BARI - Ad avvenuto contagio i primi sintomi rivelatori sono disturbi respiratori, come una bronchite persistente. I soggetti più a rischio sono gli immunodepressi, ossia pazienti che consumano farmaci e cortisone.
“La Tubercolosi, in termini quantitativi, è una malattia fortemente in crescita – spiega il Prof. Massimo Andreoni, Presidente Simit, Società Italiana Malattie Infettive e Tropicali - Questo perché la globalizzazione, l’estrema facilità degli individui a viaggiare per il mondo, e l’immigrazione, che comporta l’arrivo di persone da zone ad alta endemia, provoca un sempre maggiore aumento dei casi. Ma non si tratta certo di criminalizzare gli immigrati, ma essere coscienti dei nuovi flussi e porre i rimedi immediati, specie dopo il collasso del sistema sanitario sovietico e l’aumento delle presenze dall’Africa e dal Medio Oriente. Trattandosi di una malattia a trasmissione respiratoria – prosegue l’infettivologo - attraverso colpi di tosse e starnuti, la propagazione della malattia aumenta esponenzialmente laddove sono presenti gruppi e luoghi chiusi. L’alta diffusibilità di questa malattia comporta il verificarsi di piccole epidemie, come avvenuto proprio in questi ospedali”.
Si tratta di una malattia subdola, che può iniziare con una febbriciattola o con un piccolo dimagrimento, e che provoca una tosse spesso insistente, che persiste nonostante la cura di antibiotici. “Ad avvenuto contagio – continua il Prof. Andreoni - i primi sintomi rivelatori sono disturbi respiratori, come una bronchite persistente. In questa fase l’RX del torace permette di fare una diagnosi per capire se si tratta o meno di tubercolosi. Con il passare del tempo la tosse si intensifica sino a provocare espettorati anche emorragici.
Tra i consigli degli specialisti della Simit, la presenza costante di uno staff medico che tuteli e sorvegli tutti i principali luoghi di formazione, così da riconoscere sintomi e malattie prima che si propaghino. “I soggetti più a rischio sono gli immunodepressi – chiosa il Presidente Simit - ossia le persone che fanno uso di farmaci che possono comportare un’immunosoppressione. Parliamo di pazienti che si curano da semplice malattie dermatologiche o gastroenterologiche, o che fanno uso di cortisone. Ma siamo tutti a rischio, e noi medici dobbiamo imparare a diagnosticare più velocemente possibile questa malattia”.
“La Tubercolosi, in termini quantitativi, è una malattia fortemente in crescita – spiega il Prof. Massimo Andreoni, Presidente Simit, Società Italiana Malattie Infettive e Tropicali - Questo perché la globalizzazione, l’estrema facilità degli individui a viaggiare per il mondo, e l’immigrazione, che comporta l’arrivo di persone da zone ad alta endemia, provoca un sempre maggiore aumento dei casi. Ma non si tratta certo di criminalizzare gli immigrati, ma essere coscienti dei nuovi flussi e porre i rimedi immediati, specie dopo il collasso del sistema sanitario sovietico e l’aumento delle presenze dall’Africa e dal Medio Oriente. Trattandosi di una malattia a trasmissione respiratoria – prosegue l’infettivologo - attraverso colpi di tosse e starnuti, la propagazione della malattia aumenta esponenzialmente laddove sono presenti gruppi e luoghi chiusi. L’alta diffusibilità di questa malattia comporta il verificarsi di piccole epidemie, come avvenuto proprio in questi ospedali”.
Si tratta di una malattia subdola, che può iniziare con una febbriciattola o con un piccolo dimagrimento, e che provoca una tosse spesso insistente, che persiste nonostante la cura di antibiotici. “Ad avvenuto contagio – continua il Prof. Andreoni - i primi sintomi rivelatori sono disturbi respiratori, come una bronchite persistente. In questa fase l’RX del torace permette di fare una diagnosi per capire se si tratta o meno di tubercolosi. Con il passare del tempo la tosse si intensifica sino a provocare espettorati anche emorragici.
Tra i consigli degli specialisti della Simit, la presenza costante di uno staff medico che tuteli e sorvegli tutti i principali luoghi di formazione, così da riconoscere sintomi e malattie prima che si propaghino. “I soggetti più a rischio sono gli immunodepressi – chiosa il Presidente Simit - ossia le persone che fanno uso di farmaci che possono comportare un’immunosoppressione. Parliamo di pazienti che si curano da semplice malattie dermatologiche o gastroenterologiche, o che fanno uso di cortisone. Ma siamo tutti a rischio, e noi medici dobbiamo imparare a diagnosticare più velocemente possibile questa malattia”.