di Luigi Laguaragnella - Una celebrazione eucaristica mondiale alla quale sembra abbia partecipato anche il cielo si è vissuta ieri in piazza San Pietro. Si è tutto incrociato lì: oltre 90 delegazioni politiche, oltre 800 tra vescovi e sacerdoti, i patriarchi delle chiese ortodosse, il papa emerito Benedetto XVI, il milione di fedeli provenienti da ogni angolo della Terra; la canonizzazione dei due papi Giovanni XXIII e Giovanni Paolo II ha ravvicinato la distanza tra cielo e terra in un dialogo invisibile, ma quanto mai reale. Prima dell’inizio della celebrazione il cielo era nuvoloso e sulla testa dei fedeli da un capo all’altro del Vaticano, è caduta qualche goccia di pioggia. Poi improvvisamente dopo la formula di papa Francesco che dichiara i due papi ufficialmente santi, dalle nuvole i raggi di sole illuminano piazza San Pietro. E’ un simbolo che ha reso ulteriormente magnifico e speciale queste due canonizzazioni.
Magnifico perché la storia si è incrociata: il papa emerito Benedetto XVI ha concelebrato ed è stato il primo a posizionarsi per la messa accompagnato da un lungo e ammirato applauso della gente. Ancor più forte è stato l’applauso quando al suo ingresso papa Francesco lo ha abbracciato e salutato. C’è molto di loro in queste due canonizzazioni. All’inizio della messa Bergoglio ha recitato la formula “BeatosIannem XXIII et IoannemPaulum II Sanctos esse decerinimus et definimusac Sanctorum Catalogo adscribimus”, dopo le tre petizioni di rito richieste dal prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi il cardinale Angelo Amato.
In questo momento l’Amen dell’assemblea è stato una conferma di quanto papa Roncalli e Wojityla siano nei cuori delle persone. Dopo le proclamazioni, sull’altare sono state portate le reliquie che hanno contribuito alla santificazione, quello di San Giovanni Paolo II portato dalla Floribeth Mora Diaz la sudamericana guarita dal papa polacco e quello di San Giovanni XXIII dai quatto nipoti, dal sindaco di Sotto il Monte e il presidente della Fondazione Angelo Roncalli. Papa Francesco le ha baciate e fatte vedere al mondo.
Durante l’omelia poi il papa argentino prendendo spunto dal vangelo domenicale che presentava il celebre episodio di San Tommaso, ha parlato delle ferite come “indispensabili per credere in Dio. Non per credere che Dio esiste, ma per credere che Dio è amore, misericordia, fedeltà”. E guardando ancora una volta alla misericordia, papa Francesco si è soffermato sul coraggio che serve anche per toccare le ferite (non giudicando il gesto dell’apostolo). E lo fa proprio sull’esempio dei 2 papi: “San Giovanni XXIII e san Giovanni Paolo II hanno avuto il coraggio di guardare le ferite di Gesù, di toccare le sue mani piagate e il suo costato trafitto. Non hanno avuto vergogna della carne di Cristo, non si sono scandalizzati di Lui, della sua croce; non hanno avuto vergogna della carne del fratello, perché in ogni persona sofferente vedevano Gesù. Sono stati due uomini coraggiosi, pieni dello Spirito Santo, e hanno dato testimonianza alla Chiesa e al mondo della bontà di Dio, della sua misericordia.Sono stati sacerdoti, e vescovi e papi del XX secolo. Ne hanno conosciuto le tragedie, ma non ne sono stati sopraffatti. Più forte, in loro, era Dio; più forte era la fede in Gesù Cristo Redentore dell’uomo e Signore della storia; più forte in loro era la misericordia di Dio”.
Sono stati, uomini del mondo, nel mondo e si buttati nelle sue problematiche con speranza per lanciare e rilanciare l’essenzialità della vita e della Chiesa: “Giovanni XXIII e Giovanni Paolo II hanno collaborato con lo Spirito Santo per ripristinare e aggiornare la Chiesa secondo la sua fisionomia originaria, la fisionomia che le hanno dato i santi nel corso dei secoli. Non dimentichiamo che sono proprio i santi che mandano avanti e fanno crescere la Chiesa. Nella convocazione del Concilio san Giovanni XXIII ha dimostrato una delicata docilità allo Spirito Santo, si è lasciato condurre ed è stato per la Chiesa un pastore, una guida-guidata, guidata dallo Spirito. Questo è stato il suo grande servizio alla Chiesa; per questo a me piace pensarlo come il Papa della docilità allo Spirito Santo.
In questo servizio al Popolo di Dio, san Giovanni Paolo II è stato il Papa della famiglia. Così lui stesso, una volta, disse che avrebbe voluto essere ricordato, come il Papa della famiglia. Mi piace sottolinearlo mentre stiamo vivendo un cammino sinodale sulla famiglia e con le famiglie, un cammino che sicuramente dal Cielo lui accompagna e sostiene.”
Papa Francesco dopo aver salutato le numerose autorità tra cui il presidente Napolitano si è diretto verso la gente per salutarla fino a via della Conciliazione. Il suo atteggiamento sobrio durante l’intera celebrazione lascia intendere quanto lui rispettasse i suoi predecessori.
