di Francesco Greco - Il caso ha voluto che questo libro uscisse proprio nei giorni in cui un amico cardiopatico ha sospeso, di sua iniziativa, un farmaco per il cuore perché si stava ammalando di tumore alla tiroide. Ora le macchie si stanno riducendo. E le stesse ore in cui due multinazionali del farmaco sono sospettate di farsi “cartello” boicottandone uno meno costoso di quello da loro prodotto e che costa di più ma con gli stessi effetti. Italian graffiti. Amate sponde…
Consumismo fa rima con cinismo: la legge del profitto ci fa cavie per testare nuovi brand e medicine. Spesso ci mentono sugli effetti collaterali. Anni fa i governi allarmati da un’eventuale pandemia di influenza stiparono tonnellate di vaccini: il fatturato di chi li produceva salì, ma l’allarme si rivelò esagerato. Finirono nella monnezza. I ricercatori al servizio di grandi lobby farmaceutiche raramente scrivono quel che pensano di un nuovo farmaco, anche perché dagli anni Settanta non si scoprono nuove molecole e quindi si riciclano quelli esistenti cambiando magari la confezione e il bugiardino.
Le leggende metropolitane sono una selva fitta come quella di Tarzan e oscura come quella di Dante cui basta mettere il piede per ritrovarsi prigionieri, intrappolati, preda di istinti irrazionali, e anche più poveri, ovvio. La quotidianità ne è pregna, tv e web diffondono paure e poi ci indicano i rimedi, format e canoni funzionali al consumo di prodotti inutili, aria fritta, suggestione, se non nocivi. Ci pensano i pubblicitari – la Gestapo del nostro tempo – a trasformarli in trend, trasfigurandoli talvolta in scuole di pensiero, in asset che offrono la magia dello status, dell’esclusività.
Guru convincenti, aedi dalla lingua di miele, falangi di seguaci dall’autostima debole sono sempre in agguato, pronti a seguirli. A correre a procurarsi gli anelli dell’immortalità, integratori alimentari, creme di bellezza, pozioni per dimagrire: alcuni di questi prodotti hanno i principi promessi, ma dovrebbero averne a etti per vedere un qualche risultato sul corpo. Paghiamo a caro prezzo l’effetto-placebo. Sullo sfondo, l’industria farmaceutica che finge di farsi concorrenza, gli amici degli amici nelle istituzioni pronti a certificare di tutto, di più: come si può sospettare. Gli stessi che mettono nelle fasce a pagamento farmaci salvavita: così abbiamo il pensionato al minimo con patologie invalidanti a cui non basta la pensione per procurarsi le medicine. Mentre, all’italiana, ogni tanto solerti medici fiscali dell’Inps bussano al loro uscio per certificare casomai si fossero alzati dalla sedia a rotelle per iscriversi alla maratona di New York o a quella di Roma. Che bel paese di m… iracoli!
Alla disperata riceva di una bellezza svanita, che invece i nostri avi avevano e conservavano sino alla fine del loro tempo sol perché vivevano all’aria aperta, immersi nella natura, faticavano senza risparmio, avevano un rapporto olistico con il creato. Delusi dalle promesse, ripariamo nella chirurgia estetica o le punturine: e anche lì tacciono le controindicazioni, che si vedono a distanza e comunque creano cloni tutti con le stesse facce.
Chissà quanto fattura – con la nostra complicità - l’industria che produce e vende illusioni? Che ci offre – a pagamento, ovvio - lo specchio di Dorian Grey? Un patto faustiano in cambio di qualche ruga in meno, di cosce senza cellulite? Spesso queste promesse si rivelano fatali e nel tentativo di uniformarci a canoni estetici distanti, anoressici, possiamo anche perdere la vita. Fiutato il business, non resta che acconciare un’etica per la bisogna: di filosofi da rivista patinata se ne trovano a frotte.
Di questo e d’altro, molto altro ancora parla, sospeso tra ironia e furore, verità insospettate e scoperte sparse fra le pagine “Salute e bugie”, di Salvo Di Grazia (Chiarelettere, Milano 2014, Collana Reverse, pp. 256, € 13.60), sottotitolo: “Come difendersi da farmaci inutili, cure fasulle e ciarlatani”.
Di Grazia è un medico siciliano – titolare di un blog di successo pensiamo non amato dai truffatori di ogni risma - che ironicamente a un certo punto confessa di sentirsi più un estetista che un ginecologo, e compie un viaggio – diremmo meglio un’odissea - nella “medicina che illude, truffa, promette di curare quando non può farlo”. Dove prevale il marketing, poiché “le case farmaceutiche sono padrone della nostra salute, e anche dei nostri soldi” e, aggiungiamo noi, nessun garante apre bocca o lo fa solo davanti alla tragedia. Ciarlatani ma anche scienziati con tanto di pedigrèe: che manipolano dati a uso e consumo di chi li paga, “scienziati insospettabili possono essere capaci dei peggiori crimini sanitari”.
