“Schettino mi propose di dire alle autorità che a causa di un black out aveva fatto una collisione. Ma io dissentii fortemente, mi arrabbiai. Era una cosa differente e falsa rispetto a quanto mi aveva raccontato prima, e cioè che aveva urtato uno scoglio e che la nave si era allagata”. Lo racconta Roberto Ferrarini, capo dell’unità di crisi di Costa Crociere, nel corso del processo sul naufragio del Giglio, ripreso oggi al tribunale di Grosseto. “Ricordo di aver reagito abbastanza male – ha aggiunto -. E ho condiviso la stessa reazione con i colleghi nella sala di crisi” a Genova. In merito il pm Alessandro Leopizzi ha fatto ascoltare una telefonata tra Schettino e Ferrarini: il comandante, intercettato, parla di blackout, ma a un certo punto della conversazione, recede dal “disegno di convincere il suo interlocutore a dare una versione dei fatti alterata”.
Ferrarini è considerato una figura-chiave per le comunicazioni telefoniche avute con Schettino nelle ore successive all’urto contro gli scogli e rispetto alle decisioni prese nelle varie fasi dell’emergenza. Già indagato con il comandante della Concordia, ha patteggiato nel luglio 2013 due anni e 10 mesi per omicidio plurimo colposo, lesioni plurime colpose e mancate comunicazioni alle autorità marittime. Riguardo a queste ultime afferma che Schettino gli disse di essere in contatto con la capitaneria di porto: “Quindi per me l’autorità marittima era già stata informata da lui”.
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