di Luigi Laguragnella - “Pregate per me”: è la parentesi d’apertura e di chiusura dei primi 365 giorni da papa, o meglio vescovo di Roma, di Jorge Bergoglio, papa Francesco. Con quella richiesta di preghiera ha iniziato un anno fa quando si è presentato al mondo come successore di Pietro e così, ieri 13 marzo 2014, quella preghiera l'ha ripetuta su Twitter dove undici milioni di persone lo seguono. Mentre la Chiesa universale, parrocchie, fedeli in questa giornata avvertono l’aria di festa per il primo anniversario di Francesco, lui da domenica scorsa fino a venerdì, è infatti, impegnato negli esercizi spirituali ad Ariccia vicino Roma, presso la Casa del Divin Maestro, che ha raggiunto in pullman, come qualsiasi prete di Parrocchia, insieme alla Curia.
E’ Quaresima, tempo liturgico più importante di un anniversario. Penserà questo papa Francesco, come è giusto che sia, ma tra le due parentesi di quel “Pregate per me” rivolte ci sono discorsi, gesti, parole, insegnamenti quotidianamente trasmessi dal papa argentino in un solo anno che stanno rivoluzionando la Chiesa dall’interno e dall’esterno. Ogni giorno un’omelia durante la messa che celebra a Santa Marta di primo mattino, ogni giorno è immortalato in abbracci, carezze, gesti semplici e allo stesso sconvolgenti, perché sa che compiuti da un papa indirizzano l’umanità verso l’amore, verso la solidarietà. E’ il papa del Sudamerica, che per tradizione e anagrafica, quindi, è lontano da una visione eurocentrica: questo è un bene per la Chiesa, che non è solo Roma, ma il mondo.
In questo anno papa Francesco è stato vicinissimo a tutte le persone; verrebbe da dire che sono rimasti pochi abitanti sulla Terra a non aver visto “dal vivo” il pontefice argentino. E se sta riscuotendo successo e soprattutto sta riavvicinando la gente alla vita di fede è sintomo che di questi tempi servono parole seguite da gesti concreti e coerenti con ciò che si proclama. La gente ha bisogno di avvertire la fiducia e il calore, un senso di cambiamento che onestamente nessuna figura carismatica e potente del pianeta (pur avendone potere e possibilità) è riuscita a comunicare. Papa Francesco sì. Ha compreso che per ricominciare e dare nuovo slancio alla Chiesa, ci si deve mettere la faccia. Il suo volto è dappertutto e dappertutto le sue semplici parole, utili insegnamenti per vivere la quotidianità vengono ricordate: “grazie”, “scusa”, “permesso”, rivolgendosi alle coppie come impegno quotidiano; “andate, senza paura, per servire” rivolto alla marea giovani di Rio de Janeiro;“camminare”, “confessare”, “edificare” verbi pronunciati nella sua messa d’esordio. Ma soprattutto fora lo schermo, i pc, gli smartphone ed egli stesso utilizza questi strumenti per dare speranza, gioia, forza alle persone: il suo sorriso unito alla sua convinzione di fede richiama ad una vita sobria, essenziale, di un cristiano che cammina verso le periferie materiali ed esistenziali.
Per un papa che viene dalla “fine del mondo”, l’invito ad andare verso gli ultimi, gli abbandonati e allo stesso tempo vedere la Chiesa come luogo di accoglienza verso tutti è modello da imitare.Il suo primo viaggio? Lampedusa. Simbolica meta, ma carica di messaggi per l’umanità e per quelle persone che scappano da guerre, carestie, rivolte, eppure trovano porte chiuse. Forse l’unica volta in cui il suo volto è apparso contrito è stato proprio a Lampedusa. Il suo sguardo era pieno di ardore e fermezza nel giorno in cui, ha chiesto al mondo intero di digiunare e pregare per dire no all’intervento militare in Siria. Sui social, ultimamente è girata la notizia della sua candidatura per il premio Nobel. Non ce ne sarebbe bisogno, essendo il papa, figura di pace che conduce le anime a ricercare l’amore tra i fratelli. Senza mai dimenticare la misericordia, questa parola che ha messo al centro del suo pontificato, invitando ad invocarla, pregarla, meditarla.
Telefona ai fedeli, presentandosi come “buongiorno sono papa Francesco”, scatta “selfie” insieme ai giovani, si butta tra la gente, augura buon pranzo, santificando la domenica. Un carattere tipico del Sud America. Essere scelto come il personaggio dell’anno per il Times e andare in copertina può ritenersi una cosa normale, non una sorpresa.
