“Mandela? Una grande luce nera…”

di Francesco Greco.
ROMA – “Nelson Mandela? Una grande luce nera…”. Nel giorno della commemorazione che ha richiamato a Johannesburg i Capi di Stato di tutta la Terra, parla l’artista Roberto Panico, salentino di nascita (Racale, Lecce) e romano d’adozione. Da 50 anni coltiva il sogno della “Polis Universale”, un monumento alto quanto un obelisco, una piramide, una guglia nato da una “visione” che ebbe da ragazzo, a Torre Suda, il mare di Racale (incantevole scogliera fra Gallipoli e Leuca) e che “nasce – spiega - dall’incrocio di due secoli per formare il terzo”.

   Che cos’è la “Polis”? Nella modulazione di Panico è un luogo di culto interconfessionale e interrazziale, un’agorà dove tutti i popoli della Terra, al di là dell’etnia di provenienza e della fede religiosa che li distingue, si incontreranno per dialogare, condividere i valori della socialità, della pacifica coesistenza.

La 'polis universale' di Panico
   E’ un monumento che Panico ha previsto in due location ben distinte: a Roma, nella piazza centrale di un quartiere periferico (Torbellamonaca), e a Torre Suda, in Salento, anche come forma di “tribute” alla terra in cui è nato, a cui è riconoscente (e che ricorda in ogni perfomance artistica) e dove in un giorno di marzo del 1964 vide un’enorme colonna d’acqua sollevarsi maestosa dal mare, indugiare nell’aria e poi correre verso la costa della Calabria. Per la realizzazione, da anni è in corso un pour-parler con il Comune di Roma e con quello di Racale.

   Non c’è bisogno di ulteriori decodificazioni e di astratte teorie per affermare che il messaggio che “Madiba” Mandela lascia all’umanità si sovrappone semanticamente a quello multiforme della “Polis Universale”. Il grande leader sudafricano morto lo scorso 5 dicembre si è battuto per tutta la vita per far convivere le infinite etnie del Sudafrica e le altrettanto numerose appartenenze religiose alla base della feroce “apartheid” che ha atomizzato per secoli la società, sudafricana, africana, in ogni parte del mondo.

   Il suo mantra è divenuto poi (lo ha riconosciuto anche Barack Obama nel suo discorso stamane a Jhoannesburg) quello di tutti i popoli della Terra in lotta contro il razzismo, la segregazione, la discriminazione, l’esclusione. Anche se non sarà facile gestire il patrimonio di valori lasciato dal leader nero: come tutti i valori con la maiuscola (libertà, democrazia, progresso, ecc.), essi sono di continuo messi in discussione e vanni difesi quotidianamente dalle generazioni che li ereditano.
   A sostanziare la contiguità del messaggio di Mandela e della “Polis” teorizzata dall’artista pugliese, se quanto sinora spiegato non fosse sufficiente, ci sono elementi oggettivi. Il bozzetto è stato benedetto, in questi ultimi anni (precisamente dal 1997 al 2004), dai Capi delle principali religioni del mondo: Sua Santità Giovanni Paolo II (cattolici), Sua Eminenza Mahmoud Hammad Scheweita (musulmani), il rabbino Elio Toaff (ebrei: mai avevano benedetto simboli che non fossero i loro), il Patriarca Cirillo I (all’epoca metropolita di Mosca, ortodossi), perfino il Dalai Lama.

   “Si, per tutti i neri del mondo Mandela è stato una grande luce nera – afferma Panico – ma tutti noi, tutti i popoli, l’umanità dobbiamo essergli grati per averci donato il suo dna spirituale e sociale: basta questo a collocarlo nella Storia. Gli saremo eternamente riconoscenti: ora sta a noi inoltrarci sulla scia del suo pensiero per crescere come comunità e come singoli individui. Dalla sua sofferenza e dal suo coraggio è nato un insegnamento universale: un nuovo ordine mondiale è possibile: possiamo vivere in pace, da fratelli…”.

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