di Frédéric Pascali - Il racconto della Seconda Guerra Mondiale è ancora lontano dall’essere stato completato. Esistono episodi di sparuto eroismo troppo spesso dimenticati nell’archivio di qualche biblioteca o tra le letture di pochi addetti ai lavori. Uno di essi non sfugge alla curiosità di George Clooney, che dirige e confeziona l’adattamento cinematografico dell’omonimo libro di Robert M. Edsel.
Lo fa con la consueta eleganza, agghindandolo con una accattivante “tappezzeria” che strizza l’occhio ai film di guerra del passato hollywoodiano. Una scelta che, nonostante lo sforzo narrativo, il cast stellare,e i buoni propositi, condiziona la vocazione drammatica del film vincolandolo alla retorica dello stereotipo dell’eroe americano.
La guerra volge ormai al termine quando il professor Frank Stokes, famoso studioso d’arte, convince il presidente degli Stati Uniti della necessità di fare qualcosa per salvaguardare il patrimonio artistico sul territorio europeo ancora occupato dai nazisti.
Viene approntata una squadra di sette specialisti, i “Monuments Men”, reclutati tra curatori di musei, storici, architetti, artisti. A loro si aggiungono un pilota britannico e un ebreo tedesco come interprete. Dopo un breve periodo di addestramento in suolo inglese fanno tappa in Normandia, dove alcuni soldati tedeschi sono stati catturati intenti a sottrarre dei dipinti di Claude Monet. È l’inizio di una nobile e coraggiosa avventura, con le remore della vigilia che presto si trasformano in mostrine d’onore da appuntare sul petto.
Basculando tra nemici, i nazisti in fuga in versione predoni, e alleati, i russi alla caccia di un serio bottino di guerra, i “nostri” riescono a salvare capolavori d’ogni tempo, come la “Madonna col Bambino” di Michelangelo, restituendoli ai legittimi proprietari.
A metà tra “Ocean’s Eleven” e “Quella sporca dozzina”, la pellicola non si realizza mai compiutamente, prigioniera di una natura ibrida che non gli dà scampo.
Eccelsi Matt Damon e Cate Blanchett, tiepida la reazione del pubblico.
Lo fa con la consueta eleganza, agghindandolo con una accattivante “tappezzeria” che strizza l’occhio ai film di guerra del passato hollywoodiano. Una scelta che, nonostante lo sforzo narrativo, il cast stellare,e i buoni propositi, condiziona la vocazione drammatica del film vincolandolo alla retorica dello stereotipo dell’eroe americano.
La guerra volge ormai al termine quando il professor Frank Stokes, famoso studioso d’arte, convince il presidente degli Stati Uniti della necessità di fare qualcosa per salvaguardare il patrimonio artistico sul territorio europeo ancora occupato dai nazisti.
Viene approntata una squadra di sette specialisti, i “Monuments Men”, reclutati tra curatori di musei, storici, architetti, artisti. A loro si aggiungono un pilota britannico e un ebreo tedesco come interprete. Dopo un breve periodo di addestramento in suolo inglese fanno tappa in Normandia, dove alcuni soldati tedeschi sono stati catturati intenti a sottrarre dei dipinti di Claude Monet. È l’inizio di una nobile e coraggiosa avventura, con le remore della vigilia che presto si trasformano in mostrine d’onore da appuntare sul petto.
Basculando tra nemici, i nazisti in fuga in versione predoni, e alleati, i russi alla caccia di un serio bottino di guerra, i “nostri” riescono a salvare capolavori d’ogni tempo, come la “Madonna col Bambino” di Michelangelo, restituendoli ai legittimi proprietari.
A metà tra “Ocean’s Eleven” e “Quella sporca dozzina”, la pellicola non si realizza mai compiutamente, prigioniera di una natura ibrida che non gli dà scampo.
Eccelsi Matt Damon e Cate Blanchett, tiepida la reazione del pubblico.