di Luca Losito - Il Milan è in continuo fermento. Le voci corrono e si rincorrono, per una situazione in perpetuo divenire. L'insipido pareggio di Roma, d'altronde, non poteva certo bastare a calmare le agitatissime acque rossonere. Dichiarazioni di facciata a parte, soprattutto dopo le contestazioni, Galliani ne ha abbastanza: il tecnico è sotto esame e a Firenze rischia il posto, i calciatori senza Europa subiranno una riduzione dello stipendio e guai a chi si ribella. Anche da questo dovrebbe trasparire l'amore per la maglia. Dovrebbe, appunto. La realtà, purtroppo, è ben diversa da quel che s'idealizza.
Partiamo da Seedorf, l'Ad avrebbe preferito il ben più preparato Pippo Inzaghi, tuttavia, ha dovuto assecondare il volere del Patron, salvo tornare alla carica proprio in seguito ai ripensamenti dello stesso. Clarence paga l'inesperienza e una presunzione fuori luogo. Molti i contesti in cui la squadra, pur non fortissima, poteva fare di più. Basti pensare all'eliminazione in Coppa Italia per mano di un'Udinese a dir poco mediocre. Oppure, se vogliamo un esempio più recente, l'insensato sbilanciamento della squadra con la Lazio e l'inserimento di un'altra punta sull'1-0. Perdere compattezza e subire l'1-1, la logica conseguenza. Insomma, per tante valide ragioni, l'olandese a Firenze si gioca tutto. O quasi. Molto dipenderà dalla fermezza della dirigenza nel voler risollevare questo Milan.
In secondo luogo ci sono i giocatori. La crisi totale s'è scatenata dopo la cacciata di Allegri, ma le colpe del tecnico toscano appaiono molto limitate rispetto a quelle di chi è sceso in campo. Ce ne accorgiamo ancor più oggi, vedendo la media punti peggiorata senza il conte Max. Il rendimento di molti è stato al di sotto delle aspettative. Il più deludente di tutti, Balotelli: colui che doveva fare la differenza, ha confermato tutti i limiti caratteriali e l'assoluta immaturità. Le doti ci sono, la testa no. E non è poco, la lista dei talenti perduti pare inesauribile. SuperMario si svegli, altrimenti anche l'Italia ai Mondiali dovrà stravolgere i propri piani offensivi. Poi ci sono i Robinho, gli Essien, gli Emanuelson, i Mexes e così via. Galliani, quindi, ha ben pensato una decurtazione degli stipendi a fine stagione: senza l'approdo in Europa, ormai certa, ci sarà un taglio del 20%.
In una rosa che ha dimostrato tutto l'attaccamento alla maglia sul campo, non potevano mancare i primi brontolii: “Ne parleremo a fine stagione”, firmato Kakà, in un calcio in cui l'unica bandiera rimasta è quell'ammiccante sventolata dal Dio Denaro. “Non ci saranno discussioni in merito”, ha ribattuto a muso duro il buon Adriano. Che il brasiliano vada, se vuole. Anche lui, tra gli altri, purtroppo, è stato l'artefice di quest'annata. E chiunque la pensi come lui, lo segua. Chi non è disposto a farsi un serio esame di coscienza e accettare una riduzione dei pur lauti guadagni, dopo una stagione simile, non è degno di indossare la casacca rossonera. Benvenuta rivoluzione.
Partiamo da Seedorf, l'Ad avrebbe preferito il ben più preparato Pippo Inzaghi, tuttavia, ha dovuto assecondare il volere del Patron, salvo tornare alla carica proprio in seguito ai ripensamenti dello stesso. Clarence paga l'inesperienza e una presunzione fuori luogo. Molti i contesti in cui la squadra, pur non fortissima, poteva fare di più. Basti pensare all'eliminazione in Coppa Italia per mano di un'Udinese a dir poco mediocre. Oppure, se vogliamo un esempio più recente, l'insensato sbilanciamento della squadra con la Lazio e l'inserimento di un'altra punta sull'1-0. Perdere compattezza e subire l'1-1, la logica conseguenza. Insomma, per tante valide ragioni, l'olandese a Firenze si gioca tutto. O quasi. Molto dipenderà dalla fermezza della dirigenza nel voler risollevare questo Milan.
In secondo luogo ci sono i giocatori. La crisi totale s'è scatenata dopo la cacciata di Allegri, ma le colpe del tecnico toscano appaiono molto limitate rispetto a quelle di chi è sceso in campo. Ce ne accorgiamo ancor più oggi, vedendo la media punti peggiorata senza il conte Max. Il rendimento di molti è stato al di sotto delle aspettative. Il più deludente di tutti, Balotelli: colui che doveva fare la differenza, ha confermato tutti i limiti caratteriali e l'assoluta immaturità. Le doti ci sono, la testa no. E non è poco, la lista dei talenti perduti pare inesauribile. SuperMario si svegli, altrimenti anche l'Italia ai Mondiali dovrà stravolgere i propri piani offensivi. Poi ci sono i Robinho, gli Essien, gli Emanuelson, i Mexes e così via. Galliani, quindi, ha ben pensato una decurtazione degli stipendi a fine stagione: senza l'approdo in Europa, ormai certa, ci sarà un taglio del 20%.
In una rosa che ha dimostrato tutto l'attaccamento alla maglia sul campo, non potevano mancare i primi brontolii: “Ne parleremo a fine stagione”, firmato Kakà, in un calcio in cui l'unica bandiera rimasta è quell'ammiccante sventolata dal Dio Denaro. “Non ci saranno discussioni in merito”, ha ribattuto a muso duro il buon Adriano. Che il brasiliano vada, se vuole. Anche lui, tra gli altri, purtroppo, è stato l'artefice di quest'annata. E chiunque la pensi come lui, lo segua. Chi non è disposto a farsi un serio esame di coscienza e accettare una riduzione dei pur lauti guadagni, dopo una stagione simile, non è degno di indossare la casacca rossonera. Benvenuta rivoluzione.
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