di Vittorio Polito - È trascorso un lustro dalla scomparsa del grande Vito Maurogiovanni (27.12.1924 – 5.3. 2009), l’amabile scrittore, giornalista, commediografo e sceneggiatore, ma soprattutto cantore di Bari e della Baresità. Quello che sapeva tutto sulla nostra Bari, i suoi personaggi, i suoi fatti, la sua storia. Monsignor Cacucci, Arcivescovo di Bari-Bitonto, in occasione del suo 80° compleanno disse che «La città deve a lui l’aspetto migliore per la sua profondità culturale, mai ostentata, la sua fede, la sua umiltà. Si coglie nella sua persona un tratto di storia di Bari». (Foto: V.Polito)
Maurogiovanni, un galantuomo, esperto di cultura popolare, ha scritto, tra le tante cose, diverse farse in dialetto come ‘Aminueamare’, ‘Chidde dì’ e ‘U café antiche’, quest’ultimo, unico dramma in dialetto barese e prima opera teatrale dell’autore. C’è poi Jarche vasce, una ricostruzione dei cicli della vita e dell’anno secondo la cultura della tradizione. Per non parlare della famosa trasmissione radiofonica ‘La Caravella’, i cui testi li scriveva insieme ad altri autori. Vito era legato soprattutto a due volumi: ‘Cantata per una città’ (fatti, cose personaggi del Novecento), una vera romanza d’amore per la sua Bari, e ‘Come eravamo’ (entrambi eleganti edizioni della Levante Editori).
Mi piace ricordare da ‘Cantata per una città’ il capitolo «Suonavano le fisarmoniche» (fatti, personaggi e cose viste di Via De Rossi), molto importante per Maurogiovanni dal momento che rappresenta, la strada in cui l’autore è nato e vissuto e che definisce “bella via mia”, ove era ubicato l’Antico Caffé, con il lampione rosso, i divani rossi, il quadro dei Mille di Garibaldi, tutti commossi e in camicia rossa. E un lampione bianco, luminoso, che s’accendeva nelle grandi occasioni, un bar, che ha rappresentato per Vito un po’ della sua vita, poiché dal 1860 al 1939 al civico 119 di Via De Rossi è stato ubicato quell’Antico Caffè. La sua notevole produzione letteraria su teatro, dialetto, commedie, San Nicola, al quale era molto legato, ricordandolo con il volume ‘Un gran Santo…’ (Levante Editori), e non ha dimenticato neanche i ragazzi pubblicando ‘San Nicola a fumetti’ (Bracciodieta Editore), tutte opere che sopravvivranno sempre a se stesso, a testimonianza della sua immortalità.
Fortunata Dell’Orzo così scriveva in occasione della sua scomparsa «Colto di una cultura vera, vissuta, sperimentata, bevuta, mangiata e digerita nel quotidiano. Vito narrava divinamente anche le povere minuzie di un popolo che spesso è folla, cresciuta alle periferie di ogni impero e spesso all’ombra mitizzata di un Vesuvio che in realtà non ci appartiene. Gentiluomo, uomo, maschio passionale e perfetto, capace di amare di purissimo amore tutte le bellissime (e per lui lo eravamo tutte anche le ultraottantenni o le oversize come me) che incrociavano le sue vie». Insomma un uomo che Bari meritava perché di Bari aveva il cuore, l’anima più profonda, gli umori, la vivacità scanzonata. Se poi quest’uomo era una persona per bene, la tristezza per la perdita è ancora più profonda. Il grande Vito cantore e amante della Baresità, non può essere dimenticato, dal momento che si tratta di una persona che ha dato tanto ai baresi ed alla sua amata città.
Peppino Zaccaro, noto poeta dialettale barese ha sintetizzato in pochi versi il grande Maurogiovanni con la poesia “Na Candate pe Ttè”.
Na Candate pe Ttè
di Peppino Zaccaro
Na candate pe ttè
ca sì regalate
a tutte le barìse
u mègghi’a mmègghie
du cafè andiche.
Na candate pe Ttè
ca ngi sì racchendate
Jarche Vasce e Bare vècchie
ca te fascene aprì l’ècchie.
Chèdde ca sì allassate
sop’a stà tèrre
sò tande cose bèlle
pezzinghe la Caravèlle
sò probbete assà assà
ca non nze podene chendà.
Quanda pausì, quande chemmèdie:
La Passione de Criste, Aminueamare,
Sanda Necole ca menì da mare.
