Joseph Tusiani: faro italiano della poesia mondiale

di Vittorio Polito - Ieri primo aprile mi ha chiamato una gentile collaboratrice di Gianni Cavalli per annunciarmi l’invio per mail di una poesia del grande poeta italo-americano JOSEPH TUSIANI, aggiungendo che doveva servirmi come pretesto per stilare un articolo.

Onestamente mi sarei aspettato di avere notizie del mio libro “San Nicola, il dialetto barese e... Miracoli, leggende e curiosità” in uscita per metà aprile, ma pur di non dire ‘obbedisco’ mi sono limitato ad un civile ‘va bene'. Gianni non è tipo da pesce d'aprile e non chiede mai niente, ma se chiede... è un ordine. Dal momento che si cura male, al riguardo il fratello medico si limita ad alzare gli occhi al cielo, negli ultimi anni è diventato più nervoso, piccolo eufemismo, del solito ed inoltre sparisce per settimane senza spiegazioni, lasciandoti solo intuire i motivi, di cui è vietato parlare.

Questa premessa mi è servita per comunicarvi, amici lettori, che non mi occupo abitualmente di poesia - anche se ho vinto premi per composizioni in dialetto - e devo ammettere che il mio incontro con il mitico TUSIANI risale al 2010, quando nel recensire il libro dell'amico D’Acquaviva mi sono imbattuto nel sonetto “New York Revisited”. D'Acquaviva nel suo libro “Il Mondo nuovo” (Levante 2010) racconta gli anni trascorsi da ‘migrante’ in America e come Tusiani fosse un punto di riferimento per i tanti italiani che prestavano la loro manualità in quel deserto di grattacieli.

Gianni ha sulla sua scrivania in bella mostra il volume di Tusiani “NINETY POEMS” e a chiunque nota il libro inizia a parlare di ‘questo faro della poesia mondiale regalato dall’Italia al mondo intero’.

Mi sono commosso l'altra sera nel vedere, al termine di una trasmissione della prima rete Rai, una voce suadente leggere dei versi di Tusiani mentre scorrevano sul video. Ho sentito uscire allo scoperto l’orgoglio di un popolo, di cui mi onoro far parte, che tramite uno dei suoi figli migliori gridava nell’universo ‘Signori siamo italiani’, ovunque abbiamo portato i nostri piedi e le nostre menti non abbiamo mai deluso e non abbiamo mai dimenticato il luogo da cui siamo partiti: l’Italia.

Molte sono state le pubblicazioni, che io non possiedo, che hanno celebrato i 18 lustri di Tusiani e molti gli autorevoli uomini di cultura che hanno testimoniato il loro affetto e la loro stima al Nostro per cui al cospetto di cotanto valore evito di mettermi in competizione e mi limito a riportare qualche notizia di colore.

Scorrendo la bibliografia si può notare che le pubblicazioni partono dai primi anni '50 e spaziano da poesie in italiano, latino ed inglese, attraversano molti lavori in prosa approdando a traduzioni, vanto mondiale dell’uomo di San Marco in Lamis, che chiamano in causa Michelangelo, Machiavelli, Michelangelo, Boccaccio, Dante, Leopardi, Marinetti ed altri illustri connazionali. (Chiedo scusa al MONDO se ho citato solo ITALIANI, ma gli ITALIANI, solo loro, ho trovato).

Ho telefonato a Francesco De Martino per avere una testimonianza su Tusiani da parte di un professore ordinario di Foggia, Università che anni fa conferì al Nostro una laurea honoris causa, ma la gentile consorte mi ha detto che si trovava a Valencia. Avendo recensito tutti i libri della prof. Grazia Galante avrei potuto chiederle qualche pensiero o aneddoto sul suo illustre concittadino, ma poi mi sono ricordato che i sammarchesi sono operosi, virtuosi, grandiosi e tanti altri... osi e ho temuto di creare qualche problema di gerarchia.

Da uno scritto in fotocopia del prof. Cosma Siani, biografo ufficiale e grande amico di famiglia di Tusiani, rilevo che la conoscenza risale al 28 luglio del 1957 e il Siani si è laureato con una tesi sull’opera letteraria di Tusiani che la dice lunga sul rapporto di stima e affetto instauratosi.

In questi anni ho fatto un poco di confusione tra Siani, di cui ho sentito parlare sempre dal Gianni di cui sopra, e Tusiani ed è stato per me motivo di sollievo e gioia scoprire che maestro ed allievo scherzano su questo strano intreccio di cognomi. Al riguardo Tusiani dedica all’amico questa autentica perla di amicizia imperitura: “A Enrica e Vittorio (Cosma ), che non solo nel cuore ma fin nel nome hanno l’eco del mio”.


LE  BADANTI

Or con queste due donne
che non conosco e mi fan da sorelle
dovrò contare, volente o nolente,
i giorni estremi della mia esistenza.
Che faccio? Dico “il ciel sia ringraziato”
o soltanto “pazienza”?
Non vinco e perdo niente
se penso ad alba o stelle.

Son qui remunerate
per scongiurare il fato
d’una fatal caduta:
potrei per sempre a terra rimanere
e troncar la mia vita e il lor compenso.
Or chi mi fa sapere
se la loro valuta
o il mio restare in piedi ha maggior senso?

Non mi ha detto nessuno
quale divario esista
fra tronco annoso e giglio,
fra prima e ultima goccia.
E allor che dico: “Il secco stelo muoia
e solo viva il nuovo fior che sboccia”?
Il ciel mi dia consiglio
e in pace poi vivrò se non in gioia.

                                Joseph Tusiani


New York, 31 marzo 2014

La poesia sopra riportata racchiude l’evolversi della parabola della vita che da New York a Roma, da San Marco a Bari vede i tempi recenti confrontarsi con una nuova figura di operatrice: la badante.

Tusiani scrive ‘donne che non conosco’, ebbene il destino degli anziani fino ad una trentina di anni fa era affidato al nucleo famigliare, oggi i nostri anta devono convivere, ma è una realtà dettata da precise esigenze di vita, con queste signore che, dietro compenso, offrono la loro disponibilità lavorativa.

Illustre professor Tusiani noto che lei, con un senso pratico molto legato al suo paese nativo allocato in quel meraviglioso paradiso terrestre che si chiama Gargano, in riferimento alle badanti usa il termine ‘remunerate’, dimenticando che ‘il ciel va ringraziato’ per il semplice fatto che lei si può permettere simili aiuti.

Chi scrive è un giovane del 1935 che ha avuto la fortuna di conoscere Don Mario, il padre di Gianni, che con poche semplici genuine riflessioni mi fece capire che si può continuare a vivere in pace, con gioie alterne, perché vivere ha sempre un senso, con badanti o senza.

Un grande nostro connazionale, quel Manzoni troppo confinato nel recinto dei ‘Promessi Sposi’, ci ha lasciato una gemma degna delle poetiche di cui lei è Maestro universale: ‘La vita non è destinata ad essere un peso per molti e una festa per alcuni; ma per tutti un impegno, del quale ognuno renderà conto’.

Io non temo di rendere conto a lei per queste poche parole assemblate, ma temo Gianni Cavalli e la sua proverbiale limitata ‘pazienza’, per cui spero che il ‘ciel gli dia consiglio’ ed io possa vedere il mio quarto volume pubblicato.



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