Giuranno superstar, da Taviano al Festival di Roma

di Francesco Greco.
TAVIANO (LE) – “Di là, da quella parte: sono in due…”. Tommaso Giuranno è uno degli abitanti del paese del Sud che dà la caccia ai quattro banditi che hanno rubato “La Santa” (nello specifico Santa Vittoria, protettrice dei contadini), nel film del regista brindisino Cosimo Alemà presentato con successo all’ottava edizione del Festival del Cinema di Roma (8-17 novembre). E’ nascosto dietro un muretto di pietre a secco, fra gli ulivi e imbraccia il fucile, con lo sguardo spiritato…

   E’ l’ultimo ruolo interpretato dal bravo attore leccese (è nato nel 1940 a Taviano, ma ha visuto anche nella vicina Melissano, ora sta in una casa nel centro storico, è padre di due figli di cui và fiero, è nonno ma purtroppo separato dalla moglie che vive in Sardegna: si sono conosciuti quando lui faceva il carabiniere, dopo 6 anni si congedò: la divisa non faceva per lui).

   Una vita avventurosa, segnata da eventi belli e non, addolcita però dalla passione per l’arte: oltre alla recitazione, Giuranno canta da baritono: prese lezioni a Roma e poi a Cagliari dalla maestra Gorini-Magenta. Ha in repertorio, fra le altre, le più belle canzoni di Napoli (“Torna a Surriento”, “Dicitincello vuje”, “O sole mio”). A 15 anni ha già una bella voce. Una sera si esibisce, uno spettatore dice al vicino di sedia: “Che fortuna avere un figlio  così…”. L’altro annuisce, sorridendo: è suo padre.

   Oggi continua a recitare con la passione di sempre, a teatro e al cinema e coltiva l’uliveto di piante secolari, verso Gallipoli: “Me li ha lasciati in eredità mio padre…”, si commuove.

   Il cellulare squilla di continuo, i registi lo chiamano. Anche quelli della pubblicità: l’anno scorso ne ha fatta una a Modugno (Bari). Un altro lo girò a Ostuni (Brindisi). Ma è il cinema che gli ha dato fama mondiale. A fine mese sarà distribuito nel mondo, in streaming, “Totem Blue”, l’opera prima del regista leccese Massimo Fersini: lì Giuranno (con lui nella foto, nell’altra è con altri due attori, fra cui Giuseppe Portaccio) interpreta il padre di Massimo, il protagonista (il casting si svolse a Lecce).
   Nel curriculum un sacco di cinema d’autore. Ecco alcuni film: “Hermano”, di Giovanni Robbiano, interpretato fra gli altri da Paolo Villaggio: fu girato anche al “Ciolo”; “Welcome Albania”, di Fabrizio Cortese; “Mine vaganti”, di Ferzen Ozpetek (con Alesssandro Preziosi e Elena Sofia Ricci); “Eccezziunale veramente 2 ”, di Carlo Vanzina, con Diego Abatantuono; “Il Giudice Mastrangelo”, fiction con Abatantuono firmata da Enrico Oldoini; “Tramonto rosso”, di Giulio Neglia; “Dimenticare mio padre”, di Antonio Miglietta; “Così sia”, di Gianni De Blasi (corto di 20 minuti).

   Giuranno nasce attore teatrale, autodidatta, in lingua e in vernacolo: una scuola che gli ha insegnato tutto. Comincia da ragazzo e dopo due spettacoli è nel cast della “Passione di Cristo”: interpreta il protagonista: ha 32 anni. Una sera  a Genova, al teatro “Macrì”, il baritono si ammala e il regista lo butta sul palcoscenico, fa il Rigoletto: applausi a non finire. Poi al cineteatro “Fasano” (di Taviano) “Un terno al lotto”, un classico dialettale del leccese Raffaele Protopapa e “Un fidanzamento d’altri tempi”, di Rossella Coppola (sempre in dialetto). Una sera interpretò il vecchio cattivo: ci mise così tanto pathos che l’altro protagonista, un bambino, scoppiò a piangere: “Dovetti calmarlo con un gelato…”, sorride Tommaso. Qualche anno fa fece “U consulu”, di Mirko Carangelo: glielo dissero il giorno prima, gli diedero il testo: non battè ciglio. Diede un’occhiata e la sera improvvisò per 45 minuti. Venne giù il teatro.

   Giuranno è molto popolare, la gente del paese gli vuole bene: è un maestro dell’arte che svela l’animo dell’uomo.

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