Roma, la Wertmuller: “Mariangela? Un pezzo di cinema”

dal nostro inviato Francesco Greco. ROMA – Quella volta quando a New York, con la sorella Anna (erano i tempi di “Mimì Metallurgico ferito nell’onore” e “Travolti da un insolito destino nell’azzurro mare di agosto”: successi planetari) la gente la riconobbe e le fece un sacco di feste. E quell’altra quando a Ferrara, era il 1969, Pupi Avati girava in una chiesa, si presentò sul set con i riccioli neri, pesantemente truccata, irriconoscibile e disse: "La mia amica non è potuta venire, ha mandato me...".

Il regista la prese per una mitomane e la scacciò. Lei stette tutto il giorno seduta al bar di fronte, tanto che Avati, colpito dalla tenacia, la scritturò lo stesso e il giorno dopo, al ciak!, quando l’altra attrice le porse la battuta la troupe la applaudì con calore. Episodio da leggere forse con una password psicanalitica. E quando, verso la fine della parabola, seduta sul divano della Wertmuller, parlava del suo fegato con incredibile serenità. La regista: “Mai avrei pensato che fosse una cosa mortale…”. L’attrice dagli occhi blu non era venale, non ha lasciato ricchezze (“Il teatro non arricchisce” dice la sorella Anna): a volte diceva: “Datemi un panino con la mortadella e vengo a recitare…”. La Melato è amata per la sua arte polisemica, dalla modulazione assolutamente originale, ma anche perchè è percepita come una persona buona, dolce, un’amica di famiglia, “ottimista” (Annabella Cerliani). La sua energia ha “imbrattato” chi ha incrociato il suo viaggio, i compagni d’avventura.

   Melato graffiti, polvere di stelle, brandelli di ricordi stesi al sole di primavera, lacerti di vissuto riemergono dal canovaccio della memoria. Nel primo anniversario (se ne andò pudicamente l’11 gennaio 2013), al tribute alla Direzione Nazionale del Cinema (Mibact), dopo l’evento alla 70ma Mostra del Cinema di Venezia, e già si lavora al prossimo, ad Alessandria: dovrebbe esserci Giancarlo Giannini.

   Merito del lavoro e la passione (l’ha sottolineato anche Avati) di Paola Dei, scrittrice senese, psicologa, psicoterapeuta, che ha assemblato nel libro “MMelato forerer” (editore Falsopiano, pp. 158, € 19.00) appunti, ricordi, versi, disegni, foto per afferrare l’essenza di una donna plurale, postmoderna, unica nelle infinite sfaccettature e poi, in un mondo dove l’oblio è in agguato, tiene vivo il ricordo coinvolgendo chi la conobbe e lo scultore leccese Antonio Sodo che le ha dedicato un busto (foto di Maurizio Lozzi) e disegni in cui cattura la sua anima profonda, i sottintesi, le stratificazioni interiori, la sua dimensione metafisica.        

   Rispetto a Venezia, a Roma (nella sala Carmelo Rocca al Mibac, foto di Catello Masullo) c’è stato più calore, intensità, pathos. La presenza della Melato (“donna intelligentissima e di grande sensibilità che si toccano con mano…”, Dei) è stata una cosa viva, materiale, sospesa nelle parole della sorella attrice e cantante, di Avati, Lina Wertmuller, ecc. “Mi manca, è un dolore mostruoso - s’è commossa Anna, che dopo Mariangela, in poco tempo ha perso anche il fratello – era instancabile, sapeva coinvolgere tutti nelle sue scelte. Aveva un’etica invidiabile“. Per la regista che l’ha diretta, in coppia con Giannini, nei film (5) che tutto il mondo ha applaudito “non aveva una faccia italiana: quel viso triangolare, i grandi occhi le davano un fascino internazionale: poteva essere una diva di Hollywood. E’ un pezzo di cinema: ci è stata rubata troppo presto…”.

   Avati rievoca, con toni lirici, aneddoti come se li estraesse dalla cornucopia delle favole: “Veniva dalla Scuola del Piccolo Teatro di Strehler e Paolo Grassi. Era la Grace Kelly di Milano. A Ferrara, dopo 150 provini, appena la vidi dissi: E’ lei la Zoe che cerco… Era portatrice di una cosa rarissima nel cinema: la verità. E’ scappata via con grazia, come Lucio Dalla…”. L’attrice Annabella Cerliani le fu amica e sodale per 50 anni: “Ha rappresentato la nuova donna italiana. Una perdita dura da sopportare…”. Ma anche un lutto difficile da elaborare, come succede alle persone care, che appartengono a tutti, con una loro “purezza interiore” (Dei), con cui si è vissuto in sintonia di cuore e affinità d’animo, anche da lontano, materializzando il “duende” di Garcìa Lorca (ancora la psicologa).

   E infine Nicola Borrelli, Direttore Generale Cinema-Mibact: sottolineandone la grandezza, ha parlato di “debito di rinoscenza che il mondo dello spettacolo ha con chi, con le sue interpretazioni, ha fatto grande l’Italia nel mondo”. Come si dice sul web: condiviso!  

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