di Antonio Negro - Il governo italiano e le istituzioni si accorgono degli italiani all'estero solo quando vanno fuori e càpita loro di incontrarsi con una qualche comunità sparsa per il mondo. O quando devono pagare le tasse. Altrimenti milioni e milioni di italiani dispersi per il pianeta sono solo una zavorra. Peggio ancora, creano problemi e fastidi.
Per il Ministero degli Esteri, poi, le comunità italiane nel mondo sono state sempre considerate una palla al piede invece che una risorsa per tutto il sistema-Italia. Le rimesse degli emigrati hanno ingrassato le banche per tutto il dopoguerra. Ancora oggi chi lavora fuori costituisce un’importante fonte di ricchezza con le rimesse.
Al contrario di tanti italiani riveriti e rispettati perché hanno il conto nei paradisi fiscali o in Svizzera, e fuggono dalle tasse. Ma costoro godono di fama e ammirazione perché sono diventati status-symbol da imitare. Gli straccioni, invece, sono da scansare: tutti quei poveracci partiti con la valigia di cartone per un tozzo di pane sono considerati esseri inferiori e fastidiosi.
Ma la verità è un'altra. Costoro sono partiti con la schiena dritta, senza chiedere favori a nessuno, e hanno affrontato la vita in un mondo sconosciuto e spesso anche ostile. Ed è proprio con la dignità dell'emigrato, dell'italiano all'estero, che i nostri politici hanno vergogna di confrontarsi.
Sfuggono dalle nostre comunità sparse per il mondo pur sapendo che hanno costituito, e costituiscono, fonte di ricchezza economica, e non solo, per il sistema-paese, per via dell'enorme quantità di prodotti tipici italiani che hanno fatto conoscere e consumare in tutte le nazioni dove si sono insediate.
Ecco perché il Presidente del Consiglio, Enrico Letta, incontrando giorni fa in Messico alcuni imprenditori italiani, ha detto: "Ritorno in Italia ancor più motivato per le cose da fare!". Letta, preso dalla litigiosità perenne della politica italiana, non si era ancora accorto, alla sua non più giovane età, che fuori dai confini nazionali c'è un'altra Italia che va orgogliosa delle sue origini e che ha sempre dato senza chiedere nulla in cambio.
Di questa Italia, delle origini italiane, ci si accorge solo ogni qual volta vengono riconosciuti i meriti a per qualcuno che ha fatto carriera o successo. Ci si accorge, all'improvviso, che il sindaco di New York, Bill de Blasio, ha origini italiane e, persino, parla italiano. O che il poeta Joseph Tusiani ha origini italiane e per la festa del 90mo compleanno parte per l'America una delegazione del suo paese d'origine, San Marco in Lamis (Foggia), per portare gli auguri.
Per non parlare del primo Ministro Belga, Elio Di Rupo, di Rudolph Giuliani e di tanti altri che onorano l'Italia nel mondo con le loro origini di figli di emigrati con la valigia di cartone. Del resto noi italiani siamo sempre stati affascinati da modelli di comportamento inclini al servilismo piuttosto che al senso del rispetto, naturalmente con diritto di reciprocità. "Ahi, serva Italia ..." scrisse il Sommo Poeta.
Siamo campioni anche nell'ammirare e venerare personaggi di successo stranieri che, a volte, servono a darci la sveglia su cose che da soli non riusciremmo a vedere. Ne è prova, in questi giorni, proprio il comportamento dei leccesi verso un personaggio discusso e discutibile, l’attore Gerard Depardieu, che è riuscito a mettere in subbuglio tutta la movida leccese. Dicono che cerchi di fuggire dal fisco francese: non solo in Italia c'è odio per le tasse.
Tutte queste considerazioni ci riportano a quanto dichiarato da Emma Bonino, ministra degli Esteri, alcune settimane fa a proposito del diritto di voto degli italiani all'estero. Ha detto, la nostra Emma, che i cittadini devono votare dove pagano le tasse. Ha usato un'espressione sibillina, tipica dei politici italiani bravi nel dire tutto e niente nello stesso tempo.
Anche nella commissione dei saggi, voluta da Napolitano, si fa strada la tesi di tornare a negare il voto agli italiani emigrati, con motivazioni banali che sanno di provincialismo, anche se dette da personaggi di così alta cultura. Il senso di queste cose è solo uno: gli italiani all'estero sono straccioni e costituiscono un peso per la elevata qualità della politica italiana. Tanto elevata è la qualità dei nostri politici che hanno ridotto l'Italia allo stato pietoso in cui si trova.
