Gaetano Mele presenta una nuova raccolta di poesie in dialetto barese

di Vittorio Polito - Gaetano Mele, laureato in giurisprudenza presso l’Università di Bari, ha pubblicato per la Progedit un secondo volume di poesie in dialetto barese  con il titolo  “S’appìccene penzìere” (pag. 73 - € 12). Il precedente volume si intitolava “Parole al vento”.

Com’è noto il dialetto è molto variabile nella pronuncia, nei termini, nei modi di dire e soprattutto nel modo di scriverlo, ma i risultati non cambiano, sorgono solo inutili polemiche su chi si ostina a voler essere il depositario di quello “esatto”, cosa che al momento non esiste, almeno a Bari, e gli autori continuano a scrivere secondo un loro personale modo. Mele, invece, pur condividendo che molti ricorrono ad interpretazioni del tutto personali, ha adottato un metodo di scrittura, frutto di un percorso seminariale che lo ha visto impegnato per alcuni anni. Mele è anche impegnato in un lavoro di ricerca finalizzato alla realizzazione di un Dizionario barese/italiano e italiano/barese.

Il volume si divide in tre parti: ‘La mia gola’, dedicata all’aspetto conviviale; ‘La mia testa’, dedicata ai sentimenti d’amore per la propria città, mentre nella terza sezione ‘La mia testa’, i versi dell’autore si soffermano, a volte in forma ironica, su alcuni aspetti del mondo civile:  migrazione, politica ed economia.

Don Sebastiano Pinto, che firma la prefazione, definisce “interessante “ la raccolta di Mele, in quanto esprime la natura dialogica della persona, consentendo  di mantenere in vita i dialetti, evitando la trasformazione in lingue morte, e recuperando appieno il significato storico e il senso cultuiralre della parlata locale, finalizzato al recupero delle radici e dell’identità della nostra bella Bari e della Puglia.

Non si può che complimentarsi con Gaetano per il suo notevole contributo al dialetto barese attraverso le belle e varie liriche che propone e per i messaggi che lancia.

Per dare un esempio della scrittura dialettale di Gaetano Mele, propongo al lettore il componimento poetico “Le lambiùne du lungomàre” (chiaramente di Bari).

LE LAMBIÙNE DU LUNGOMÀRE
La scernàte stà tòtta pe fernèsce.
U sóle s’ha cherquàte.
La lune se fásce segnóre de la nettàte.
Màsceche ragge e stèdde,
lùcciole ’ngandate,
vònne a lumenà u mare.
L’ònne, allegramènde,
accarezzànne la ripe,
descetéscene da u sènne le lambiùne
c’appecciànnese,
vìgele uardiàne d’u lungomàre,
pare vònne ghedènnese
la chiéte de la nòtte e de la sére.

I lampioni del lungomare
La giornata sta del tutto per finire. / Il sole si è coricato. / La luna diventa signora della nottata. / Magici raggi e stelle, / lucciole incantate, / vanno illuminando il mare. / Le onde, allegramente, / accarezzando la riva, / risvegliano dal sonno i lampioni / che accendendosi, / vigili guardiani del lungomare, / sembra vadano godendosi / la quiete della notte e della sera.