Un nuovo libro di Michele Fanelli su ricette, usanze e buone creanze baresi

di Vittorio Polito – È stato presentato nella Libreria Roma di Bari il nuovo volume di Michele Fanelli, edito da Progedit, «La cucina del sottano – Ricette, usanze e buone creanze baresi» con disegni di Saverio Romito.

Un volume che l’autore dedica a tutte le donne baresi del passato che attraverso la creatività, dettata dalla povertà, sono state capaci di inventare dei veri capolavori di arte culinaria barese, conditi anche con un po’ di dialetto barese.

Di che si tratta: è una passeggiata culinaria attraverso ricette, aneddoti, leggende e fatterelli che si snocciolano lungo il percorso editoriale con la presentazione di piatti che mani sapienti hanno saputo preparare per noi in momenti in cui le avversità della vita ci hanno costretto ad arrangiarci. Ma le nostre donne non si sono mai perse d’animo e hanno preparato “di tutto e di più”, in momenti critici, ma lo hanno fatto con tanto amore e passione che alla fine hanno prodotto anche piatti eccezionali come la famosa e ormai internazionale tièdde de “rise, patàne e cozze” o la “parmegiane de melengiàne”.

Ma l’estro delle nostre nonne si è scatenato a tal punto che non si sono fermate solo ai primi piatti, ma hanno esteso il ricettario ai piatti terapeutici (riso in bianco con parmigiano per facilitare la digestione, o la fettina di carne al sangue e lenticchie senza pasta per gli anemici); ai piatti delle feste, le cosiddette ‘feste terribele’, ai liquori (il classico ‘resòglie de lemòne o de cafè’); ai dolci delle feste (zèppue, carteddàte, scarcèdde), alla pasta fresca (strascenàte, làneche, tagghiarine), alle conserve, al pane ed alle focacce. Il tutto “condito” con alcune poesie in dialetto barese appropriate ad alcuni argomenti presentati, come ad esempio quella dedicata alla classica ‘brasciola” barese, dello stesso autore, che si riporta in calce. Insomma una strenna per le imminenti festività.



LA BRASCIOLE
di Michele Fanelli

La demeneche sope alla taue
non esiste raggione
ce non ge sta na bella brasciole.
U uaddore iè tande assà
che non vite l’ore de mangià.
Menze alla strade, jinde a le vie
U uaddore iè da Die.
Aqquanne la tine nanze a tè
u prime penzire, vedime a comme iè.
L’appunde che la fercine
l’acchiaminde iè belle e fine.
Che la vocche tutta spalancate
nge da la prima mezzecuate.
Iè tande bone
che sparisce che nu beccone.
Santa brasciole si bona assà

e la demeneche senza de tè non se pote stà.

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