Come sua caratteristica il papa in modo efficace illumina: Giovanni XXIII il santo della docilità, Giovanni Paolo II il santo della famiglia. Due modi di intendere la vita che il mondo sembra stia mandando in estinzione. Ed ecco perché anche dall’alto questi due nuovi Santi intercedano per entrare con forza e coraggio nella vita della gente.
Da domenica 27 aprile due figure che hanno rivoluzionato la storia contemporanea sono santi e lo sono anche per volontà del popolo. Ora il popolo ha una responsabilità in più: non solo pregarli e ricordarli, ma soprattutto adoperarsi per seguire la loro eredità. La storia recente era in piazza San Pietro guardata da milioni di persone.
Magnifico perché la storia si è incrociata: il papa emerito Benedetto XVI ha concelebrato ed è stato il primo a posizionarsi per la messa accompagnato da un lungo e ammirato applauso della gente. Ancor più forte è stato l’applauso quando al suo ingresso papa Francesco lo ha abbracciato e salutato. C’è molto di loro in queste due canonizzazioni. All’inizio della messa Bergoglio ha recitato la formula “BeatosIannem XXIII et IoannemPaulum II Sanctos esse decerinimus et definimusac Sanctorum Catalogo adscribimus”, dopo le tre petizioni di rito richieste dal prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi il cardinale Angelo Amato.
In questo momento l’Amen dell’assemblea è stato una conferma di quanto papa Roncalli e Wojityla siano nei cuori delle persone. Dopo le proclamazioni, sull’altare sono state portate le reliquie che hanno contribuito alla santificazione, quello di San Giovanni Paolo II portato dalla Floribeth Mora Diaz la sudamericana guarita dal papa polacco e quello di San Giovanni XXIII dai quatto nipoti, dal sindaco di Sotto il Monte e il presidente della Fondazione Angelo Roncalli. Papa Francesco le ha baciate e fatte vedere al mondo.
Durante l’omelia poi il papa argentino prendendo spunto dal vangelo domenicale che presentava il celebre episodio di San Tommaso, ha parlato delle ferite come “indispensabili per credere in Dio. Non per credere che Dio esiste, ma per credere che Dio è amore, misericordia, fedeltà”. E guardando ancora una volta alla misericordia, papa Francesco si è soffermato sul coraggio che serve anche per toccare le ferite (non giudicando il gesto dell’apostolo). E lo fa proprio sull’esempio dei 2 papi: “San Giovanni XXIII e san Giovanni Paolo II hanno avuto il coraggio di guardare le ferite di Gesù, di toccare le sue mani piagate e il suo costato trafitto. Non hanno avuto vergogna della carne di Cristo, non si sono scandalizzati di Lui, della sua croce; non hanno avuto vergogna della carne del fratello, perché in ogni persona sofferente vedevano Gesù. Sono stati due uomini coraggiosi, pieni dello Spirito Santo, e hanno dato testimonianza alla Chiesa e al mondo della bontà di Dio, della sua misericordia.Sono stati sacerdoti, e vescovi e papi del XX secolo. Ne hanno conosciuto le tragedie, ma non ne sono stati sopraffatti. Più forte, in loro, era Dio; più forte era la fede in Gesù Cristo Redentore dell’uomo e Signore della storia; più forte in loro era la misericordia di Dio”.
Sono stati, uomini del mondo, nel mondo e si buttati nelle sue problematiche con speranza per lanciare e rilanciare l’essenzialità della vita e della Chiesa: “Giovanni XXIII e Giovanni Paolo II hanno collaborato con lo Spirito Santo per ripristinare e aggiornare la Chiesa secondo la sua fisionomia originaria, la fisionomia che le hanno dato i santi nel corso dei secoli. Non dimentichiamo che sono proprio i santi che mandano avanti e fanno crescere la Chiesa. Nella convocazione del Concilio san Giovanni XXIII ha dimostrato una delicata docilità allo Spirito Santo, si è lasciato condurre ed è stato per la Chiesa un pastore, una guida-guidata, guidata dallo Spirito. Questo è stato il suo grande servizio alla Chiesa; per questo a me piace pensarlo come il Papa della docilità allo Spirito Santo.
In questo servizio al Popolo di Dio, san Giovanni Paolo II è stato il Papa della famiglia. Così lui stesso, una volta, disse che avrebbe voluto essere ricordato, come il Papa della famiglia. Mi piace sottolinearlo mentre stiamo vivendo un cammino sinodale sulla famiglia e con le famiglie, un cammino che sicuramente dal Cielo lui accompagna e sostiene.”
Papa Francesco dopo aver salutato le numerose autorità tra cui il presidente Napolitano si è diretto verso la gente per salutarla fino a via della Conciliazione. Il suo atteggiamento sobrio durante l’intera celebrazione lascia intendere quanto lui rispettasse i suoi predecessori.
Come sua caratteristica il papa in modo efficace illumina: Giovanni XXIII il santo della docilità, Giovanni Paolo II il santo della famiglia. Due modi di intendere la vita che il mondo sembra stia mandando in estinzione. Ed ecco perché anche dall’alto questi due nuovi Santi intercedano per entrare con forza e coraggio nella vita della gente.
Da domenica 27 aprile due figure che hanno rivoluzionato la storia contemporanea sono santi e lo sono anche per volontà del popolo. Ora il popolo ha una responsabilità in più: non solo pregarli e ricordarli, ma soprattutto adoperarsi per seguire la loro eredità. La storia recente era in piazza San Pietro guardata da milioni di persone.