dal nostro inviato Francesco Greco.
ROMA - Tenero, commuovente "tribute" del cinema Usa ai "padri" del cinema italiano. Da Martin Scorsese a Francis Ford Coppola, i grandi cineasti americani non hanno mai nascosto la loro ammirazione e devozione per Fellini, Pasolini, Germi, De Sica, ecc. Le loro opere sono state studiate, analizzate, destrutturate con la passione dell'entomologo, e nutrono il loro immaginario, i loro capolavori.
Ora quel sentimento prende corpo in una short-story (appena 8 minuti), "Castello Cavalcanti", firmato da Wes Anderson, girato a Cinecittà , prodotto da Roman Coppola per Prada (e infatti da poche ore si può scaricare sul sito della griffe), interpretato da Giada Colagrande e Jason Schwartzman e presentato in un'affollatissima conferenza-stampa (con visione in anteprima mondiale).
Il corto dunque, sul filo della memoria, che si trasfigura in nostalgia, è composto da una serie di citazioni che dovrebbero essere un omaggio al grande cinema italiano ma anche una sorta di italian graffiti che contiene la nostra anima, dall'aspetto culturale, antropologico, sociologico, ecc. Questo elemento ha fatto storcere il naso a molti cinefili, che hanno parlato di luoghi comuni sull'Italia. Il rischio era davvero quello: ma la mano ferma di Anderson ha evitato lo scantonamento nel dozzinale: non perché gli Usa ci vedono così, ma perché in fondo il patrimonio genetico italian style è cattolico, passionale, sentimentale.
Ecco allora il prete e il paparazzo, l'osteria e il caffè dove la barista è una citazione della tabacc0aia felliniana prosperosa di "Amarcord". La storia contiene la passione per le facce "anomale" di Fellini, il gusto per il popolo di De Sica, i visi intensi dei proletari di Germi, le borgate vitali di Pasolini in un gioco delizioso di echi e rimandi sul filo della memoria davvero intrigante. "Negli ultimi dieci anni siamo stati più volte in Italia, a Cinecittà - spiega Anderson - e abbiamo visto i film di Germi, Signore e signori ci è piaciuto tantissimo e di Fellini e gli altri grandi autori. L'idea è nata vedendo una scena di Amarcord. Abbiamo usato un pezzo della scenografia della Dolce Vita...". Aggiunge Roman Coppola: "Ci piaceva il fatto che Germi e Fellini passavano lunghi periodi con la gente che poi finiva nelle loro opere...".
Il film italiano visto di recente? "Gomorra, ma adoriamo anche i film di Nanni Moretti". A quale progetto lavora? "Un film girato in Germania e in Polonia, la storia di un portiere ripresa dal romanzo di Stephen Zweig". Se dovesse rappresentare, chiediamo infine a Wes Anderson, l'Italia di oggi, che genere userebbe? "L'horror!", risponde d'istinto. Sala Petrassi viene giù dagli applausi di approvazione. Da Fellini e De Sica a Dudù e Brunetta: la decadenza è, come dire, solare, ontologica, delirante.
ROMA - Tenero, commuovente "tribute" del cinema Usa ai "padri" del cinema italiano. Da Martin Scorsese a Francis Ford Coppola, i grandi cineasti americani non hanno mai nascosto la loro ammirazione e devozione per Fellini, Pasolini, Germi, De Sica, ecc. Le loro opere sono state studiate, analizzate, destrutturate con la passione dell'entomologo, e nutrono il loro immaginario, i loro capolavori.
Ora quel sentimento prende corpo in una short-story (appena 8 minuti), "Castello Cavalcanti", firmato da Wes Anderson, girato a Cinecittà , prodotto da Roman Coppola per Prada (e infatti da poche ore si può scaricare sul sito della griffe), interpretato da Giada Colagrande e Jason Schwartzman e presentato in un'affollatissima conferenza-stampa (con visione in anteprima mondiale).
Il corto dunque, sul filo della memoria, che si trasfigura in nostalgia, è composto da una serie di citazioni che dovrebbero essere un omaggio al grande cinema italiano ma anche una sorta di italian graffiti che contiene la nostra anima, dall'aspetto culturale, antropologico, sociologico, ecc. Questo elemento ha fatto storcere il naso a molti cinefili, che hanno parlato di luoghi comuni sull'Italia. Il rischio era davvero quello: ma la mano ferma di Anderson ha evitato lo scantonamento nel dozzinale: non perché gli Usa ci vedono così, ma perché in fondo il patrimonio genetico italian style è cattolico, passionale, sentimentale.
Ecco allora il prete e il paparazzo, l'osteria e il caffè dove la barista è una citazione della tabacc0aia felliniana prosperosa di "Amarcord". La storia contiene la passione per le facce "anomale" di Fellini, il gusto per il popolo di De Sica, i visi intensi dei proletari di Germi, le borgate vitali di Pasolini in un gioco delizioso di echi e rimandi sul filo della memoria davvero intrigante. "Negli ultimi dieci anni siamo stati più volte in Italia, a Cinecittà - spiega Anderson - e abbiamo visto i film di Germi, Signore e signori ci è piaciuto tantissimo e di Fellini e gli altri grandi autori. L'idea è nata vedendo una scena di Amarcord. Abbiamo usato un pezzo della scenografia della Dolce Vita...". Aggiunge Roman Coppola: "Ci piaceva il fatto che Germi e Fellini passavano lunghi periodi con la gente che poi finiva nelle loro opere...".
Il film italiano visto di recente? "Gomorra, ma adoriamo anche i film di Nanni Moretti". A quale progetto lavora? "Un film girato in Germania e in Polonia, la storia di un portiere ripresa dal romanzo di Stephen Zweig". Se dovesse rappresentare, chiediamo infine a Wes Anderson, l'Italia di oggi, che genere userebbe? "L'horror!", risponde d'istinto. Sala Petrassi viene giù dagli applausi di approvazione. Da Fellini e De Sica a Dudù e Brunetta: la decadenza è, come dire, solare, ontologica, delirante.