BARI - Ilva, il dibattito in Consiglio regionale
Il dibattito in aula
Giammarco Surico. Abbiamo chiesto al presidente Vendola di relazionare su quanto stava accadendo. In gioco non c’è solo la credibilità di una persona ma quella di un’intera istituzione. Ricordare ciò che è stato fatto in Giunta e in Consiglio regionale dal 2005 in poi è importante per far desistere dalla tentazione di essere giustizialisti o garantisti a corrente alternata, soprattutto quando a giudicare è il potere mediatico. Tornando alla questione della telefonata, occorre concentrarsi su quale fosse il fine: il presidente Vendola ha confermato la sua preoccupazione per il rischio ambientale, ma soprattutto per la questione del lavoro. Si tratta di un’equazione difficile da far quadrare, quando si devono contemperare tutela della salute, dell’ambiente e del lavoro. Quello che la Regione Puglia ha fatto in termini di leggi e regolamenti è motivo di vanto, e l’operato di una persona non può essere giudicato da un’intercettazione: vanno piuttosto chiarite le motivazioni e valutate le consizioni che hanno portato a determinate scelte.
Roberto Ruocco. E’ necessario porre il problema in termini diversi e capire perché il dibattito non è nato all’indomani dell’inchiesta giudiziaria, ma solo successivamente alla diffusione delle intercettazioni. Nella telefonata del presidente Vendola ciò che è politicamente rilevante è il passaggio in cui dice “io non mi sono defilato”: una dichiarazione che stride con l’immagine rivoluzionaria ed ammaliante di “diverso, sovversivo, pericoloso” con cui affrontò e vinse le elezioni del 2005 e che in qualche modo sancisce la chiusura di un ciclo politico. E’ arrivato il momento che Vendola lo riconosca.
Euprepio Curto. Più che attaccare il presidente Vendola sulla questione delle intercettazioni, ritengo più opportuno affrontare la discussione sotto il profilo istituzionale e politico: in primis quello dell’opportunità di un presidente di Regione di ricercare a tutti i costi “consensi unanimi” e di essere animato da “passioni trasversali”. Il motivo per cui Vendola va attaccato e censurato è la sua ripetuta assenza dagli impegni politici regionali, ai quali preferisce la ribalta nazionale, tradendo così il patto di fiducia con i cittadini pugliesi, ai quali continua a vendere bugie per ricostruire una credibilità che in questo momento è al minimo storico.
Francesco Damone. Non sarà un’intercettazione distorta ad oscurare l’operato “trasparente” del presidente Vendola: la credibilità si acquista con l’impegno, così come egli ha dimostrato di saper fare in questi anni. Non dobbiamo consentire che si perda il rispetto per le istituzioni, e per questo è necessario un discorso serio e approfondito su quale sia il compito della classe politica stretta come in questo caso, tra la necessità di tutelare l’ambiente e l’esigenza di assicurare posti di lavoro.
Il dibattito in aula
Giammarco Surico. Abbiamo chiesto al presidente Vendola di relazionare su quanto stava accadendo. In gioco non c’è solo la credibilità di una persona ma quella di un’intera istituzione. Ricordare ciò che è stato fatto in Giunta e in Consiglio regionale dal 2005 in poi è importante per far desistere dalla tentazione di essere giustizialisti o garantisti a corrente alternata, soprattutto quando a giudicare è il potere mediatico. Tornando alla questione della telefonata, occorre concentrarsi su quale fosse il fine: il presidente Vendola ha confermato la sua preoccupazione per il rischio ambientale, ma soprattutto per la questione del lavoro. Si tratta di un’equazione difficile da far quadrare, quando si devono contemperare tutela della salute, dell’ambiente e del lavoro. Quello che la Regione Puglia ha fatto in termini di leggi e regolamenti è motivo di vanto, e l’operato di una persona non può essere giudicato da un’intercettazione: vanno piuttosto chiarite le motivazioni e valutate le consizioni che hanno portato a determinate scelte.
Roberto Ruocco. E’ necessario porre il problema in termini diversi e capire perché il dibattito non è nato all’indomani dell’inchiesta giudiziaria, ma solo successivamente alla diffusione delle intercettazioni. Nella telefonata del presidente Vendola ciò che è politicamente rilevante è il passaggio in cui dice “io non mi sono defilato”: una dichiarazione che stride con l’immagine rivoluzionaria ed ammaliante di “diverso, sovversivo, pericoloso” con cui affrontò e vinse le elezioni del 2005 e che in qualche modo sancisce la chiusura di un ciclo politico. E’ arrivato il momento che Vendola lo riconosca.
Euprepio Curto. Più che attaccare il presidente Vendola sulla questione delle intercettazioni, ritengo più opportuno affrontare la discussione sotto il profilo istituzionale e politico: in primis quello dell’opportunità di un presidente di Regione di ricercare a tutti i costi “consensi unanimi” e di essere animato da “passioni trasversali”. Il motivo per cui Vendola va attaccato e censurato è la sua ripetuta assenza dagli impegni politici regionali, ai quali preferisce la ribalta nazionale, tradendo così il patto di fiducia con i cittadini pugliesi, ai quali continua a vendere bugie per ricostruire una credibilità che in questo momento è al minimo storico.
Francesco Damone. Non sarà un’intercettazione distorta ad oscurare l’operato “trasparente” del presidente Vendola: la credibilità si acquista con l’impegno, così come egli ha dimostrato di saper fare in questi anni. Non dobbiamo consentire che si perda il rispetto per le istituzioni, e per questo è necessario un discorso serio e approfondito su quale sia il compito della classe politica stretta come in questo caso, tra la necessità di tutelare l’ambiente e l’esigenza di assicurare posti di lavoro.
Tags
Politica