Fa tenerezza ascoltare dalla Bonino frasi come quelle. Proprio da una che ha fatto dei diritti civili, del rispetto delle minoranze, lo scopo della sua vita. Il diritto di voto degli italiani all'estero è una conquista di civiltà, oltre che un diritto fondamentale del cittadino. Gli emigrati pagano le tasse in Italia e anche nel paese di accoglienza, ma erano, e vogliono farli tornare a essere considerati apolidi perché nessuno dei due paesi riconosce loro il diritto di voto.
La Bonino torni perciò a studiare sulle sue battaglie per i diritti civili e democratici. E dica alla Merkel che gli italiani in Germania devono poter votare per il Bundestag perché pagano le tasse. O si vergogna di dirlo? E se si vergogna perché fa il Ministro degli Esteri? Oppure, semplicemente, come pensiamo, si vergogna solo degli italiani emigrati all'estero?
Per lei, gli stranieri in Italia dovrebbero poter votare subito perché pagano le tasse. I suoi connazionali, gli italiani all'estero, invece, possono aspettare fino a che non decidiamo se farli votare perché hanno diritto in quanto cittadini italiani o perché pagano le tasse.
Arriveremo al ridicolo: i cinesi potranno votare due volte, in Italia e in Cina perché pagano le tasse sia qua che là. Gli italiani in Cina non voteranno né qua né là perché dobbiamo decidere dove pagano le tasse. Mistero su dove voteranno le falangi di gli evasori ed elusori. Una volta non si poteva dare il voto perché mancava l'anagrafe degli italiani all'estero, oggi perché bisogna vedere dove pagano le tasse.
L'Italia non fa votare all'estero nemmeno i tanti studenti fuori per borse di studio, scambi culturali, ricerca. O gli studenti in Erasmus, che tante battaglie stanno facendo perché venga loro riconosciuto questo diritto, al pari degli altri paesi civili e avanzati più del nostro. Tuttavia, agli italiani all'estero viene, nel frattempo, dato il giocattolo con cui divertirsi a fare le gare di democrazia e partecipazione: i vari Comites, il Cgie ai diversi livelli, ecc.
Occorre fare un'analisi economica seria e vedere quanto ha inciso e incide sul prodotto interno lordo dell'Italia il fenomeno migratorio nel suo complesso. E, soprattutto, occorre che le comunità italiane nel mondo facciano sentire alta e forte la loro voce. Tacere vuol dire essere d'accordo con chi ha sempre considerato gli emigrati cittadini di seconda categoria, figli di un dio minore, buoni solo per le loro rimesse. E per far conoscere i prodotti italiani nel mondo, pizza e pasta comprese. A costo zero per il Belpaese.
Per il Ministero degli Esteri, poi, le comunità italiane nel mondo sono state sempre considerate una palla al piede invece che una risorsa per tutto il sistema-Italia. Le rimesse degli emigrati hanno ingrassato le banche per tutto il dopoguerra. Ancora oggi chi lavora fuori costituisce un’importante fonte di ricchezza con le rimesse.
Al contrario di tanti italiani riveriti e rispettati perché hanno il conto nei paradisi fiscali o in Svizzera, e fuggono dalle tasse. Ma costoro godono di fama e ammirazione perché sono diventati status-symbol da imitare. Gli straccioni, invece, sono da scansare: tutti quei poveracci partiti con la valigia di cartone per un tozzo di pane sono considerati esseri inferiori e fastidiosi.
Ma la verità è un'altra. Costoro sono partiti con la schiena dritta, senza chiedere favori a nessuno, e hanno affrontato la vita in un mondo sconosciuto e spesso anche ostile. Ed è proprio con la dignità dell'emigrato, dell'italiano all'estero, che i nostri politici hanno vergogna di confrontarsi.
Sfuggono dalle nostre comunità sparse per il mondo pur sapendo che hanno costituito, e costituiscono, fonte di ricchezza economica, e non solo, per il sistema-paese, per via dell'enorme quantità di prodotti tipici italiani che hanno fatto conoscere e consumare in tutte le nazioni dove si sono insediate.
Ecco perché il Presidente del Consiglio, Enrico Letta, incontrando giorni fa in Messico alcuni imprenditori italiani, ha detto: "Ritorno in Italia ancor più motivato per le cose da fare!". Letta, preso dalla litigiosità perenne della politica italiana, non si era ancora accorto, alla sua non più giovane età, che fuori dai confini nazionali c'è un'altra Italia che va orgogliosa delle sue origini e che ha sempre dato senza chiedere nulla in cambio.
Di questa Italia, delle origini italiane, ci si accorge solo ogni qual volta vengono riconosciuti i meriti a per qualcuno che ha fatto carriera o successo. Ci si accorge, all'improvviso, che il sindaco di New York, Bill de Blasio, ha origini italiane e, persino, parla italiano. O che il poeta Joseph Tusiani ha origini italiane e per la festa del 90mo compleanno parte per l'America una delegazione del suo paese d'origine, San Marco in Lamis (Foggia), per portare gli auguri.
