Soleto: ecco Renè Stanca, 'l'artista dei presepi'

di Francesco Greco.
SOLETO (LECCE) – Osserva un tronco di ulivo e già “vede” l’opera che ne verrà fuori: un delizioso cavalluccio marino, un “urlo” alla Munch, il ghigno perfido di un baro, un gufo assorto, silenzioso, occhi spalancati sulla notte, un crocefisso, un presepe completo di bue e asinello: pezzi unici, opere inimitabili.

   Quanto l’artigianato si trasfigura in arte. E l’artigiano diventa capace di rielaborare il reale infondendo un’anima alla materia (nello specifico il legno). E’ il caso di Giovanni Renè Stanca, che vive a Soleto, nel Leccese (è la patria del grande Matteo Tafuri): un falegname autodidatta (e ciò rende la sua metamorfosi ancor più intrigante) che un giorno, stanco di porte e finestre, ha cambiato codice espressivo al suo rapporto con il legno. Riesce a domare quello d’ulivo, morfologicamente difficile da lavorare.

   Da allora propone le sue opere in tutto il mondo e da ogni meridiano e parallelo giungono ordinazioni: soprattutto di presepi. Che Stanca scolpisce interamente in un tronco d’ulivo, il materiale più a portata di mano in un Salento il cui paesaggio è segnato da questa pianta silenziosa e generosa.

   Le sue opere sono piaciute ai grandi della Terra. Il 5 dicembre del 2000 (l’anno del Giubileo), in compagnia della moglie, col vestito della festa, si avventurò in Vaticano e regalò un presepe a Giovanni Paolo II. Un altro presepe lo donò a Carlo Azeglio Ciampi in un incontro al Quirinale (l’artista salentino è un buon manager di se stesso e ha anche doti diplomatiche: ha un carattere dolce, è alla mano).Ora quella Natività sta nella Cappella Paolina.

   Nel 2001, toccato dalla tragedia delle Torri Gemelle, scolpì un’opera intitolata “11 Settembre” e la fece recapitare alla Casa Bianca a testimoniare il suo dolore e la sua vicinanza al popolo americano per quell’attacco insulso e feroce. La critica sostiene che l’artista ha assimilato, inconsciamente, i canoni dell’arte cubista. E in effetti Stanca riconosce in Pablo Picasso il suo maestro. Si è proposto in Italia (Verona, Torino, Lecce, al Castello Carlo V, “Presepi nel mondo”). E’ finito in un programma della Rai a spiegare gli input della sua arte e il suo rapporto con il legno. Ma anche all’estero (Marbella, in Spagna). Da 12 anni espone a Castro, bellissima località di mare della Puglia (sull’Adriatico), dove tiene anche dei corsi. Una delle sue specialità è il riciclaggio dei vecchi “lavaturi” (lavatoi) di legno, un tempo usati dalle massaie per il bucato.

   Ci mostra le sue opere in giro per la “bottega” e si accorge che siamo turbati dal “Baro”. Ha un ghigno cattivo, che mette un brivido nella schiena, nasconde l’asso di bastoni: pare un dipinto del fiammingo Hyeronimus Bosch. L’umanità è piena di gente così. Meglio soffermarsi sulla dolcezza della “Natività”. L’artista ha ricavato anche questa in un tronco d’ulivo unico portando in superficie prima la Madonna, poi san Giuseppe, infine il Bambinello, il bue e l’asinello. Icona di un mondo possibile, ma che resta un’utopia sognata una volta l’anno.
(Foto: due opere di Stanca tratte dal sito www.salentoagora.it)

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