BARI - “Siete la vergogna dell’Italia”! Così non molto tempo fa l’allora ministro Brunetta apostrofò i precari del Ministero che chiedevano di parlare della loro situazione in un convegno alla presenza del Ministro. E poi fuggì dalla sala.
A quanto pare da noi questo pregiudizio non è solo nel Dna della destra, ma si propaga in altre direzioni anche grazie a particolari campagne di stampa.
Il paradosso è che mentre in tutta Italia e in molte Regioni su iniziativa del Sindacato e delle forze di sinistra, PD compreso, si prova a sanare un’ingiustizia colossale quale è la precarietà nel rapporto di lavoro con le sue conseguenze nella vita di famiglie e persone, qui in Puglia si cerca di trasformare le vittime di un reticolo di norme, disposizioni, vincoli che hanno impedito alla Pubblica Amministrazione un arruolamento stabile per approfittatori, raccomandati, scialacquatori del denaro pubblico.
L’ultima puntata di questo brutto film è paradossale.
Il concorso bandito dalla Regione non ha infatti alcun rapporto diretto con la situazione dei precari dell’Ente.
La loro vicenda e le possibili prospettive stanno già infatti nella legge dello stato e proprio su iniziativa – certamente positiva - di alcuni parlamentari PD che hanno consentito l’approvazione di una norma che è dirimente per procedere alla stabilizzazione in totale autonomia rispetto al concorso. Dunque in questo caso non c’è alcuna competizione fra disoccupati e precari perché il metodo di arruolamento definito dalle leggi è diverso.
C’è invece nel bando il (giusto) riconoscimento dell’esperienza e della professionalità di tutti i dipendenti della Regione a iniziare dagli storici e la necessità di procedere speditamente col concorso anche per salvaguardare i cd ‘retrocessi’ in relazione alla nota sentenza del Consiglio di Stato.
Mettere in dubbio queste priorità è davvero arduo e comunque non ha alcun rapporto con le rivendicazioni dei tempi determinati.
A meno che non ci sia qualcuno che in spregio ai contratti e alla giurisprudenza ritenga che questi dipendenti della PA non possano avere diritti e salario uguali a quelli del personale a tempo indeterminato e debbano, perché no, lavorare senza diritti e senza retribuzione…. per imparare il mestiere!
Insomma, almeno che nei paraggi non ci sia qualche schiavista”. A riferirlo in una nota il Presidente del Gruppo consiliare Sel, Michele Losappio.
A quanto pare da noi questo pregiudizio non è solo nel Dna della destra, ma si propaga in altre direzioni anche grazie a particolari campagne di stampa.
Il paradosso è che mentre in tutta Italia e in molte Regioni su iniziativa del Sindacato e delle forze di sinistra, PD compreso, si prova a sanare un’ingiustizia colossale quale è la precarietà nel rapporto di lavoro con le sue conseguenze nella vita di famiglie e persone, qui in Puglia si cerca di trasformare le vittime di un reticolo di norme, disposizioni, vincoli che hanno impedito alla Pubblica Amministrazione un arruolamento stabile per approfittatori, raccomandati, scialacquatori del denaro pubblico.
L’ultima puntata di questo brutto film è paradossale.
Il concorso bandito dalla Regione non ha infatti alcun rapporto diretto con la situazione dei precari dell’Ente.
La loro vicenda e le possibili prospettive stanno già infatti nella legge dello stato e proprio su iniziativa – certamente positiva - di alcuni parlamentari PD che hanno consentito l’approvazione di una norma che è dirimente per procedere alla stabilizzazione in totale autonomia rispetto al concorso. Dunque in questo caso non c’è alcuna competizione fra disoccupati e precari perché il metodo di arruolamento definito dalle leggi è diverso.
C’è invece nel bando il (giusto) riconoscimento dell’esperienza e della professionalità di tutti i dipendenti della Regione a iniziare dagli storici e la necessità di procedere speditamente col concorso anche per salvaguardare i cd ‘retrocessi’ in relazione alla nota sentenza del Consiglio di Stato.
Mettere in dubbio queste priorità è davvero arduo e comunque non ha alcun rapporto con le rivendicazioni dei tempi determinati.
A meno che non ci sia qualcuno che in spregio ai contratti e alla giurisprudenza ritenga che questi dipendenti della PA non possano avere diritti e salario uguali a quelli del personale a tempo indeterminato e debbano, perché no, lavorare senza diritti e senza retribuzione…. per imparare il mestiere!
Insomma, almeno che nei paraggi non ci sia qualche schiavista”. A riferirlo in una nota il Presidente del Gruppo consiliare Sel, Michele Losappio.
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