Tragedia a Lecco, tre sorelline uccise a coltellate: madre confessa
MILANO - Dramma nel milanese. Tre bambini sono stati uccisi a coltellate a Lecco. Sul posto, alla periferia della cittadina lombarda, si trovano i carabinieri.
Ha confessato la donna sospettata di aver ucciso le tre figlie a Lecco. Le sorelline di 13, 10 e 3 anni, di origine albanese, Simona, Kesi e Sidni Dobrushi, sono state massacrate a coltellate domenica mattina nel rione di Chiuso, alla periferia della città. "Le ho uccise per evitare loro un futuro di disperazione", ha detto di carabinieri la donna, Edlia Dobrushi 37 anni, trovata ferita dai soccorritori, e coperta di sangue sul pianerottolo: le sue condizioni non sarebbero gravi, contrariamente a quanto si era appreso in un primo momento. Ora è accusata di omicidio plurimo: verrà sottoposta a perizia psichiatrica.
A dare l'allarme domenica mattina sono stati i vicini, che hanno sentito le urla provenienti dall'appartamento del massacro. Le tre bambine sono state uccise in stanze diverse della casa, raccontano gli inquirenti dopo aver analizzato la scena del delitto; ma i corpi sono stati trovati adagiati sul letto matrimoniale. Simona, la ragazzina più grande, avrebbe tentato di difendersi.
L'ipotesi più accreditata era stata da subito quella del triplice omicidio con tentativo di suicidio da parte della donna, anche se gli investigatori non avevano escluso altre piste. Il padre delle vittime, Bashkim Dobrushi, anche lui di 37 anni, subito dopo il fatto risultava irreperibile: l'uomo però è separato dalla moglie e non viveva più con la famiglia; è stato rintracciato in Albania, e sta tornando a Lecco; un parente che abita nelle vicinanze in mattinata era stato portato in caserma per essere interrogato.
La 37enne, da parte sua, avrebbe confessato immediatamente ai soccorritori di essere stata lei: "Sono sola, non ce la facevo più", avrebbe detto ai medici. La famiglia era integrata nella comunità, ma la donna e le figlie vivevano in condizioni di estrema povertà, e andavano avanti grazie a un sussidio della Caritas parrocchiale.
I carabinieri stanno rintracciando in queste ore il padre, separato dalla moglie e che non abita con la famiglia. E un parente che abita nelle immediate vicinanze dell'abitazione risulta essere stato portato in caserma per essere interrogato dagli investigatori. Al momento però non è stata mossa alcuna accusa nei confronti di alcuno. In corso i rilievi scientifici.
Ha confessato la donna sospettata di aver ucciso le tre figlie a Lecco. Le sorelline di 13, 10 e 3 anni, di origine albanese, Simona, Kesi e Sidni Dobrushi, sono state massacrate a coltellate domenica mattina nel rione di Chiuso, alla periferia della città. "Le ho uccise per evitare loro un futuro di disperazione", ha detto di carabinieri la donna, Edlia Dobrushi 37 anni, trovata ferita dai soccorritori, e coperta di sangue sul pianerottolo: le sue condizioni non sarebbero gravi, contrariamente a quanto si era appreso in un primo momento. Ora è accusata di omicidio plurimo: verrà sottoposta a perizia psichiatrica.
A dare l'allarme domenica mattina sono stati i vicini, che hanno sentito le urla provenienti dall'appartamento del massacro. Le tre bambine sono state uccise in stanze diverse della casa, raccontano gli inquirenti dopo aver analizzato la scena del delitto; ma i corpi sono stati trovati adagiati sul letto matrimoniale. Simona, la ragazzina più grande, avrebbe tentato di difendersi.
L'ipotesi più accreditata era stata da subito quella del triplice omicidio con tentativo di suicidio da parte della donna, anche se gli investigatori non avevano escluso altre piste. Il padre delle vittime, Bashkim Dobrushi, anche lui di 37 anni, subito dopo il fatto risultava irreperibile: l'uomo però è separato dalla moglie e non viveva più con la famiglia; è stato rintracciato in Albania, e sta tornando a Lecco; un parente che abita nelle vicinanze in mattinata era stato portato in caserma per essere interrogato.
La 37enne, da parte sua, avrebbe confessato immediatamente ai soccorritori di essere stata lei: "Sono sola, non ce la facevo più", avrebbe detto ai medici. La famiglia era integrata nella comunità, ma la donna e le figlie vivevano in condizioni di estrema povertà, e andavano avanti grazie a un sussidio della Caritas parrocchiale.
I carabinieri stanno rintracciando in queste ore il padre, separato dalla moglie e che non abita con la famiglia. E un parente che abita nelle immediate vicinanze dell'abitazione risulta essere stato portato in caserma per essere interrogato dagli investigatori. Al momento però non è stata mossa alcuna accusa nei confronti di alcuno. In corso i rilievi scientifici.