Ogni giorno dallo scorso 13 marzo 2013 ha riservato una sorpresa, creando piacevole stupore. Lo stupore è ciò che era rimasto sepolto del cattolicesimo e, che ora, grazie a lui sta risvegliando le coscienze di credenti e non credenti. Richiamando sempre alla sobrietà, lui che non alloggia nel palazzo apostolico e non indossa paramenti “da re”, spesso vuol riportare sulla giusta strada la Chiesa con tutti i suoi piccoli e grandi problemi interni che non le permette di essere testimone credibile: si rivolge a preti, suore mettendosi anche lui, con la giusta umiltà tra “le cose degli uomini”. Sa che il papa non può avere il controllo diretto di tutto quello che accade nelle diocesi del mondo e per questo ha scelto otto cardinali che lo aiuteranno a capire le varie e differenti esigenze delle comunità sparse per i cinque continenti. E ancora una volta pone l’attenzione sulle periferie del mondo eleggendo sedici cardinali di cui sei sudamericani, due africani e due asiatici. In primavera partirà in Corea per la Giornata Asiatica della Gioventù. La Chiesa, così, è meglio distribuita a macchia d’olio sul pianeta. Esistono modi di vivere la fede che forse, gli occidentali neanche immaginano. Papa Francesco, invece è la testimonianza che la freschezza di alcune realtà è contagiante per l’ammaccata Europa.
Sembra totalmente aperto al dialogo per le grandi questioni di cui alla Chiesa è richiesta una risposta: sull’omossessualità, sul divorzio, sulla crisi della famiglia, sui contraccettivi, sul secolarismo. Forse sorprende al mondo la sua apertura mentale, rafforzata dal suo carisma gesuita. Anzi è proprio lui a lanciare a tutte le chiese locali delle domande su cui i fedeli sono invitati a riflettere. Si potrebbe pensare che vada a sconvolgere le gerarchie o la dottrina della Chiesa, invece sembra che stia proseguendo sulla bellezza del gesto delle dimissioni del papa emerito Benedetto XVI.
Papa Francesco sta semplicemente applicando quello che manca alla società: il dialogo, l’educazione, l’accoglienza, la gioia. Ossia i fondamenti della convivenza tra uomini. In questo sta la sua rivoluzione.
Può sembrare che stia sfruttando l’immagine e magari la facilità della comunicazione del terzo millennio. Ma non tutti gli uomini con una certa autorità si priverebbero di permessi e comodità come un papa, inevitabilmente avrebbe. Usa tutto per evangelizzare, rendere la Chiesa missionaria. In poche parole si sta sporcando le mani nella società odierna come un fedele servitore. E non è il papa il primo servitore di Cristo?
Solitamente chi detiene un potere è innanzitutto servitore del contesto in cui vive… comunque tra le parentesi “pregate per me” ci sono un sacco di parole, immagini, suoni vissuti da milioni di persone. Ognuno può metterci quello che vuole. Ed è bello. Papa Francesco, per ora, non si può scrivere tanto, piuttosto va vissuto ancora! Punto e a capo…
E’ Quaresima, tempo liturgico più importante di un anniversario. Penserà questo papa Francesco, come è giusto che sia, ma tra le due parentesi di quel “Pregate per me” rivolte ci sono discorsi, gesti, parole, insegnamenti quotidianamente trasmessi dal papa argentino in un solo anno che stanno rivoluzionando la Chiesa dall’interno e dall’esterno. Ogni giorno un’omelia durante la messa che celebra a Santa Marta di primo mattino, ogni giorno è immortalato in abbracci, carezze, gesti semplici e allo stesso sconvolgenti, perché sa che compiuti da un papa indirizzano l’umanità verso l’amore, verso la solidarietà. E’ il papa del Sudamerica, che per tradizione e anagrafica, quindi, è lontano da una visione eurocentrica: questo è un bene per la Chiesa, che non è solo Roma, ma il mondo.
In questo anno papa Francesco è stato vicinissimo a tutte le persone; verrebbe da dire che sono rimasti pochi abitanti sulla Terra a non aver visto “dal vivo” il pontefice argentino. E se sta riscuotendo successo e soprattutto sta riavvicinando la gente alla vita di fede è sintomo che di questi tempi servono parole seguite da gesti concreti e coerenti con ciò che si proclama. La gente ha bisogno di avvertire la fiducia e il calore, un senso di cambiamento che onestamente nessuna figura carismatica e potente del pianeta (pur avendone potere e possibilità) è riuscita a comunicare. Papa Francesco sì. Ha compreso che per ricominciare e dare nuovo slancio alla Chiesa, ci si deve mettere la faccia. Il suo volto è dappertutto e dappertutto le sue semplici parole, utili insegnamenti per vivere la quotidianità vengono ricordate: “grazie”, “scusa”, “permesso”, rivolgendosi alle coppie come impegno quotidiano; “andate, senza paura, per servire” rivolto alla marea giovani di Rio de Janeiro;“camminare”, “confessare”, “edificare” verbi pronunciati nella sua messa d’esordio. Ma soprattutto fora lo schermo, i pc, gli smartphone ed egli stesso utilizza questi strumenti per dare speranza, gioia, forza alle persone: il suo sorriso unito alla sua convinzione di fede richiama ad una vita sobria, essenziale, di un cristiano che cammina verso le periferie materiali ed esistenziali.
