di Pierpaolo De Natale - Persiste la protesta scoppiata domenica sera, che paralizza numerose località italiane con gravose conseguenze su lavoro, ordine pubblico e trasporti.
+ Nel Barese situazione più tranquilla. Procura Trani apre inchiesta
Conosciuto ai più come “Movimento dei forconi”, il gruppo nacque in Sicilia al termine del 2011 in risposta agli eccessivi tagli subiti dalla classe politica.
Sorta come manifestazione di autotrasportatori, agricoltori e disoccupati siciliani, la rivolta si affermò prontamente, bloccando le principali vie di comunicazione dell’isola.
Trascorsi circa due anni, ecco che il movimento è ritornato all’attacco. Molti i motivi che hanno acceso la folla e altrettanto sostenuto il numero di città in subbuglio.
La rivolta è in rapida espansione e, oltre che in Sicilia, si sono fino ad ora registrati blocchi e disagi in Veneto, Lazio e Puglia.
È da ben cinque giorni che i Forconi fanno sentire la propria voce e questa mattina sono state occupate due piazze centrali di Torino - capoluogo piemontese, focolaio delle agitazioni peninsulari - che dal 9 dicembre vive in grande tensione. Nel mirino dei manifestanti: piazze, stazioni, strade statali e, da qualche giorno, la sede torinese di Equitalia.
L’intero stivale è invaso dall’onda dei rivoltosi e la Puglia non è estranea al tumulto.
La protesta ha avuto inizio lunedì scorso, con un corteo che, partendo dalla Prefettura di Bari, ha interessato alcune vie del centro cittadino. Nei giorni seguenti sono sorti presidi sulla statale 16 nei pressi di Barletta e sulla provinciale 231, all’altezza di Ruvo di Puglia. Sono state inoltre registrate irruzioni nelle ditte della zona industriale di Molfetta e sbarramenti dei binari ferroviari di Cerignola e Bisceglie.
Attivo da quattro giorni e quattro notti risulta, invece, il blocco sulla tangenziale di Bari, uscita Carrassi.
La situazione, alquanto drastica, ha mosso l’interesse nelle aule di Montecitorio e Palazzo Madama. Il vice premier Alfano ha parlato di rischio di una «deriva ribellistica», mentre il neosegretario del Pd, Matteo Renzi, ha augurato «si limitino a protestare in città in modo civile».
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Conosciuto ai più come “Movimento dei forconi”, il gruppo nacque in Sicilia al termine del 2011 in risposta agli eccessivi tagli subiti dalla classe politica.
Sorta come manifestazione di autotrasportatori, agricoltori e disoccupati siciliani, la rivolta si affermò prontamente, bloccando le principali vie di comunicazione dell’isola.
Trascorsi circa due anni, ecco che il movimento è ritornato all’attacco. Molti i motivi che hanno acceso la folla e altrettanto sostenuto il numero di città in subbuglio.
La rivolta è in rapida espansione e, oltre che in Sicilia, si sono fino ad ora registrati blocchi e disagi in Veneto, Lazio e Puglia.
È da ben cinque giorni che i Forconi fanno sentire la propria voce e questa mattina sono state occupate due piazze centrali di Torino - capoluogo piemontese, focolaio delle agitazioni peninsulari - che dal 9 dicembre vive in grande tensione. Nel mirino dei manifestanti: piazze, stazioni, strade statali e, da qualche giorno, la sede torinese di Equitalia.
L’intero stivale è invaso dall’onda dei rivoltosi e la Puglia non è estranea al tumulto.
La protesta ha avuto inizio lunedì scorso, con un corteo che, partendo dalla Prefettura di Bari, ha interessato alcune vie del centro cittadino. Nei giorni seguenti sono sorti presidi sulla statale 16 nei pressi di Barletta e sulla provinciale 231, all’altezza di Ruvo di Puglia. Sono state inoltre registrate irruzioni nelle ditte della zona industriale di Molfetta e sbarramenti dei binari ferroviari di Cerignola e Bisceglie.
Attivo da quattro giorni e quattro notti risulta, invece, il blocco sulla tangenziale di Bari, uscita Carrassi.
La situazione, alquanto drastica, ha mosso l’interesse nelle aule di Montecitorio e Palazzo Madama. Il vice premier Alfano ha parlato di rischio di una «deriva ribellistica», mentre il neosegretario del Pd, Matteo Renzi, ha augurato «si limitino a protestare in città in modo civile».