Dalle rape di Tutino a star europea: Roberto Brigante story

di Francesco Greco.
TUTINO DI TRICASE (Le) – “A volte, quando sono solo, mi chiedo: come sarebbe stata la mia vita se fossi rimasto in Italia?”. C’è un velo impercettibile di tristezza, un’ombra di nostalgia nella voce di Roberto Brigante al telefono dalla Svizzera in una piovosa mattinata d’inverno. Con intrattenibile ansia chiede che tempo fa in Salento, la sua terra, s’informa cosa stiamo facendo nei campi in attesa della primavera, vuol sapere se le ulive sono state raccolte, se l’olio dell’annata è buono, se si vende bene…

   Parla dal cantiere: si sentono i compagni di lavoro vociare: in Svizzera lo chiamano “il piastrellista che canta”, gli vogliono bene, è diventato un personaggio, si esibisce alle feste nazionali (fra cui una, assai importante: il 1° agosto): piace la voce calda e forte come quella dei contadini che cantano nell’uliveto, il vigneto, il frutteto, che canta le cose della vita, di tutti i giorni, che sono di tutti noi, i sentimenti, le emozioni, l’amore nel senso più vasto: per la donna, i suoi bambini, la terra che come madre generosa ti ha partorito e poi ti ha messo in mano una valigia, ti ha portato alla stazione e ti ha visto partire. La tua terra che pure non riesci a non amare. In Salento c’è un proverbio: “Cancia paese ca cancia furtuna” (Cambia paese e cambierà la tua sorte).

   Storie di ordinaria emigrazione, di un ragazzo che si è fatto da solo e dalle rape di Tutino è diventato una star della canzone. Una storie come tante: c’è chi all’estero riesce ad aprire la ditta di intonacatori, il ristorante dove cucina le cose buone della sua terra, propone le ricette imparate dalla nonna, l’officina, il negozietto per riparare elettrodomestici. Si mettono a frutto le conoscenze dell’infanzia, l’arte imparata e messa da parte, perché il futuro, per chi nasce alla base della piramide sociale, è sempre un’incognita minacciosa. Specie se si è orgogliosi, si ha dignità, schiena dritta e non si vuol bussare alla porta del politico o del padrino, i feudatari del nostro tempo.

Roberto Brigante è nato in Salento, a Tricase, nel '63
   Brigante è nato nel 1963 a Tutino, delizioso e laborioso paesino di 2400 anime, attaccato al comune principale: Tricase. E’ figlio di contadini, che gli hanno insegnato a coltivare le rape lattumate, cicorie di Galatina, pomodori varnei, cucuzze di Tricase, angurie di Nardò, ma anche, o soprattutto la dignità, il rispetto, il pane guadagnato col sudore della fronte: valori universali, mai soggetti a relativismo, manco al tempo dell’hashtag.

   Ma i poveri spesso sono anche poeti, che vivono impregnati di bellezza e hanno sogni, passioni. La musica era quella di Roberto da Tutino, ma la vita pone domande brutali quando sei povero. E tutte le mattine Roberto andava per il paese, con una vecchia bicicletta carica delle delizie fresche che la terra regala a chi la ama: cavoli e verze, rape e insalata, agli e cipolle, fave e ceci. Era un personaggio: le massaie lo aspettavano sulla porta perché sapevano, grazie al passaparola, che quelle prelibatezze erano opera della natura, non della chimica: la sola che la sua “cisura”, i “Caddi” (contrada Madonna della Pietà: vuol dire calli alle mani o del pollaio?), conosceva era il letame delle galline. Solo così riusciva ad avere qualche lira in tasca per andare la domenica al vecchio cinema “Aurora” o comprare un gelato da Martinucci alla ragazza: “Non scorderò mai quei tempi: m’hanno insegnato molto della vita…”.

   Ragazzo generoso, avrebbe continuato così per tutta la vita, ma un giorno si accorse che i genitori stavano invecchiando e voleva sdebitarsi per tutti i sacrifici fatti per crescere lui e i fratelli, far vivere loro una vecchiaia serena. Roberto ha 17 anni: nasce così l’idea della valigia di cartone. Emigra prima in Germania, poi in Svizzera (Cantone di Berna), dove vive oggi. I primi tempi sono i più difficili: del lavoro di piastrellista sa solo qualche rudimento, ma i contadini, scarpe grosse e cervello fino, sanno fare tutto e poi, eterni autodidatti dai mille mestieri, imparano in fretta. E con la stessa lena, a 40 anni (intanto ha messo su famiglia), si ricorda della passione d’una vita: la musica. Prende dimestichezza col pentagramma, le ottave, il giro di do. La sera scrive canzoni (“…ma solo per me stesso!”).

   Il resto vien da solo: 6 cd (“Poesia”, “Va bene”, “Pronto”, “Piccante”, “Strada del sole”, “Vita”), in estate arriverà il settimo. Oltre 350 concerti in dieci anni fra Svizzera, Germania, Spagna. Passaggi alle tv: ReteUno Lugano, SRF1 (Zurigo), TeleBerna, alle radio (Radio Fribourg, Radio Suisse Pop), ecc. Il sogno prende corpo: è una star del pop. Ma resta con i piedi per terra: continua ad alzarsi presto e a incollare piastrelle dopo averle spalmate di malta. “Muchacha” è una cover famosa. Roberto ha un piccolo sogno: che le radio di Tricase passino i suoi successi (come a Corsano Radio Venere). E cantare sotto il diluvio di luce della cassa armonica, l’estate, alla festa di San Vito, il patrono.

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