Per non parlare del primo Ministro Belga, Elio Di Rupo, di Rudolph Giuliani e di tanti altri che onorano l'Italia nel mondo con le loro origini di figli di emigrati con la valigia di cartone. Del resto noi italiani siamo sempre stati affascinati da modelli di comportamento inclini al servilismo piuttosto che al senso del rispetto, naturalmente con diritto di reciprocità. "Ahi, serva Italia ..." scrisse il Sommo Poeta.
Siamo campioni anche nell'ammirare e venerare personaggi di successo stranieri che, a volte, servono a darci la sveglia su cose che da soli non riusciremmo a vedere. Ne è prova, in questi giorni, proprio il comportamento dei leccesi verso un personaggio discusso e discutibile, l’attore Gerard Depardieu, che è riuscito a mettere in subbuglio tutta la movida leccese. Dicono che cerchi di fuggire dal fisco francese: non solo in Italia c'è odio per le tasse.
Tutte queste considerazioni ci riportano a quanto dichiarato da Emma Bonino, ministra degli Esteri, alcune settimane fa a proposito del diritto di voto degli italiani all'estero. Ha detto, la nostra Emma, che i cittadini devono votare dove pagano le tasse. Ha usato un'espressione sibillina, tipica dei politici italiani bravi nel dire tutto e niente nello stesso tempo.
Anche nella commissione dei saggi, voluta da Napolitano, si fa strada la tesi di tornare a negare il voto agli italiani emigrati, con motivazioni banali che sanno di provincialismo, anche se dette da personaggi di così alta cultura. Il senso di queste cose è solo uno: gli italiani all'estero sono straccioni e costituiscono un peso per la elevata qualità della politica italiana. Tanto elevata è la qualità dei nostri politici che hanno ridotto l'Italia allo stato pietoso in cui si trova.
Fa tenerezza ascoltare dalla Bonino frasi come quelle. Proprio da una che ha fatto dei diritti civili, del rispetto delle minoranze, lo scopo della sua vita. Il diritto di voto degli italiani all'estero è una conquista di civiltà, oltre che un diritto fondamentale del cittadino. Gli emigrati pagano le tasse in Italia e anche nel paese di accoglienza, ma erano, e vogliono farli tornare a essere considerati apolidi perché nessuno dei due paesi riconosce loro il diritto di voto.
La Bonino torni perciò a studiare sulle sue battaglie per i diritti civili e democratici. E dica alla Merkel che gli italiani in Germania devono poter votare per il Bundestag perché pagano le tasse. O si vergogna di dirlo? E se si vergogna perché fa il Ministro degli Esteri? Oppure, semplicemente, come pensiamo, si vergogna solo degli italiani emigrati all'estero?
Per lei, gli stranieri in Italia dovrebbero poter votare subito perché pagano le tasse. I suoi connazionali, gli italiani all'estero, invece, possono aspettare fino a che non decidiamo se farli votare perché hanno diritto in quanto cittadini italiani o perché pagano le tasse.
Arriveremo al ridicolo: i cinesi potranno votare due volte, in Italia e in Cina perché pagano le tasse sia qua che là. Gli italiani in Cina non voteranno né qua né là perché dobbiamo decidere dove pagano le tasse. Mistero su dove voteranno le falangi di gli evasori ed elusori. Una volta non si poteva dare il voto perché mancava l'anagrafe degli italiani all'estero, oggi perché bisogna vedere dove pagano le tasse.
L'Italia non fa votare all'estero nemmeno i tanti studenti fuori per borse di studio, scambi culturali, ricerca. O gli studenti in Erasmus, che tante battaglie stanno facendo perché venga loro riconosciuto questo diritto, al pari degli altri paesi civili e avanzati più del nostro. Tuttavia, agli italiani all'estero viene, nel frattempo, dato il giocattolo con cui divertirsi a fare le gare di democrazia e partecipazione: i vari Comites, il Cgie ai diversi livelli, ecc.
Occorre fare un'analisi economica seria e vedere quanto ha inciso e incide sul prodotto interno lordo dell'Italia il fenomeno migratorio nel suo complesso. E, soprattutto, occorre che le comunità italiane nel mondo facciano sentire alta e forte la loro voce. Tacere vuol dire essere d'accordo con chi ha sempre considerato gli emigrati cittadini di seconda categoria, figli di un dio minore, buoni solo per le loro rimesse. E per far conoscere i prodotti italiani nel mondo, pizza e pasta comprese. A costo zero per il Belpaese.