessi e ricomincino a condividere anche un pizzico di vita reale.
A riferirlo in una nota il consigliere Franco Pastore (Misto/Psi).
Le leggi ci sono e servono ma, in mancanza di tanto altro, soprattutto di cambiamenti epocali per i quali ci vorrà troppo tempo per permettersi il lusso di aspettare che arrivino ad avere una efficacia, o in attesa che tutti i territori e, dunque, il Sud e la Puglia abbiano tutti gli strumenti che la legge prevede, queste tre direttrici sono la sola via che può portare al contenimento della violenza, degli episodi di maltrattamento, l’unico modo per emancipare le donne spesso dipendenti anche psicologicamente da mariti e compagni violenti.
Ci sono donne succubi a tal punto dei loro uomini che lasciano, persino, che maltrattino i figli. Dentro di loro si sono costruite, per spirito di sopravvivenza, la convinzione che se lo fanno è giusto, vuol dire che se lo meritano. E certo non ci vuole una laurea in psicologia!
Per fortuna ce ne sono altre, la maggior parte, che proprio davanti a tale eventualità prendono il coraggio a due mani e rompono il silenzio, denunciano, con tutto quello che comporta. Ma non è detto che dalla loro abbiano qualcuno. Può darsi pure che la famiglia d’origine le rimandi indietro, che non abbiano modo di sostenersi da sole e sono costrette a restare, a costo di morire.
Per non parlare delle ragazzine.
Ma perché ci sembra così strano quanto denunciato, a volte in maniera anche pruriginosa, dai media a proposito delle cosiddette “baby squillo”?
Quali esempi hanno avuto? E quale consapevolezza di sé, quegli esempi, hanno favorito? Di quali capacità e talenti?
Manca attenzione reale, concreta a tutto questo. Eppure ci si passa davanti ogni giorno.
Lo vediamo se siamo insegnanti nelle scuole, se siamo amministratori agli uffici dei servizi sociali del comune in cui stiamo, se siamo genitori parlando con i nostri figli dei compagni di scuola e di quello che “si racconta in giro”, se stiamo a casa ascoltando, a volte, quello che succede nella porta a fianco.
E la cosa bizzarra è che mentre, da una parte, la corsa è a “condividere” ogni cosa, anche le più intime, sui social network, su tutto questo c’è il massimo riserbo!
Interventi concreti, questo serve.
Favorire l’occupazione lavorativa delle donne, il lavoro è importantissimo perché non solo rende le donne indipendenti economicamente ma anche perché le rende consapevoli di sé, più sicure e meno succubi.
L’attenzione nelle scuole. Gli insegnanti devono essere sentinelle attente e devono intervenire, nel modi più efficaci.
Le pubbliche amministrazioni, le istituzioni devono favorire momenti di aggregazione e confronto fra gli adolescenti, perché ritrovino i giusti interessi e ricomincino a condividere anche un pizzico di vita reale.
A riferirlo in una nota il consigliere Franco Pastore (Misto/Psi).