Gianni Cuperlo a Bari, il vero volto della sinistra riprende colore

di Andrea Stano - Hotel Excelsior, Sala Mozart, ore 18. Tra un’oretta circa sul trespolo al microfono parlerà l’ultima incarnazione della sinistra italiana, forse risorta dalle ceneri dopo il baratro che l’aveva inghiottita oramai qualche decennio or sono. Gianni Cuperlo avvolgerà il proprio pubblico con una coperta rassicurante imbottita di principi e valori culturalmente appartenenti all’ideologia della sinistra che fu.

Lui, che indossa da sei anni le vesti del moderato, il passato trascorso nella sinistra radicale (non radical chic) non riesce a scrollarselo di dosso anzi, sollecitato dalla crisi disarmante del nostro Paese, si ripresenta perentoriamente per accompagnarlo nella dura corsa alla presidenza della Segreteria di partito.

Dopo una rassegna di interventi di alcuni dei suoi sostenitori, francamente alquanto prolissi, trai quali il Prof. Franco Cassano, l’imprenditore Michele Laporta, il Vicepresidente ANCE Nicola Bonerba e l’illustre Prof. Enzo Pavan, il candidato Cuperlo prende la parola iniziando una lunga omelia in un clima insolitamente conviviale che susciterà persino qualche intervento di troppo da parte di astanti eccessivamente entusiasmati dai vibranti messaggi di rinnovamento del politico triestino.

Cuperlo ne ha per tutti. Ironizza sui duri attacchi ricevuti ieri sera su la7 ospite a Servizio Pubblico (già Pavan aveva affermato: “Santoro è come Bakunin, vuole distruggere tutti”), così come non mancano le sferzate al principale avversario, Matteo Renzi: “La nostra idea del futuro del Paese è la nostra idea del futuro del partito, questo mi piacerebbe che fosse stato il confronto tra alcuni di noi”. Lo stesso Cassano poco prima aveva tuonato: “Non si parte dal Sud per poi dimenticarsi di parlarne e magari delegare l’argomento a qualche Vicere locale”, con chiaro riferimento al sindaco di Bari Michele Emiliano, apertamente schierato col primo cittadino di Firenze.

Il comizio di Cuperlo, inizialmente, si dipana attraverso rigressioni nella propria vita e della propria carriera politica. “Un partito politico”, dice Cuperlo, “è la sua cultura, la politica è quella passione che personalmente mi colse al liceo, non mi sarei mai aspettato di ritrovarmi ora a spiegare ciò che sto facendo e che non ho mai fatto, forse per il mio carattere, diverso rispetto a tanti anni fa”.

Dopo un simpatico aneddoto su di un particolare episodio della sua vita in cui un dirigente ed intellettuale del PCI gli aveva mostrato i punti deboli di quello schieramento, storicamente predisposto all’autodistruzione, “c’è un capo che si crede migliore di tutti e che poi passerà la mano ad una persona intelligente ma di un gradino sotto fino a giungere all’ultimo testimone cretino che lascerà l’incarico al più intelligente rigenerando il ciclo storico”, prende piede il vero cuore della dissertazione del figlioccio di D’Alema.

“Siamo al sesto anno della crisi più grave degli ultimi 150 anni”, dichiara Cuperlo, “abbiamo perso 9 punti di PIL, uno vale 16 miliardi e la crisi del 29’ ce ne costò solamente 5”, e poi continua, “abbiamo il debito pubblico in valore assoluto più grande d’Europa e il tasso di disoccupazione più elevato degli ultimi 36 anni nonostante siamo ancora la seconda potenza industriale del continente”. I dati snocciolati non finiscono qui, “più di tre milioni di italiani non hanno lavoro e forse hanno smesso di cercarlo perché hanno perso la speranza, altrettanti tre milioni vivono nel precariato con poco più di ottocento euro mensili”, allarmanti le cifre sciolinate che drammaticamente proseguono nell’asserzione, “l’Istat dice che oltre nove milioni di italiani hanno fatto fatica a pagare bollette, riscaldare case e garantire due pasti al giorno alle proprie famiglie”, e conclude con la tragica verità, forse un esempio bizzarro ma che rende davvero l’idea della situazione attuale, “un tempo si metteva l’apparecchio ai denti in questo Paese, ora non si fa più, le famiglie non riescono a permetterselo”.
Ma questa crisi, o meglio, questo “cono d’ombra della storia”, come lo definisce lo stesso Cuperlo, a cosa è dovuto? E qui emerge l’indole puramente comunista del politico friulano che addita tutte le colpe all’ideologia della destra e alla sua “particolare concezione politica ed economica che ha collassato il sistema”.

“Loro”, dice Cuperlo in riferimento agli uomini di destra, “hanno preso una teoria economica e l’hanno trasformata in scienza esatta”. “Sempre loro”, continua, “hanno rovesciato il rapporto tra politica ed economia perché prima era la politica a dettare i confini ma adesso è l’economia speculativa a dominare, quella che per cui contano solo i dividenti, i valori della borsa e non i diritti dei lavoratori”.
Marxismo a tutto spiano per il politico 52enne per cui “la destra non ha più risposte me la sinistra è in grado di realizzare un nuovo ciclo storico reggendosi sulla centralità della persona”.

Triste ricordo del 3 ottobre 2013, il disastro di Lampedusa, “una tragedia che ha raccontato anche un pezzo di noi”. “C’è stato il vuoto in questi ultimi 20 anni, con la teoria del sangue e della terra, col reato di clandestinità, noi crediamo nella coscienza civile, nell’etica pubblica, nell’uguaglianza e nella redistribuzione”.

Tra una citazione e l’altra, spaziando da Gramsci a Bobbio passando persino da Checco Zalone, irretendo, qualora ce ne fosse ancora bisogno, il pubblico barese, Cuperlo alza la voce ed esclama compiaciuto “noi siamo la sinistra, per una rivoluzione morale e civile non serve un partito che sia piccolo o grande, l’importante è che parli la mia lingua”. A certe affermazioni scaturiscono ovazioni fantozziane.

“Siamo un grande paese, per storia, politica e tradizione”, Cuperlo passa alla stilizzazione del Belpaese e degli italiani, risorsa da coltivare, “l’Italia è in grado di affrontare i problemi e trarre il meglio da sé, abbiamo ridotto la spesa per la ricerca ma abbiamo scienziati trai più invidiati al mondo, siamo coloro che hanno inventato il primo pc prima ancora che Jobbs avesse il suo garage, siamo coloro che hanno inventato il primo farmaco antitumorale negli anni cinquanta”.

In chiusura, dopo qualche accenno alla scalata nei sondaggi, “a luglio avevamo il 4%, a settembre il 12, ora siamo arrivati a 39.5%” la frase finale della sua lunga filippica, “per recuperare le generazioni dei ventenni o trentenni, non possiamo dire, vieni con noi che siamo i migliori, abbiamo perso l’autorità per dirlo, ma dovremo dire, vieni con noi che siamo la parte giusta”.

La mitizzazione della sinistra termina così. Tra un boato e l’altro l’elettorato di centrosinistra ha forse trovato in Cuperlo il vero uomo su cui poter rinascere appigliandosi alle proprie storiche radici, forse dimenticate, forse ignorate.

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