dal nostro corrispondente Dario Durante - Torino riserva un'accoglienza calorosa a Matteo Renzi, nell'ultimo giorno della campagna elettorale per le primarie del Partito Democratico. Il candidato segretario viene descritto dal sindaco Piero Fassino come un leader «capace di parlare ad un paese intero e di scardinare l'attuale sistema intercettando la voglia di cambiamento e le migliori energie».
«L'otto dicembre sarà un referendum sul futuro dell'Italia» afferma Renzi che, in caso di vittoria, vuole «un partito in grado di dettare l'agenda dell'attuale esecutivo che, pur avendo riaffermato una presenza forte in campo internazionale, ha dato troppo spesso l'idea di rinviare le questioni importanti».
Renzi pone tre sfide concrete al premier Enrico Letta, perché «voglio un governo che faccia le cose e dia l'esempio ai cittadini in questo momento di crisi». Subito, dunque, una nuova legge elettorale per garantire il bipolarismo («chi vince, governa senza inciuci e larghe intese») accompagnata da una drastica riduzione dei costi della politica. «Si possono ricavare un miliardo di euro – afferma – abolendo ogni rimborso ai politici e adeguando lo stipendio dei consiglieri regionali al sindaco della rispettiva città capoluogo». Non solo: via il Senato per trasformarlo in una Camera delle autonomie composta dai primi cittadini e dai governatori regionali senza alcun ulteriore compenso.
Renzi, però, guarda anche alle imprese proponendo una rivoluzione burocratica e una trasformazione del sistema della formazione professionale per incentivare l'occupazione giovanile.
Al termine, c'è spazio anche per rivendicare l'orgoglio di appartenenza ad un partito che, sotto la sua guida, immagina sempre più strutturato «come una rete capace di connettersi con il territorio e parlare bene del futuro dell'Italia».
«L'otto dicembre sarà un referendum sul futuro dell'Italia» afferma Renzi che, in caso di vittoria, vuole «un partito in grado di dettare l'agenda dell'attuale esecutivo che, pur avendo riaffermato una presenza forte in campo internazionale, ha dato troppo spesso l'idea di rinviare le questioni importanti».
Renzi pone tre sfide concrete al premier Enrico Letta, perché «voglio un governo che faccia le cose e dia l'esempio ai cittadini in questo momento di crisi». Subito, dunque, una nuova legge elettorale per garantire il bipolarismo («chi vince, governa senza inciuci e larghe intese») accompagnata da una drastica riduzione dei costi della politica. «Si possono ricavare un miliardo di euro – afferma – abolendo ogni rimborso ai politici e adeguando lo stipendio dei consiglieri regionali al sindaco della rispettiva città capoluogo». Non solo: via il Senato per trasformarlo in una Camera delle autonomie composta dai primi cittadini e dai governatori regionali senza alcun ulteriore compenso.
Renzi, però, guarda anche alle imprese proponendo una rivoluzione burocratica e una trasformazione del sistema della formazione professionale per incentivare l'occupazione giovanile.
Al termine, c'è spazio anche per rivendicare l'orgoglio di appartenenza ad un partito che, sotto la sua guida, immagina sempre più strutturato «come una rete capace di connettersi con il territorio e parlare bene del futuro dell'Italia».