La superstizione tiene banco a 'Puglieuropa'

di Vito Ferri - Si è svolto nell’Aula Magna dell’Istituto Tecnico “Romanazzi” di Bari  per gli incontri culturali dell’Università della Terza Età “Puglieuropa”, il previsto evento dedicato alla superstizione “Non è vero ma ci credo”, in occasione del quale è stato trattato ampiamente l’argomento.

La superstizione, modo irrazionale con cui l’uomo esorcizza le proprie paure e cerca il controllo dei fenomeni rari e misteriosi e l’esercito dei “Non è vero ma prendo le mie precauzioni” è infinito, come è stato dimostrato dai relatori che si sono avvicendati nel corso della serata.

Dopo  saluti d Franco Minervini presidente di “Puglieuropa” , è intervenuto Nico Veneziani, medico, esperto di tradizioni popolari, che ha moderato l’incontro.  Veneziani ha fatto una lunga disamina sulle origini e la classificazione delle superstizioni. Il suo interessante intervento ha coinvolto e divertito simpaticamente il numeroso pubblico presente, che ha mostrato alto gradimento all’argomento trattato.

Vittorio Polito, giornalista e scrittore, nel suo intervento ha fatto un po’ la  storia della superstizione, stigmatizzando  che il fenomeno della superstizione riguarda anche una fascia di popolazione battezzata e che si professa cristiana. Passando quindi in rassegna gli oggetti di uso quotidiano che sono oggetto della superstizione, i periodi della sfortuna, gli animali da tener d’occhio e le azioni rischiose che i superstiziosi evitano accuratamente.

Rosa Lettini Triggiani, attrice  scrittrice, ha declamato il suo monologo “La Iettatùre” . Quindi Emanuele Battista poeta e commediografo,  ha declamato una sua poesia intitolata “U destìne” che ha molto divertito il pubblico.
Concludendo la serata, Rosa Lettini Triggiani ha declamato la poesia di Vito De Fano “La scarogne de  Gnazie Spine”, che propongo ai lettori del “Giornale di Puglia”.

La scarogne de Gnazie Spine
di Vito De Fano

Se lagne sule sule Gnazie Spine:
Me spàreche! Megghièrme m’ha lassate,
m’ha sciùte a fallemènde l’Officine,
la case ca tenève ha scaffuate!
Sò stanghe de sta vita disgrazziate,
o sorta mbame, ormà sime a la fine! -
E ammène atturne l’uldema uardate
come pe disce Addì, munne sassine!
S’arracchemànne l’àneme o Segnore:
Perdùneme, no u fazze stu calvarie…
E apponde la pestole dritt’o core.
Po’ jalze l’ècchie e vète u calannarie…
Degessètte?! Gesù! N’alda zampogne!
No me spàreche, no, porte scarogne!

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