ROMA - La Camera dà il via libera definitivo al decreto Lavoro che ieri aveva incassato la fiducia chiesta dal governo per blindare il provvedimento. 283 i sì, 161 i no. Tensione in aula quando alcuni deputati 5 Stelle si sono incatenati e hanno innalzato cartelli con la scritta "schiavi moderni". (Foto: ANSA)
+ D'Ambrosio Lettieri, Renzi sempre più ostaggio della sinistra ideologica
Il testo ora approda in Senato, dove i numeri dell'esecutivo sono più risicati. E' qui che la battaglia si farà più dura visto che restano i malumori nella maggioranza che sostiene Renzi. I nodi sono sempre i contratti a termine (la riduzione delle proroghe passano da 8 a 5 in 36 mesi) e l'obbligo per le imprese con oltre 30 dipendenti di assumere il 20% degli apprendisti. Su questi due punti il Nuovo Centro Destra chiede ritocchi, senza però condizionare la struttura del decreto.
Del resto mercoledì è stato lo stesso leader di Ncd, Angelino Alfano, a rassicurare Renzi: "Il governo non rischia nemmeno a Palazzo Madama". Linea ribadita giovedì mattina anche dal ministro della Salute Beatrice Lorenzin: "L'esecutivo non cadrà sul dl Lavoro".
La prossima settimana il decreto passerà dunque alla Commissione Lavoro del Senato dove i 5 Stelle minacciano "un Vietnam" insieme alla Lega. Il premier però tira dritto e lancia su Twitter i suoi prossimi obiettivi: la riforma della pubblica amministrazione, con allo studio la possibilità di far valutare dai dipendenti l'efficienza dei dirigenti pubblici. Resta da risolvere anche la questione degli esodati, tema che mercoledì è stato al centro di un incontro tra il presidente della Camera Laura Boldini e il ministro del Lavoro Giuliano Poletti.
Sul capitolo riforme piomba anche l'assist tra Forza Italia e la sinistra del Pd, con gli azzurri che sembrano pronti a sostenere il "controtesto" di Vannino Chiti che chiede un Senato elettivo. Un'idea che piace anche ai 5 Stelle. Tra le polemiche intanto spunta anche un possibile "modello francese" per Palazzo Madama: un ibrido che prevede una quota senatori eletti nelle Regioni.
Parla anche il sottosegretario Graziano Delrio che annuncia: "La riforma fiscale arriverà tra maggio è giugno".
NAPOLITANO: SERVONO ULTERIORI CHIARIMENTI - Subito dopo l'approvazione del decreto, un secondo avvertimento all'esecutivo arriva da uno scranno ancora piu' alto. Il Quirinale fa sapere che in mattinata Giorgio Napolitano ha ricevuto nel suo studio il ministro Padoan, l'uomo dei numeri e della renzinomics. Nulla di ufficiale, ma poco dopo filtra un distillato in poche righe sui contenuti dell'incontro. Questo: l'udienza di oggi e' servita per ottenere ulteriori chiarimenti ed avere uno scambio di opinioni sul decreto Irpef sottoposto alla firma del Capo dello Stato.
Ad azzardare un'intepretazione, verrebbe da dire che l'incontro non e' filato avanti liscio liscio, e che Napolitano qualche dubbio sui numeri lo ha avuto e forse lo ha ancora. La cosa non e' di secondaria importanza.
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Il testo ora approda in Senato, dove i numeri dell'esecutivo sono più risicati. E' qui che la battaglia si farà più dura visto che restano i malumori nella maggioranza che sostiene Renzi. I nodi sono sempre i contratti a termine (la riduzione delle proroghe passano da 8 a 5 in 36 mesi) e l'obbligo per le imprese con oltre 30 dipendenti di assumere il 20% degli apprendisti. Su questi due punti il Nuovo Centro Destra chiede ritocchi, senza però condizionare la struttura del decreto.
Del resto mercoledì è stato lo stesso leader di Ncd, Angelino Alfano, a rassicurare Renzi: "Il governo non rischia nemmeno a Palazzo Madama". Linea ribadita giovedì mattina anche dal ministro della Salute Beatrice Lorenzin: "L'esecutivo non cadrà sul dl Lavoro".
La prossima settimana il decreto passerà dunque alla Commissione Lavoro del Senato dove i 5 Stelle minacciano "un Vietnam" insieme alla Lega. Il premier però tira dritto e lancia su Twitter i suoi prossimi obiettivi: la riforma della pubblica amministrazione, con allo studio la possibilità di far valutare dai dipendenti l'efficienza dei dirigenti pubblici. Resta da risolvere anche la questione degli esodati, tema che mercoledì è stato al centro di un incontro tra il presidente della Camera Laura Boldini e il ministro del Lavoro Giuliano Poletti.
Sul capitolo riforme piomba anche l'assist tra Forza Italia e la sinistra del Pd, con gli azzurri che sembrano pronti a sostenere il "controtesto" di Vannino Chiti che chiede un Senato elettivo. Un'idea che piace anche ai 5 Stelle. Tra le polemiche intanto spunta anche un possibile "modello francese" per Palazzo Madama: un ibrido che prevede una quota senatori eletti nelle Regioni.
Parla anche il sottosegretario Graziano Delrio che annuncia: "La riforma fiscale arriverà tra maggio è giugno".
NAPOLITANO: SERVONO ULTERIORI CHIARIMENTI - Subito dopo l'approvazione del decreto, un secondo avvertimento all'esecutivo arriva da uno scranno ancora piu' alto. Il Quirinale fa sapere che in mattinata Giorgio Napolitano ha ricevuto nel suo studio il ministro Padoan, l'uomo dei numeri e della renzinomics. Nulla di ufficiale, ma poco dopo filtra un distillato in poche righe sui contenuti dell'incontro. Questo: l'udienza di oggi e' servita per ottenere ulteriori chiarimenti ed avere uno scambio di opinioni sul decreto Irpef sottoposto alla firma del Capo dello Stato.
Ad azzardare un'intepretazione, verrebbe da dire che l'incontro non e' filato avanti liscio liscio, e che Napolitano qualche dubbio sui numeri lo ha avuto e forse lo ha ancora. La cosa non e' di secondaria importanza.