Brindisi, la “voce dolce e toccante” di Giuseppe Piliego

di Francesco Greco. BRINDISI - Segni particolari: una voce bellissima. Cantò in tutto il mondo, applaudito, ammirato, adorato. Agli albori del Novecento, l’epoca di Tito Schipa ed Enrico Caruso (con cui condivise il maestro Vincenzo Lombardi). Il tenore brindisino Giuseppe Piliego si colloca nel loro solco, ma la sua figura è tuttora circondata dal mistero.
   Bell’uomo, personaggio felliniano, sfuggente: di cui tutto si immagina e poco si sa. Nacque a Brindisi (via Santa Lucia) il 16 luglio 1886, si trasferì a Firenze nel 1914 dove l’11 luglio sposò Adelasia Ignesti e morì il 27 ottobre 1963, sempre nella città del Magnifico, dove riposa.

   News che si devono al prof. Giacomo Carito, presidente della sezione di Brindisi della Società di Storia Patria per la Puglia e responsabile del Museo Diocesano “Giovanni Tarantini”. Ne parlerà al “Piliego day”, nel contesto del marzo Rotary, il 20 marzo al Liceo Artistico-Musicale “Edgardo Simone-Giustino Durano”, via F. Assennato 1, aula magna, ore 17.30 (seguirà il concerto degli allievi).

   Di Piliego resta però traccia nei giornali dell’epoca. Ma anche nelle due incisioni giunte sino a noi: con i “Cantori di Firenze” per la Viktor Record in “Santa Lucia luntana” (Mario) e “Una furtiva lacrima” dall’Elisir d’amore, per la Brunswick Record. La foto che pubblichiamo emerge dagli oscuri interstizi del web (www.lavoceantica.it).

   E quindi notizie dell’artista (specie negli anni negli Usa: in Florida è emerso un Piliego) cercasi ancora, per ricostruire la parabola di un successo mondiale, l’incanto di una voce limpida, vellutata. Mimma Piliego è medico di base a Brindisi, presidente del Rotary Club Brindisi-Valesio, responsabile del master di Bioetica all’Università Pontificia ”Regina Apostolorum” (sede di Brindisi): è discendente diretta dell’artista, ha scoperto che i nomi della famiglia del celebre antenato sono gli stessi dei suoi: Angelo, Giuseppe, Giovanni (come il padre del tenore). “Il mio pensiero – afferma - va a questo personaggio così importante che per diventare qualcuno ha dovuto lasciare la nostra città”.

   Figlio di Giovanni e Concetta Ribezzi, andò a studiare a Firenze nel 1902 e nel 1914 vi si stabilì definitivamente. Aveva debuttato nel 1912 al Teatro “Verdi” di Brindisi (da poco restaurato), interpretando Alfredo nella “Traviata” di Verdi. Sul settimanale “La Città di Brindisi”  (Anno XIII – n° 7 del 18.02.1912) l’articolo che descrive la serata del debutto: “Martedì 13 corrente ebbe luogo al Verdi la decima recita della compagnia lirica con la Traviata e col debutto del tenore nostro concittadino Giuseppe Piliego. L’aspetto del teatro, sfarzosamente illuminato per l’occasione era imponentissimo per il numeroso pubblico accorso ad ammirare i rapidi progressi artistici del suo concittadino. Alle ore 8:00 precise la brava orchestra attacca - eseguito inappuntabile - il preludio della sublime opera Verdiana, di cui non si chiede il bis, soltanto perché l’uditorio è impaziente di vedere in scena il giovane tenore. Si alza quindi la tela; ed al comparire del Piliego, uno scroscio assordante di applausi lo saluta. Il bravo giovane si attira subito l’ammirazione e le simpatie dell’uditorio, per il suo canto che procede simpatico, nitido, senza sfarzo alcuno, e modulato con quell’arte insinuategli dal suo illustre maestro Vincenzo Lombardi. Il Piliego possiede tutte quelle doti vocali  che gli assicurano, fin da ora, una splendida e rapida carriera, e noi, che abbiamo sempre seguito i suoi progressi, ne siamo rimasti davvero  ammirati, per cui gli mandiamo i nostri sentiti rallegramenti”.

