di Luca Losito - Quando piove, grandina. Le disgrazie non vengono mai sole, ed ora un nuovo caso monta sul Barletta. L'infame coro cantato da pochissimi tifosi biancorossi a Di Bella ("Devi morire", ndr), in quel di Pontedera, sta scatenando la gogna mediatica di tutta Italia. Da condannare, però, oltre al gesto ovviamente, anche l'ostile clima da caccia alle streghe creatosi attorno al mondo ultras.
Per chi si sobbarca migliaia di chilometri, solo per amore della maglia, con annesse spese e rinunce, dopo la lunga serie di sberleffi alla bandiera amata, può anche capitare una sbandata. Va stigmatizzato il tutto, certo, ma montare un caso nazionale attorno a tutto ciò è esagerato. Inoltre, va sottolineato l'esiguo numero di tifosi giunti da Barletta: circa una decina, di cui solo la metà ha intonato tale coro. Sicuramente sbagliato, colorito, fuori luogo. Ma tra discriminazioni territoriali, paesaggistiche e quant'altro, a rimetterci è sempre e solo il calcio, in un'ipocrita quanto insensata aria da "Inquisizione medievale".
Puntuale, ieri, è arrivata il commento eloquente del protagonista, Fabrizio Di Bella: “E' acqua passata. Sto bene a Barletta e voglio rimanerci”. Il giocatore ha parlato in una conferenza tenutasi a Palazzo di Città, a cui hanno partecipato anche il Sindaco Cascella, il patron Tatò e alcuni ultras biancorossi. Tutti hanno ribadito quanto questo polverone mediatico nazionale sia stato assolutamente esagerato, chiedendo a gran voce più rispetto per una città civile come Barletta.
Per chi si sobbarca migliaia di chilometri, solo per amore della maglia, con annesse spese e rinunce, dopo la lunga serie di sberleffi alla bandiera amata, può anche capitare una sbandata. Va stigmatizzato il tutto, certo, ma montare un caso nazionale attorno a tutto ciò è esagerato. Inoltre, va sottolineato l'esiguo numero di tifosi giunti da Barletta: circa una decina, di cui solo la metà ha intonato tale coro. Sicuramente sbagliato, colorito, fuori luogo. Ma tra discriminazioni territoriali, paesaggistiche e quant'altro, a rimetterci è sempre e solo il calcio, in un'ipocrita quanto insensata aria da "Inquisizione medievale".
Puntuale, ieri, è arrivata il commento eloquente del protagonista, Fabrizio Di Bella: “E' acqua passata. Sto bene a Barletta e voglio rimanerci”. Il giocatore ha parlato in una conferenza tenutasi a Palazzo di Città, a cui hanno partecipato anche il Sindaco Cascella, il patron Tatò e alcuni ultras biancorossi. Tutti hanno ribadito quanto questo polverone mediatico nazionale sia stato assolutamente esagerato, chiedendo a gran voce più rispetto per una città civile come Barletta.