Ce bène e ce tesore
naskennute mmènze o core.
Che le chià ca sì avute
sì apjirte le porte du Paravise
e dassuse sì pertate
che nu bèlle serrise
u tjiaddre de le barìse.
Na candate pe Ttè
Vite Maurogiovanne
u candastorrie de la terra noste
de Bare tu sì u cchiù granne.
Maurogiovanni, un galantuomo, esperto di cultura popolare, ha scritto, tra le tante cose, diverse farse in dialetto come ‘Aminueamare’, ‘Chidde dì’ e ‘U café antiche’, quest’ultimo, unico dramma in dialetto barese e prima opera teatrale dell’autore. C’è poi Jarche vasce, una ricostruzione dei cicli della vita e dell’anno secondo la cultura della tradizione. Per non parlare della famosa trasmissione radiofonica ‘La Caravella’, i cui testi li scriveva insieme ad altri autori. Vito era legato soprattutto a due volumi: ‘Cantata per una città’ (fatti, cose personaggi del Novecento), una vera romanza d’amore per la sua Bari, e ‘Come eravamo’ (entrambi eleganti edizioni della Levante Editori).
Mi piace ricordare da ‘Cantata per una città’ il capitolo «Suonavano le fisarmoniche» (fatti, personaggi e cose viste di Via De Rossi), molto importante per Maurogiovanni dal momento che rappresenta, la strada in cui l’autore è nato e vissuto e che definisce “bella via mia”, ove era ubicato l’Antico Caffé, con il lampione rosso, i divani rossi, il quadro dei Mille di Garibaldi, tutti commossi e in camicia rossa. E un lampione bianco, luminoso, che s’accendeva nelle grandi occasioni, un bar, che ha rappresentato per Vito un po’ della sua vita, poiché dal 1860 al 1939 al civico 119 di Via De Rossi è stato ubicato quell’Antico Caffè. La sua notevole produzione letteraria su teatro, dialetto, commedie, San Nicola, al quale era molto legato, ricordandolo con il volume ‘Un gran Santo…’ (Levante Editori), e non ha dimenticato neanche i ragazzi pubblicando ‘San Nicola a fumetti’ (Bracciodieta Editore), tutte opere che sopravvivranno sempre a se stesso, a testimonianza della sua immortalità.
Fortunata Dell’Orzo così scriveva in occasione della sua scomparsa «Colto di una cultura vera, vissuta, sperimentata, bevuta, mangiata e digerita nel quotidiano. Vito narrava divinamente anche le povere minuzie di un popolo che spesso è folla, cresciuta alle periferie di ogni impero e spesso all’ombra mitizzata di un Vesuvio che in realtà non ci appartiene. Gentiluomo, uomo, maschio passionale e perfetto, capace di amare di purissimo amore tutte le bellissime (e per lui lo eravamo tutte anche le ultraottantenni o le oversize come me) che incrociavano le sue vie». Insomma un uomo che Bari meritava perché di Bari aveva il cuore, l’anima più profonda, gli umori, la vivacità scanzonata. Se poi quest’uomo era una persona per bene, la tristezza per la perdita è ancora più profonda. Il grande Vito cantore e amante della Baresità, non può essere dimenticato, dal momento che si tratta di una persona che ha dato tanto ai baresi ed alla sua amata città.
Peppino Zaccaro, noto poeta dialettale barese ha sintetizzato in pochi versi il grande Maurogiovanni con la poesia “Na Candate pe Ttè”.
Na Candate pe Ttè
di Peppino Zaccaro
Na candate pe ttè
ca sì regalate
a tutte le barìse
u mègghi’a mmègghie
du cafè andiche.
Na candate pe Ttè
ca ngi sì racchendate
Jarche Vasce e Bare vècchie
ca te fascene aprì l’ècchie.
Chèdde ca sì allassate
sop’a stà tèrre
sò tande cose bèlle
pezzinghe la Caravèlle
sò probbete assà assà
ca non nze podene chendà.
Quanda pausì, quande chemmèdie:
La Passione de Criste, Aminueamare,
Sanda Necole ca menì da mare.
Ce bène e ce tesore
naskennute mmènze o core.
Che le chià ca sì avute
sì apjirte le porte du Paravise
e dassuse sì pertate
che nu bèlle serrise
u tjiaddre de le barìse.
Na candate pe Ttè
Vite Maurogiovanne
u candastorrie de la terra noste
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