di Giuliano Gasparotti - C'è un argomento – fortissimo, perché vero – usato da Matteo Renzi: se la politica non cambia, non rinuncia a quella tendenza bulimica tipica della partitocrazia, firma la sua definitiva condanna a morte. Ancora peggio: sarà la principale responsabile dell'esplosione di consensi del populismo più becero, inconcludente e pericoloso. Su questo aspetto i partiti che sostengono la maggioranza debbono lanciare segnali inequivocabili. Per questo sulla querelle aperta tra il Premier ed il Presidente Grasso, politicamente è indispensabile fare quadrato sulle riforme costituzionali. Procedere senza indugio alla trasformazione del Senato ed al cambiamento del Titolo V. Un altro fattore spesso trascurato è infatti, pensiamo alla vicenda del Governo Letta, rappresentato dal valore del “tempo”. Siamo in ritardo di oltre trent'anni su ogni fronte: dalla forma di Governo al lavoro, dai diritti civili alle tecnologie. In una condizione di gravissima crisi economica e morale nessuno si può permettere il lusso di “attendere” o di “rinviare”.
Nel merito, tuttavia, se “cambiare” non è sinonimo di “migliorare”, non è possibile trascurare due elementi. E' difficile riformare la Costituzione in due ore di accordo preso a tavolino tra Renzi e Berlusconi: si sta parlando della Carta fondamentale che disciplina la vita democratica del Paese. Per quanto le scelte fondamentali siano politiche ci sono anche aspetti tecnici niente affatto trascurabili. Per quanto vi sia allergia sul metodo la via maestra sarebbe stata, come tuttora è, l'elezione diretta da parte dei cittadini di una Assemblea Costituente per riscrivere la seconda parte della Costituzione: due anni di lavoro e risultato assicurato. Stabilizzando – quindi blindando – la vita del Governo Renzi per tutta la legislatura in corso. Se, a quanto pare, non si vuole percorrere questa strada, è irrinunciabile un confronto serrato in Parlamento con tutti i rischi che questo comporta. Sui quattro pilastri irrinunciabili proposti da Renzi - “Il Senato non vota la fiducia. Non vota le leggi di bilancio. Non è eletto. E non ha indennità ”- sembra improbabile che sono si innesti una discussione lunga al termine della quale la votazione potrebbe non consentire di raggiungere il risultato sperato.
La sortita del Presidente Grasso è apparsa eccessiva proprio per il ruolo di terzietà ed equilibrio che la seconda carica dello Stato deve assumere. Non si può, tuttavia non registrare che se c'è larga condivisione sul superamento del bicameralismo perfetto, e sulla connotazione territoriale del Senato, sulla non elezione molte sono le resistenze. Perché, ad esempio, non prendere a modello quello Statunitense? Tre senatori eletti per ciascuna regione (in USA sono due), diversificazione delle funzioni, senza voto di fiducia o di bilancio. Dai 315 membri attuali si passerebbe al massimo ad un centinaio. E' un'ipotesi. Il nodo vero, tuttavia è un altro ed è la risposta più efficace ottenibile in pochissimo tempo: dimezzare lo stipendio di tutti i parlamentari adeguandoli agli standard europei. L'ex Premier Mario Monti ci aveva provato ma la palude parlamentare prese il sopravvento. Oggi la forza politica e la determinazione del Premier Renzi potrebbe riuscire in una svolta fortissima che spianerebbe la strada alle riforme costituzionali che necessitano di tempi e formalità difficili da eliminare.
Perché, quindi, non partire proprio da questa proposta?
BIOGRAFIA - Giuliano Gasparotti, giurista, si occupa attualmente di privacy e diritti della persona per Regione Toscana dopo aver a lungo approfondito i temi dell'amministrazione digitale, società dell'informazione e della comunicazione, degli aspetti giuridici del documento elettronico, dell'organizzazione del lavoro pubblico. Dopo la Scuola di formazione politica Ulibo di Prodi, ha approfondito per il Pd i temi della creatività , dei diritti civili, della innovazione, dello sviluppo competitivo dei territori e dell’economia della conoscenza, della cultura contemporanea e della identità politica postmoderna. Ideatore e fondatore delle Officine Democratiche (che raccoglie i “meccanici” ovvero coloro che lavorano per sanare la frattura tra politica e società ) di cui è attualmente Presidente onorario è stato coordinatore fiorentino per i DS, prima, e per il PD, poi, ed è tra gli estensori delle proposte sulla laicità ed i diritti civili per il programma di candidatura di Matteo Renzi alle Primarie 2012. Candidato “rottamatore” con l'ex Premier Mario Monti, è parte del Coordinamento politico toscano ed è Responsabile nazionale Area Diritti Civili di Scelta Civica per l'Italia.
Nel merito, tuttavia, se “cambiare” non è sinonimo di “migliorare”, non è possibile trascurare due elementi. E' difficile riformare la Costituzione in due ore di accordo preso a tavolino tra Renzi e Berlusconi: si sta parlando della Carta fondamentale che disciplina la vita democratica del Paese. Per quanto le scelte fondamentali siano politiche ci sono anche aspetti tecnici niente affatto trascurabili. Per quanto vi sia allergia sul metodo la via maestra sarebbe stata, come tuttora è, l'elezione diretta da parte dei cittadini di una Assemblea Costituente per riscrivere la seconda parte della Costituzione: due anni di lavoro e risultato assicurato. Stabilizzando – quindi blindando – la vita del Governo Renzi per tutta la legislatura in corso. Se, a quanto pare, non si vuole percorrere questa strada, è irrinunciabile un confronto serrato in Parlamento con tutti i rischi che questo comporta. Sui quattro pilastri irrinunciabili proposti da Renzi - “Il Senato non vota la fiducia. Non vota le leggi di bilancio. Non è eletto. E non ha indennità ”- sembra improbabile che sono si innesti una discussione lunga al termine della quale la votazione potrebbe non consentire di raggiungere il risultato sperato.
La sortita del Presidente Grasso è apparsa eccessiva proprio per il ruolo di terzietà ed equilibrio che la seconda carica dello Stato deve assumere. Non si può, tuttavia non registrare che se c'è larga condivisione sul superamento del bicameralismo perfetto, e sulla connotazione territoriale del Senato, sulla non elezione molte sono le resistenze. Perché, ad esempio, non prendere a modello quello Statunitense? Tre senatori eletti per ciascuna regione (in USA sono due), diversificazione delle funzioni, senza voto di fiducia o di bilancio. Dai 315 membri attuali si passerebbe al massimo ad un centinaio. E' un'ipotesi. Il nodo vero, tuttavia è un altro ed è la risposta più efficace ottenibile in pochissimo tempo: dimezzare lo stipendio di tutti i parlamentari adeguandoli agli standard europei. L'ex Premier Mario Monti ci aveva provato ma la palude parlamentare prese il sopravvento. Oggi la forza politica e la determinazione del Premier Renzi potrebbe riuscire in una svolta fortissima che spianerebbe la strada alle riforme costituzionali che necessitano di tempi e formalità difficili da eliminare.
Perché, quindi, non partire proprio da questa proposta?
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