Intanto sul web e in farmacia continuano a vendere sogni e noi a ordinare, vittime e complici al contempo di truffe, di illusioni a buon mercato, di speranze folli, di alchimie per disperati. Se non prevalesse in noi l’irrazionalità, dopo aver letto il libro di Di Grazia butteremmo nella differenziata quasi tutto quel che abbiamo sulle mensole dei nostri armadietti. Solo così ciarlatani e disonesti finirebbero finalmente di arricchire, e andrebbero a lavorare.
Consumismo fa rima con cinismo: la legge del profitto ci fa cavie per testare nuovi brand e medicine. Spesso ci mentono sugli effetti collaterali. Anni fa i governi allarmati da un’eventuale pandemia di influenza stiparono tonnellate di vaccini: il fatturato di chi li produceva salì, ma l’allarme si rivelò esagerato. Finirono nella monnezza. I ricercatori al servizio di grandi lobby farmaceutiche raramente scrivono quel che pensano di un nuovo farmaco, anche perché dagli anni Settanta non si scoprono nuove molecole e quindi si riciclano quelli esistenti cambiando magari la confezione e il bugiardino.
Le leggende metropolitane sono una selva fitta come quella di Tarzan e oscura come quella di Dante cui basta mettere il piede per ritrovarsi prigionieri, intrappolati, preda di istinti irrazionali, e anche più poveri, ovvio. La quotidianità ne è pregna, tv e web diffondono paure e poi ci indicano i rimedi, format e canoni funzionali al consumo di prodotti inutili, aria fritta, suggestione, se non nocivi. Ci pensano i pubblicitari – la Gestapo del nostro tempo – a trasformarli in trend, trasfigurandoli talvolta in scuole di pensiero, in asset che offrono la magia dello status, dell’esclusività.
Guru convincenti, aedi dalla lingua di miele, falangi di seguaci dall’autostima debole sono sempre in agguato, pronti a seguirli. A correre a procurarsi gli anelli dell’immortalità, integratori alimentari, creme di bellezza, pozioni per dimagrire: alcuni di questi prodotti hanno i principi promessi, ma dovrebbero averne a etti per vedere un qualche risultato sul corpo. Paghiamo a caro prezzo l’effetto-placebo. Sullo sfondo, l’industria farmaceutica che finge di farsi concorrenza, gli amici degli amici nelle istituzioni pronti a certificare di tutto, di più: come si può sospettare. Gli stessi che mettono nelle fasce a pagamento farmaci salvavita: così abbiamo il pensionato al minimo con patologie invalidanti a cui non basta la pensione per procurarsi le medicine. Mentre, all’italiana, ogni tanto solerti medici fiscali dell’Inps bussano al loro uscio per certificare casomai si fossero alzati dalla sedia a rotelle per iscriversi alla maratona di New York o a quella di Roma. Che bel paese di m… iracoli!
Alla disperata riceva di una bellezza svanita, che invece i nostri avi avevano e conservavano sino alla fine del loro tempo sol perché vivevano all’aria aperta, immersi nella natura, faticavano senza risparmio, avevano un rapporto olistico con il creato. Delusi dalle promesse, ripariamo nella chirurgia estetica o le punturine: e anche lì tacciono le controindicazioni, che si vedono a distanza e comunque creano cloni tutti con le stesse facce.
Chissà quanto fattura – con la nostra complicità - l’industria che produce e vende illusioni? Che ci offre – a pagamento, ovvio - lo specchio di Dorian Grey? Un patto faustiano in cambio di qualche ruga in meno, di cosce senza cellulite? Spesso queste promesse si rivelano fatali e nel tentativo di uniformarci a canoni estetici distanti, anoressici, possiamo anche perdere la vita. Fiutato il business, non resta che acconciare un’etica per la bisogna: di filosofi da rivista patinata se ne trovano a frotte.
Di questo e d’altro, molto altro ancora parla, sospeso tra ironia e furore, verità insospettate e scoperte sparse fra le pagine “Salute e bugie”, di Salvo Di Grazia (Chiarelettere, Milano 2014, Collana Reverse, pp. 256, € 13.60), sottotitolo: “Come difendersi da farmaci inutili, cure fasulle e ciarlatani”.
Di Grazia è un medico siciliano – titolare di un blog di successo pensiamo non amato dai truffatori di ogni risma - che ironicamente a un certo punto confessa di sentirsi più un estetista che un ginecologo, e compie un viaggio – diremmo meglio un’odissea - nella “medicina che illude, truffa, promette di curare quando non può farlo”. Dove prevale il marketing, poiché “le case farmaceutiche sono padrone della nostra salute, e anche dei nostri soldi” e, aggiungiamo noi, nessun garante apre bocca o lo fa solo davanti alla tragedia. Ciarlatani ma anche scienziati con tanto di pedigrèe: che manipolano dati a uso e consumo di chi li paga, “scienziati insospettabili possono essere capaci dei peggiori crimini sanitari”.
Intanto sul web e in farmacia continuano a vendere sogni e noi a ordinare, vittime e complici al contempo di truffe, di illusioni a buon mercato, di speranze folli, di alchimie per disperati. Se non prevalesse in noi l’irrazionalità, dopo aver letto il libro di Di Grazia butteremmo nella differenziata quasi tutto quel che abbiamo sulle mensole dei nostri armadietti. Solo così ciarlatani e disonesti finirebbero finalmente di arricchire, e andrebbero a lavorare.