Roger Waters, 'Oltre il muro' del dolore e l’indifferenza

di Francesco Greco - La morte del padre Eric lo segnò profondamente, in maniera violenta, decisiva. Come uomo e come artista. Inseguirà la sua figura per tutta la vita, riecheggiandolo nei versi intrisi di dolore e tristezza delle sue canzoni. La struggente “Wish You Where Here” (Vorrei che tu fossi qui) è un pianto, un’ode poetica per la morte di Syd Barrett (cofondatore del gruppo sulla via della follia), ma anche per un padre morto troppo giovane.

   Un lutto difficile da elaborare e che mai lo sarà del tutto. Una ferita che riprende a sanguinare quando va a trovarlo a Cassino, al cimitero di guerra angloamericano, dov’è sepolto “il grande assente”. Morì nel 1944, a 31 anni, combattendo le ultime resistenze tedesche in terra italiana dopo lo sbarco alleato di Anzio.  

   Premessa necessaria per approcciarsi alla biografia di Roger Waters, l’inquieto compositore-bassista dei mitici Pink Floyd: la storia del rock, le vette sublimi della poesia, la certezza di essere già oggi nella pleiade, di penetrare il tempo per consegnarsi all’immortalità. Giovanni Rossi la ricostruisce con abbondanza di materiali in “Oltre il muro”, tsunami edizioni, Milano 2013, pp. 322, € 20. Rossi non è nato ieri, ha un cv assai pregno: è musicista (bassista: come Waters, in cui si proietta e si contamina, “era lo zio che ogni quattordicenne avrebbe voluto…”), blogger, raffinato quanto colto giornalista musicale in un mondo di tuttologi che sanno tutto di tutti.

   Le Edizioni Tsunami sono una casa editrice come si dice di target: scava la storia della musica e dei suoi “profeti” per restituirci non solo le scansioni esistenziali dei protagonisti ma soprattutto un’epoca e la sua barocca complessità. E la metodologia è così intima da risultare più efficace di tanti saggi politici, economici, storici nell’affresco di tempi la cui decodificazione è ardua quanto aspra: anche perché la password d’accesso muta di continuo sotto i nostri occhi.
   “Un uomo come lui si arrende solo quando muore”, detta David Gilmore. I suoi ghirigori improvvisi erano catturati dal perfezionista (sino a sfiorare la tirannia) Waters che glieli faceva ripetere e li incastonava nel puzzle che aveva in mente. Per cogliere l’essenzialità e la musica dei mitici inglesi è bene ricordare che studiarono Architettura: e le loro melodie cosa sono se non splendide, solari, deliranti architetture?

   La biografia di Waters ripercorsa tramite quel che è stato scritto sfiora la glorificazione: ma forse era inevitabile data la grande personalità che quasi schiaccia Nick Mason, David Gilmour, Syd Barrett e Rick Wright (il tastierista). In certi snodi esistenziali pare quasi soffocato dalla convivenza, come se si adombrasse una competizione carsica, tanto da spingerlo ad abbandonare il gruppo (che si sciolse nel 1984) e proseguire come solista, anche se poi sarà felice di riunirsi con loro nel 2005 al “Live 8” ideato da Bob Geldoff.

   Perché un’altra costante della multiforme personalità di Waters è il suo impegno politico e umanitario in chiave planetaria: dal Medio Oriente agli Usa, dall’Europa al Terzo Mondo (“la ricerca della verità”) che impregna il modo di rapportarsi al mondo, gli altri, se stesso. La ricostruzione di Rossi è puntuale quanto esaltante: un elemento caratterizzante di una sfaccettata, umorale personalità. Da sempre si batte contro i muri, contro tutti i muri, vecchi e nuovi (da Berlino, “architetto del Muro floydiano” a Gerusalemme al Delaware). Incluso il ruolo di portavoce, dal 2007, della no-profit “Millenium Promise”. Con coraggio prende posizione contro tutte le aberrazioni della politica mondiale. E’ stato uno dei più fieri oppositori dei Bush junior e senior, e della loro politica guerrafondaia, imperialista, colonialista, tesa a schiacciare i sogni dei popoli col loro liberismo selvaggio impregnato di un darwinismo sociale devastante. Ma, pur avendolo accolto come una speranza, è critico anche con Barack Obama e la sua politica in Medio Oriente: ultimamente dice parole dettate dalla disillusione.

   Genio assoluto, puro, visionario (“ha cambiato il corso del rock”), grammatica musicale originalissima, metafisica, personalità cool, inquietudine sentimentale (tre mogli), una vita spesa senza risparmio fra concerti-evento dinanzi a folle sterminate e prese di posizione in politica, afflati umanitari e narcisismo un po’ folle.  
 
   “The Wall” è quasi tutto di Waters. “E’ da collocare – per il critico musicale Roberto Russo - fra i 100 dischi della storia del rock”. Piccolo appunto: alle ben 18 cover di “Wish You Where Here” (la più coverizzata, che si sappia) ne manca una: è degli spagnoli “Seguridad Social” in “Furia Latina”, lavoro del 1993.

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