   Bell’esordio, buona stampa. L’artista però capisce che deve lasciare per sempre la città, affrontare nuove sfide. Il successo comunque lo aveva assaporato già lontano dal Sud. Nel numero 25 dello “Staffile” di Firenze, pubblicato il 25 luglio del 1912, leggiamo: “Il Tenore brindisino Giuseppe Piliego che tanto ha appreso alla scuola del maestro Vincenzo Lombardi e che è provvisto di una di quelle voci che fanno percorrere una rapida e brillante carriera, è stato scritturato per cantare in Carnevale alla Fenice di Venezia nel Mefistofele e nella nuova opera Melisanda del maestro Merli”.

   Nel numero successivo della stessa rivista, che esce il 26 gennaio 1913, sotto il titolo “ Musica Sacra”, è riportato che “il comitato per la musica sacra sotto il patronato della Regina Madre, che si compone della principessa Antonietta Strozzi, della baronessa Giuliana Ricasoli Firidolfi, della marchesa Giulia Torregiani-Ginori e della marchesa Angelina Altoviti-Avila-Toscanelli, fece eseguire domenica nella Basilica di Santa Trinità una Messa a quattro voci miste e quartetto a corda del maestro Mattioli, e fu giudicato lavoro di non poco valore. L’esecuzione, sotto la direzione del prof. Benedetto Landini fu assai pregevole: il <O salutaris hostia> fu cantato da Giuseppe Piliego - una forte speranza della scena - con una voce dolce e toccante e con arte impeccabile. Giuseppe Piliego che ha studiato all’eccellente scuola del prof. Vincenzo Lombardi, ha tutte, proprio tutte le migliori qualità per emergere presto e molto. Quanto è facile a noi giornalisti essere profeti”.
   Con quella voce è sin troppo facile. Il maestro Cav. Lombardi, che aveva portato al successo Caruso, lascia traccia dell’allievo diligente e ormai famoso, che gli dà soddisfazioni, e così si esprime in un telegramma che parte da Firenze il 14 febbraio 1912, diretto ai sigg. Cannonieri, Mazari e Garzia di Brindisi: “Lietissimo del successo mio figlio d’arte Piliego, ringraziovi tutto cuore per la vostra preziosa cooperazione inizio carriera promettente giovane artista che raccomando vivamente alle vostre  fraterne cure pel seguito stagione. Affettuosi saluti”.

   Ormai tutti i teatri, italiani e stranieri, se lo contendono (canterà anche al Metropolitan di New York). Ecco un altro titolo (17 novembre 1913): Il trionfo, a Lecce, del nostro concittadino Giuseppe Piliego: “Lunedì sera, poi, in una felice edizione della Favorita abbiamo avuto il piacere di ammirare  ed applaudire l’altro tenore comprovinciale Giuseppe Piliego, ch’è nato a Brindisi. Il Piliego giunge fra noi preceduto dalla bella nomea, possiede effettivamente una bella voce, estesa, limpida, soave ed insieme un talento artistico non comune: talché tutto sa ricercarvi le vie del cuore e vi conquide e vi trascina all’entusiasmo… Di fronte a queste lusinghiere parole, che, data la serietà del periodico, riproducono nel modo più reale e sincero l’impressione provata dall’intelligente pubblico leccese sul conto del nostro egregio concittadino, riteniamo inutile ogni nostro ulteriore elogio, e mandiamo soltanto, al valoroso artista, sentite congratulazioni e rallegramenti”.

   Bravura ma anche stima da parte dei colleghi. A Genova, al “Politeama”, il celebre baritono Comm. Mattia Battistini, scritturato per diverse sere, “ha voluto al suo fianco il tenore nostro concittadino Giuseppe Piliego il quale stando alla voce concorde dei principali quotidiani di quella città, è riuscito a suscitare grande entusiasmo in quel pubblico colto ed assai esigente. Senza dubbio al giovane tenore brindisino sorride il più roseo avvenire, che gli impresari sin da ora incominciano a disputarselo. Egli infatti è stato scritturato a Treviso, per la Manon”. Poi prenderà la nave per gli Usa: il successo è planetario. Ma a un certo punto le sue tracce si perdono, per riapparire di nuovo a Firenze, dove morirà a 77 anni. Il mistero di Piliego, dopo un secolo, è ancora intatto…

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