di Giuliano Gasparotti - Dinanzi ai tagli prospettati dal Piano Cottarelli sulla Spending Review, è intervenuta la Ministra Madia prospettando per gli 83.000 esuberi un possibile prepensionamento. Annunciando anche un piano di nuove assunzioni ed una mobilità forzata per il personale in servizio. Entrambe le proposte, tuttavia, non scalfiscono lontanamente il problema di una riforma vera della PA: se il primo ragiona in termini di soli tagli, la seconda aggraverebbe – e non di poco – le falle dei conti pubblici.
Luca Ricolfi sulla Stampa spiega come sebbene l'entità degli sprechi pubblici ammonti a 100 mld di euro annui, non siano aggredibili perché mancherebbero studi sia di sistema che di settore approfonditi – realizzabili in non meno di 3 o 4 anni – e comunque non si comprende chi e contro quali resistenze - dipendenti, dirigenti, sindacati – dovrebbe provvedere alla riorganizzazione dei singoli servizi. Ad essere sbagliato è probabilmente il metodo: ragionare in ottica di efficienza significa pensare in primis cosa lo Stato debba o non debba fare. La rivoluzione liberale, nella prospettiva degli Stati Uniti d'Europa, infatti, imporrebbe un costante riferimento ai parametri europei sia agendo sulle retribuzioni, sia sulla organizzazione della burocrazia.
Così si scopre che i 3.500.000 dipendenti pubblici non sono troppi ma sono inamovibili, poco qualificati ed eccessivamente anziani e soprattutto costosi. I problemi si concentrano sui dirigenti che guadagnano il doppio dei parigrado europei. Senza conteggiare i top manager delle aziende di Stato dai compensi fuori controllo, gli stipendi andrebbero semplicemente dimezzati. Principio che andrebbe esteso anche ai parlamentari ed ai vertici degli organi istituzionali.
L'altra leva è la cancellazione di enti ed uffici inutili, compresi le Province, il Senato e la miriade di altre soggettività , promuovendo un poderoso piano di dismissione di aziende di stato, società , e degli immobili relativi. Il nocciolo vero di una riforma però sta nell'organizzazione: smaterializzare gli uffici, abbattere il principio gerarchico, creare strutture snelle che lavorino per obiettivi verificati da soggetti terzi che facciano impennare la produttività , la mobilità , la flessibilità . Rendere a tempo determinato tutti i dirigenti sarebbe una rivoluzione epocale, peraltro prevista nel programma di candidatura alle Primarie del Premier Matteo Renzi.
Ad oggi un dipendente pubblico può lavorare tanto o poco e guadagna esattamente la stessa cifra, con una produttività distribuita a pioggia. Responsabilità grave di sindacati che hanno sostenuto l'egalitarismo a discapito dell'efficienza dei servizi e del merito individuale. Un dirigente che sbaglia al massimo viene sanzionato con lo spostamento ad altro incarico. Basterebbe, invece, programmare seriamente le attività , verificare gli obiettivi reali ed introdurre un principio di responsabilità per rinfoltire le – attualmente vuote – liste di mobilità , equiparando il lavoro pubblico con quello privato, licenziamenti inclusi.
Tempi di realizzazione di una siffatta riforma? Brevissimi e gli effetti economici strutturali sarebbero immediatamente visibili. Certo il nodo sta nel fatto che i politici si sono sempre serviti della PA come serbatoio di consenso elettorale: ma questa, che è il vero nocciolo della questione, è un'altra storia...
BIOGRAFIA - Giuliano Gasparotti, giurista, si occupa attualmente di privacy e diritti della persona per Regione Toscana dopo aver a lungo approfondito i temi dell'amministrazione digitale, società dell'informazione e della comunicazione, degli aspetti giuridici del documento elettronico, dell'organizzazione del lavoro pubblico. Dopo la Scuola di formazione politica Ulibo di Prodi, ha approfondito per il Pd i temi della creatività , dei diritti civili, della innovazione, dello sviluppo competitivo dei territori e dell’economia della conoscenza, della cultura contemporanea e della identità politica postmoderna. Ideatore e fondatore delle Officine Democratiche (che raccoglie i “meccanici” ovvero coloro che lavorano per sanare la frattura tra politica e società ) di cui è attualmente Presidente onorario è stato coordinatore fiorentino per i DS, prima, e per il PD, poi, ed è tra gli estensori delle proposte sulla laicità ed i diritti civili per il programma di candidatura di Matteo Renzi alle Primarie 2012. Candidato “rottamatore” con l'ex Premier Mario Monti, è parte del Coordinamento politico toscano ed è Responsabile nazionale Area Diritti Civili di Scelta Civica per l'Italia.
Luca Ricolfi sulla Stampa spiega come sebbene l'entità degli sprechi pubblici ammonti a 100 mld di euro annui, non siano aggredibili perché mancherebbero studi sia di sistema che di settore approfonditi – realizzabili in non meno di 3 o 4 anni – e comunque non si comprende chi e contro quali resistenze - dipendenti, dirigenti, sindacati – dovrebbe provvedere alla riorganizzazione dei singoli servizi. Ad essere sbagliato è probabilmente il metodo: ragionare in ottica di efficienza significa pensare in primis cosa lo Stato debba o non debba fare. La rivoluzione liberale, nella prospettiva degli Stati Uniti d'Europa, infatti, imporrebbe un costante riferimento ai parametri europei sia agendo sulle retribuzioni, sia sulla organizzazione della burocrazia.
Così si scopre che i 3.500.000 dipendenti pubblici non sono troppi ma sono inamovibili, poco qualificati ed eccessivamente anziani e soprattutto costosi. I problemi si concentrano sui dirigenti che guadagnano il doppio dei parigrado europei. Senza conteggiare i top manager delle aziende di Stato dai compensi fuori controllo, gli stipendi andrebbero semplicemente dimezzati. Principio che andrebbe esteso anche ai parlamentari ed ai vertici degli organi istituzionali.
L'altra leva è la cancellazione di enti ed uffici inutili, compresi le Province, il Senato e la miriade di altre soggettività , promuovendo un poderoso piano di dismissione di aziende di stato, società , e degli immobili relativi. Il nocciolo vero di una riforma però sta nell'organizzazione: smaterializzare gli uffici, abbattere il principio gerarchico, creare strutture snelle che lavorino per obiettivi verificati da soggetti terzi che facciano impennare la produttività , la mobilità , la flessibilità . Rendere a tempo determinato tutti i dirigenti sarebbe una rivoluzione epocale, peraltro prevista nel programma di candidatura alle Primarie del Premier Matteo Renzi.
Ad oggi un dipendente pubblico può lavorare tanto o poco e guadagna esattamente la stessa cifra, con una produttività distribuita a pioggia. Responsabilità grave di sindacati che hanno sostenuto l'egalitarismo a discapito dell'efficienza dei servizi e del merito individuale. Un dirigente che sbaglia al massimo viene sanzionato con lo spostamento ad altro incarico. Basterebbe, invece, programmare seriamente le attività , verificare gli obiettivi reali ed introdurre un principio di responsabilità per rinfoltire le – attualmente vuote – liste di mobilità , equiparando il lavoro pubblico con quello privato, licenziamenti inclusi.
Tempi di realizzazione di una siffatta riforma? Brevissimi e gli effetti economici strutturali sarebbero immediatamente visibili. Certo il nodo sta nel fatto che i politici si sono sempre serviti della PA come serbatoio di consenso elettorale: ma questa, che è il vero nocciolo della questione, è un'altra storia...
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