Elisa J. Fattori, “la nuova Eleonora Duse del teatro italiano”

di Francesco Greco.
ROMA – Per la critica più esigente, sofisticata, è “la nuova Eleonora Duse del teatro italiano”. Per il pubblico, che la adora e da anni corre a vederla e la applaude, è una piccola star incamminata sul viale di una grande carriera. “Lascerà il segno”, sostengono i fans ammaliati all’uscita di ogni suo spettacolo.

   Ne ha fatta di strada Elisa Josefina Fattori (foto) da quando, nel 2000, buttò le sue cose in un trolley, andò al “Valerio Catullo” (è nata a Verona, a due passi dal celebre balcone di Giulietta e Romeo) e prese l’aereo per Bologna per dare sfogo alla passione innata che aveva sin da bambina: la recitazione, il palcoscenico, l’arte antica che naviga nel cuoee dell’uomo. Da allora non si è più fermata: i registi la cercano, il teatro con la “t” maiuscola la contende al cinema d’autore.
   Una solida preparazione di base (il metodo Lee Strasberg, Actor’s Studio: recita in italiano e in inglese, ma anche nella lingua di Goldoni), un buon carattere, una personalità spiccata, molto carisma, una determinazione e una disciplina ferrea le hanno aperto i teatri italiani. E le consentono di passare dal ruoli brillanti a quelli drammatici, dai classici agli autori contemporanei, dal teatro sperimentale all’avanguardia, risolvendo il suo mood in un delizioso eclettismo raro in Italia dove impera il genere e il manierismo. L’attrice veneta al contrario possiede un format tutto suo, un approccio del tutto personale che la rende riconoscibile fra tante.

   Bella è bella: il corpo scolpito da danza e fitness, la pelle nivea, lo sguardo caldo e dolce ma anche deciso (“ho gli occhi marroni”), il sorriso timido di bambina e al contempo di donna: ha il magnetismo dell’“animale” e quando padroneggia il palcoscenico incanta, fa tenerezza. Sa infondere ai personaggi luci e ombre, lavora dando loro intensità e spessore psicologico, leggerezza, vitalità, sensualità, rileggendoli con un pathos che conquista e tiene avvinti alla sedia, una password intrigante, tutta sua: chissà che direbbe Anton Čechov nel vedere la “sua” fredda ma appassionata vedova Popova o l’inquieto Dino Campana nel sentir recitare i suoi versi “orfici”.

   Una carriera che si sviluppa intervallando studio, approfondimenti e performance sul palcoscenico: Elisa è una perfezionista, molto esigente con se stessa. Respira la polvere delle tavole del teatro, si diverte giocando col fantasma che si aggira fra i cupi velluti delle quinte. Appena si abbassano le luci diventa un’altra, la pelle sfavilla, il corpo freme di forza, lo sguardo si allaga di luce gioiosa, l’istinto affiora e straripa, magnetico, incontenibile, commuovente…
   Dal 2000 al 2004 si diploma in recitazione alla Scuola-Teatro “Bibiena” di Bologna. Fra 2002 e 2004 consegue il diploma di recitazione e regia all’Accademia Teatro “Colli”, sempre a Bologna. Del 2006 – sempre nella città di Dalla e Roversi - la laurea al Dams (Diploma Arte, Musica e Spettacolo, indirizzo Cinema, Facoltà Lettere e Filosofia, 110 e lode).

   Stage di perfezionamento nel suo fitto curriculum-vitae: a Roma, Verona, Bologna, Milano, Cagliari. Una cultura così solida, intensa, sfaccettata, le permette di abbordare qualsiasi testo, impadronirsene, metabolizzarlo: anche il più ispido e barocco. Piacerebbe un sacco a Carmelo Bene, a Jonesco, ad Arthur Miller. Da Shakespeare (“Riccardo III” e “Macbeth”) a Schnitzler (“Girotondo”), da Jean Genet (“Le serve”) a Sam Shepard (“Pazzo d’amore”). E poi Aristofane, Euripide (“Le Baccanti”) e Dante (“La selva dei suicidi”, il canto XIII dell’Inferno). Poteva mancare il conterraneo Goldoni? La sua surreale ironia, i quoi pro quo sparsi qua e là. L’immortale “Locandiera” e “Le smanie per la villeggiatura”. E Anton Čechov: “Le richieste di Anton” (riproposto con successo a “Le Salette”, Roma), “Il Gabbiano”, “Zio Vanja”.

   Ovunque applausi, consensi, affetto per questa ragazza all’apparenza fragile ma con una volontà granitica. Incluso il reading di poesie e testi teatrali l’estate scorsa sulle rive del Tevere nella rassegna “Tenera è la notte”, con la Compagnia A.l.t.e.a. E due film: la short-story di Marco Grosoli “Purificati” (2005) e nel 2006 “4.4.2.”, di Claudio Cupellini (nell’episodio “La donna del Mister”).    

   Ora, con l’anno nuovo, Elisa J. Fattori è attesa da un’altra delle sfide che si dà ogni giorno da quando è sbarcata a Roma e ha dovuto imparare a gestirsi, come attrice e come donna: con la Compagnia “Skenèxodia” sarà la protagonista di “Adina Riposa al Buio”, un testo che definisce “molto particolare” (“mi raccomando – dice al cellulare - non correggere le maiuscole!”), di Luca Guerini, stagione 2013-2014 (patrocinio: Comuni di Civitavecchia, Morciano di Romagna, Tolfa). Il 27 e 28 gennaio è al Teatro “Manhattan” di Roma (via del Boschetto, 50, teatromanhattan@libero.it). Stretto top-secret il plot della storia fino alla sera della “prima”.
   Che si spengano le luci…
 

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