Per un papa che viene dalla “fine del mondo”, l’invito ad andare verso gli ultimi, gli abbandonati e allo stesso tempo vedere la Chiesa come luogo di accoglienza verso tutti è modello da imitare.Il suo primo viaggio? Lampedusa. Simbolica meta, ma carica di messaggi per l’umanità e per quelle persone che scappano da guerre, carestie, rivolte, eppure trovano porte chiuse. Forse l’unica volta in cui il suo volto è apparso contrito è stato proprio a Lampedusa. Il suo sguardo era pieno di ardore e fermezza nel giorno in cui, ha chiesto al mondo intero di digiunare e pregare per dire no all’intervento militare in Siria. Sui social, ultimamente è girata la notizia della sua candidatura per il premio Nobel. Non ce ne sarebbe bisogno, essendo il papa, figura di pace che conduce le anime a ricercare l’amore tra i fratelli. Senza mai dimenticare la misericordia, questa parola che ha messo al centro del suo pontificato, invitando ad invocarla, pregarla, meditarla.
Telefona ai fedeli, presentandosi come “buongiorno sono papa Francesco”, scatta “selfie” insieme ai giovani, si butta tra la gente, augura buon pranzo, santificando la domenica. Un carattere tipico del Sud America. Essere scelto come il personaggio dell’anno per il Times e andare in copertina può ritenersi una cosa normale, non una sorpresa.
Ogni giorno dallo scorso 13 marzo 2013 ha riservato una sorpresa, creando piacevole stupore. Lo stupore è ciò che era rimasto sepolto del cattolicesimo e, che ora, grazie a lui sta risvegliando le coscienze di credenti e non credenti. Richiamando sempre alla sobrietà, lui che non alloggia nel palazzo apostolico e non indossa paramenti “da re”, spesso vuol riportare sulla giusta strada la Chiesa con tutti i suoi piccoli e grandi problemi interni che non le permette di essere testimone credibile: si rivolge a preti, suore mettendosi anche lui, con la giusta umiltà tra “le cose degli uomini”. Sa che il papa non può avere il controllo diretto di tutto quello che accade nelle diocesi del mondo e per questo ha scelto otto cardinali che lo aiuteranno a capire le varie e differenti esigenze delle comunità sparse per i cinque continenti. E ancora una volta pone l’attenzione sulle periferie del mondo eleggendo sedici cardinali di cui sei sudamericani, due africani e due asiatici. In primavera partirà in Corea per la Giornata Asiatica della Gioventù. La Chiesa, così, è meglio distribuita a macchia d’olio sul pianeta. Esistono modi di vivere la fede che forse, gli occidentali neanche immaginano. Papa Francesco, invece è la testimonianza che la freschezza di alcune realtà è contagiante per l’ammaccata Europa.
Sembra totalmente aperto al dialogo per le grandi questioni di cui alla Chiesa è richiesta una risposta: sull’omossessualità, sul divorzio, sulla crisi della famiglia, sui contraccettivi, sul secolarismo. Forse sorprende al mondo la sua apertura mentale, rafforzata dal suo carisma gesuita. Anzi è proprio lui a lanciare a tutte le chiese locali delle domande su cui i fedeli sono invitati a riflettere. Si potrebbe pensare che vada a sconvolgere le gerarchie o la dottrina della Chiesa, invece sembra che stia proseguendo sulla bellezza del gesto delle dimissioni del papa emerito Benedetto XVI.
Papa Francesco sta semplicemente applicando quello che manca alla società: il dialogo, l’educazione, l’accoglienza, la gioia. Ossia i fondamenti della convivenza tra uomini. In questo sta la sua rivoluzione.
Può sembrare che stia sfruttando l’immagine e magari la facilità della comunicazione del terzo millennio. Ma non tutti gli uomini con una certa autorità si priverebbero di permessi e comodità come un papa, inevitabilmente avrebbe. Usa tutto per evangelizzare, rendere la Chiesa missionaria. In poche parole si sta sporcando le mani nella società odierna come un fedele servitore. E non è il papa il primo servitore di Cristo?
Solitamente chi detiene un potere è innanzitutto servitore del contesto in cui vive… comunque tra le parentesi “pregate per me” ci sono un sacco di parole, immagini, suoni vissuti da milioni di persone. Ognuno può metterci quello che vuole. Ed è bello. Papa Francesco, per ora, non si può scrivere tanto, piuttosto va vissuto ancora! Punto e a capo…