di Vittorio Polito - Il ciclo natalizio, che rappresenta la principale festività dell’anno, parte dal solstizio d’inverno (il giorno più corto dell’anno) e termina con l’Epifania. L’evento, che appartiene all’anno liturgico cristiano in cui si ricorda la nascita di Gesù, viene ricordato, nella cristianità occidentale, il 25 dicembre, mentre in quella orientale il 6 gennaio.
Qual’è l’origine della natività ? Pare considerata nell’ottica di una importante festa pagana, la celebrazione del ‘Sol invictus’, dio del Sole e signore dei pianeti. Il Messia veniva spesso descritto come ‘Sole di giustizia’ e lo stesso Vangelo ne parla, a volte, paragonandolo al Sole. Ecco la preferenza per il 25 dicembre, data, anche se probabilmente non esatta, è stata scelta per la necessità di contrapporre una festa cristiana ad una pagana nel momento in cui si diffondeva una nuova religione, il Cristianesimo.
In Palestina ed a Gerusalemme, invece, fino al V secolo era comunque l’Epifania ad essere festeggiata in memoria della nascita di Cristo. Storici famosi come Clemente Alessandrino propendevano per il 6 o il 10 gennaio, altri addirittura per il 25 marzo. Nell’antica Roma, dal 17 al 24 dicembre, si festeggiavano i Saturnali in onore di Saturno, dio dell’agricoltura, un periodo in cui si viveva in pace, si scambiavano doni, venivano abbandonate le divisioni sociali e si facevano sontuosi banchetti.
Nel 274 d.C. l’Imperatore Aureliano decise che il 25 dicembre si festeggiasse il Sole, da cui nasce la tradizione del ceppo natalizio, ceppo che nelle case doveva bruciare per 12 giorni consecutivi e doveva essere preferibilmente di quercia, un legno propiziatorio. Il ceppo natalizio nei nostri giorni si è trasformato nelle luci e nelle candele che oggi addobbano case, alberi, e strade.
Ai giorni nostri il Natale deriva da tradizioni borghesi del secolo scorso, con simboli e usanze sia di origine pagana che cristiana. Negli anni recenti, il Natale, festa prettamente cristiana, è diventata occasione per una corsa al consumismo, un festeggiamento frenetico, sostituendosi da un clima di celebrazione e di riflessione a una gara commerciale, facendo intervenire spesso la Chiesa a promuovere con incisione il significato religioso.
Il pranzo di Natale per tradizione viene consumato in casa e varia a seconda dei paesi. Abbiamo anche una ricchezza di dolci preziosi e prelibati, che ricordano spesso simboli solari o tradizioni rurali; i dolci spesso richiedono lunghi preparativi e la lavorazione viene fatta diversi giorni prima.
La serie di festeggiamenti continua con il cenone di fine anno, e dopo la breve euforia di pranzi, brindisi, auguri e abbracci, si fa una pausa di riflessione nella giornata di Capodanno. Il primo giorno dell’anno, festa di rinnovamento, viene celebrata in tutte le civiltà ed è caratterizzata da rituali che simbolicamente chiudono un ciclo annuale e inaugurano quello successivo.
Infine arriva l’Epifania, una delle principali feste cristiane, la cui celebrazione ricorre il 6 gennaio. Nata nella regione orientale per commemorare il battesimo di Gesù, fu presto introdotta in occidente dove assunse contenuti religiosi diversi, come la celebrazione delle nozze di Cana e il ricordo dell’offerta dei doni dei Magi nella grotta di Betlemme. Quest’ultimo aspetto sovrapponendosi a precedenti tradizioni folcloriche, ha determinato la nascita della figura della Befana che distribuisce doni..
I Magi, che non erano maghi, ma astronomi e sacerdoti, guidati da una stella, arrivarono dall’oriente per rendere omaggio a Gesù appena nato a Betlemme, donandogli oro, incenso e mirra. Successivamente vengono indicati come “re” e il loro numero viene fissato a tre, con i nomi di Gaspare, Melchiorre e Baldassarre. Questa festa, che dà un supplemento di regali ai bambini, pone termine al ciclo di festeggiamenti dedicato al Santo Natale.
Franca Fabris Angelillo nel suo libro di poesie dialettali “Bari inCanto” (Levante Editori), ha inserito una bella poesia su “Gesù Bammìne de la pasce” che bene augurando mi piace riproporla ai lettori.
GESÙ BAMMÌNE DE LA PASCE
di Franca Fabris Angelillo
Besù Bammìne, dì, Tu t’arrecuèrde?
fu chèdda Sanda Notte ca nascìste,
com’a nu poveriìdde iìnde a la stà dde,
ca u bbèbe de la pasce nge denà ste
e ngiìle redèvene le stèdde…
E mò, Gesù, ce viìne a fa?
C’abbà sce a nù iè sèmbe na canzòne:
delùre e chià nde, maffie, delinguènze.
No nge st’amore, no nge stà chesciènze!
Peccenìnne ca mòrene de fame
pe colpe de chiìsse uèrre mbà me.
Meh! Gesù, facime n’alda prove
annùsce arrète a ll’ommene la PASCE.
Cuss’anne però, me raccomà nne,
na zoche ha da pertà , na zoca longhe.
Nge ad’attaccà la pasce strètta strètte,
sott’a la pà gghia tò, ppo’, l’ad’ascònne!